Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5117 del 19/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 5117 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CARBONE DAVIDE N. IL 11/06/1987
avverso la sentenza n. 11952/2012 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
08/03/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. VINCENZO PEZZELLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. IF-gect ine2,5Q0
che ha concluso per _te Q6;
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Udito, r la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 19/12/2013

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’Appello di Napoli, con la sentenza n. 1431 dell’8.3.2013 dep. il
21.3.2013, confermava la sentenza di condanna del G.U.P. del Tribunale di Noia, emessa in data 17.7.2012, all’esito di giudizio abbreviato, nei confronti di
CARBONE DAVIDE, con condanna alle ulteriori spese processuali.
Il Giudice di prime cure aveva condannato l’odierno imputato, per il reato di

ritenuta l’ipotesi di cui al V co. dell’art.73 DPR 309/90 equivalente alla contestata
recidiva specifca ed infraquinquennale, alla pena di anni due e mesi due di reclusione ed euro 5.000,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali, con
revoca della pena sospesa, ordinando confisca e distruzione della sostanza stupefacente e restituzione del denaro.

2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione nei termini di legge CARBONE DAVIDE, con l’ausilio del proprio difensore, deducendo i
motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione,
come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., c.p.p.:
– erronea applicazione della legge penale e manifesta contraddittorietà ed illogicità della motivazione.
Il ricorrente deduce che la Corte di Appello ha ritenuto l’imputato responsabile in concorso della detenzione di tutta la sostanza rinvenuta, in assenza di
prova del dolo di concerto e anche della semplice conoscenza della presenza delle altre dosi. La Corte ha ritenuto responsabile l’imputato, non solo dei 22 involucri trovati nell’auto, ma anche dei 65 rinvenuti indosso alla Sambuco.
Lamenta, ancora, l’errata valutazione della dichiarazione della Sambuco, circa la destinazione delle ulteriori 65 dosi, trovate indosso alla stessa, per un droga party.
In ultimo, deduce la mancanza di motivazione in merito alla carenza di veridicità delle dichiarazioni relative al danaro utilizzato per comprare la sostanza e
al danaro rinvenuto all’atto del sequestro, nonché l’erroneità del criterio utilizzato
per configurare il reato di spaccio, sulla base del confezionamento della sostanza
in dosi.
Chiede pertanto l’annullamento della sentenza impugnata, con tutte le conseguenze di legge, mandando assolto l’imputato perché il fatto non sussiste ovvero l’imputato non lo ha commesso ovvero perché manca, è insufficiente o
contraddittoria la prova che lo stesso abbia commesso il fatto, così come contestato. In subordine, chiede dichiarare errata la determinazione della pena, considerare prevalente l’attenuante di cui al V co.DPR 309/90 sulla applicazione della

2-

detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente del tipo cocaina e hashish,

recidiva contestata e concedere le attenuanti generiche di cui all’art.62 bis c.p.
contenendo la stessa pena nel minimo edittale possibile.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il p

o or

Il ricorso è manifestamente inammissibile, in quanto

il ricorrente, non senza evocare in larga misura censure in fatto non proponibili

dp

in questa sede, si è nella sostanza limitato a riprodurre le stesse questioni già
devolute in appello e da quei giudici puntualmente esaminate e disattese con

sottoposto ad autonoma e argomentata confutazione.
E’ ormai pacifica acquisizione della giurisprudenza di questa Suprema Corte
come debba essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato su
motivi che riproducono le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal
giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza
di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione
tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a
norma dell’art. 591 comma 1, lett. c) cod. proc. pen., alla inammissibilità della
impugnazione (in tal senso Sez. 2, n. 29108 de/ 15.7.2011; conf. Sez. 1,
30.9.2004, Burzotta; Sez. 6, 8.10.2002, Notaristefano; Sez. 4, 29.3.2000, Barone; Sez. 4, 18.9.1997, Ahmetovic).

2. Va evidenziato, peraltro, che per giurisprudenza pacifica di questa Corte,
in caso di doppia conforme affermazione di responsabilità, deve essere ritenuta
pienamente ammissibile la motivazione della sentenza d’appello

tionem

per rela-

a quella della sentenza di primo grado, sempre che le censure for-

mulate contro la decisione impugnata non contengano elementi ed argomenti

motivazione del tutto coerente e adeguata che il ricorrente non ha in alcun modo

diversi da quelli già esaminati e disattesi.
Il giudice di secondo grado, infatti, nell’effettuare il controllo in ordine alla
fondatezza degli elementi su cui si regge la sentenza impugnata, non è chiamato ad un puntuale riesame di quelle questioni riportate nei motivi di gravame,
sulle quali si sia già soffermato il prima giudice, con argomentazioni che vengano
ritenute esatte e prive di vizi logici, non specificamente e criticamente censurate.
In una simile evenienza, infatti, le motivazioni della pronuncia di primo
grado e di quella di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un
risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento
per giudicare della congruità della motivazione, tanto più ove i giudici dell’appel-

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if

lo abbiano esaminato le censure con criteri omogenei a quelli usati dal giudice di
primo grado e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione, di guisa che le motivazioni delle sentenze
dei due gradi di merito costituiscano una sola entità (confronta l’univoca giurisprudenza di legittimità di questa Corte: per tutte Sez. 2 n. 34891 del
16.05.2013, Vecchia, rv. 256096; conf. sez. III, n. 13926 del 1.12.2011, dep.
12.4. 2012, Valerio, rv. 252615: sez. II, n. 1309 del 22.11.1993, dep. 4.2.
1994, Albergamo ed altri, rv. 197250).

nuto, inoltre, a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e
a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo
invece sufficiente che, anche attraverso una loro valutazione globale, spieghi, in
modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver
tenuto presente ogni fatto decisivo. Ne consegue che in tal caso debbono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata
(cfr. sez. 6, n. 49970 del 19.10.2012, Muià ed altri rv.254107).
La motivazione della sentenza di appello è del tutto congrua, in altri termini,
se il giudice d’appello abbia confutato gli argomenti che costituiscono rossatura”
dello schema difensivo dell’imputato, e non una per una tutte le deduzioni difensive della parte, ben potendo, in tale opera, richiamare alcuni passaggi dell’iter
argomentativo della decisione di primo grado, quando appaia evidente che tali
motivazioni corrispondano anche alla propria soluzione alle questioni prospettate
dalla parte (così si era espressa sul punto sez. 6, n. 1307 del 26.9.2002, dep.
14.1.2003, Delvai, rv. 223061).
E’ stato anche sottolineato di recente da questa Corte che in tema di ricorso
in cassazione ai sensi dell’art. 606, comma primo lett. e), la denunzia di minime
incongruenze argomentative o l’omessa esposizione di elementi di valutazione,
che il ricorrente ritenga tali da determinare una diversa decisione, ma che non

Nella motivazione della sentenza il giudice del gravame di merito non è te-

siano inequivocabilmente munite di un chiaro carattere di decisività, non possono
dar luogo all’annullamento della sentenza, posto che non costituisce vizio della
motivazione qualunque omissione valutativa che riguardi singoli dati estrapolati
dal contesto, ma è solo l’esame del complesso probatorio entro il quale ogni
elemento sia contestualizzato che consente di verificare la consistenza e la decisività degli elementi medesimi oppure la loro ininfluenza ai fini della compattezza
logica dell’impianto argomentativo della motivazione (sez. 2, n. 9242
dell’8.2.2013, Reggio, rv. 254988).

3. Peraltro, nel caso in esame, la Corte di Appello di Napoli non si è limitata
a richiamare, aderendovi, le argomentazioni su cui il giudice di prime cure aveva
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fondato la condanna (cfr. pag. 2 del provvedimento impugnato), ma ha motivato
su tutti gli aspetti nuovi o contraddittori oggetto di gravame. Ha così dato conto
dell’operazione posta in essere il 31/10/2011 da personale della Polstato di San
Giuseppe Vesuviano che portò al controllo del Carbone della Sambuco che erano
all’interno di un’autovettura e venivano avvicinati da un giovane a bordo di un
motociclo, privo di targa, che cedeva loro del denaro ricevendone in cambio un
involucro piccolo e biancastro che gli agenti vedevano distintamente.
Viene dato atto della fuga del giovane sul ciclomotore e del sequestro nel
caina a loro volta chiusi in un contenitore di plastica e di 65 involucri di cellopha-

ne, a loro volta inseriti in un contenitore di plastica, contenenti anch’essi cocaina
che aveva addosso la Sambuco (che avrebbe poi definito la sua posizione processuale con una sentenza di applicazione della pena ex artt. 444 e ss. c.p.p.).
In una motivazione ampia, logica e coerente in ogni suo punto, i giudici del
gravame hanno poi dato conto della inverosimiglianze della tesi sostenuta del
possesso della droga in quanto necessaria per un non meglio precisato droga

party che si stava organizzando, a fronte dell’attività evidente di spaccio caduta
sotto la percezione visiva degli operanti, dell’impossibilità di ricondurre l’accaduto ad un’ipotesi di uso di gruppo e di come la circostanza che la droga rinvenuta
nel cruscotto dell’auto e quella detenuta dalla Sambuco nelle medesime circostanze di tempo di luogo rendessero evidente che la cocaina rinvenuta nell’auto
e quella addosso alla donna fossero parte di un’identica partita, che il Sambuco e
la Carbone evidentemente stavano spacciando insieme.
vo9».
La quantità di droga, suddivisione busti4, la presenza di altra droga di tipo
diverso a casa, dove venivano rinvenute dalla Polstato due stecche di hashish,
consentivano di escludere l’uso esclusivamente personale.
I giudici dei gravami motivano in maniera logica e coerente anche in ordine
all’applicazione da parte del giudice di prime cure del quinto comma dell’articolo
73 d.p.r. 309 90, al diniego delle circostanze attenuanti generiche e all’operato
giudizio di equivalenza dell’ipotesi attenuata rispetto alla recidiva.
La Corte napoletana ha anche evidenziato come la pena inflitta sia errata,
atteso che, proprio in ragione dell’operato giudizio di equivalenza, il giudice di
prime cure sarebbe dovuto partire nella determinazione della pena da quella minima prevista dal primo comma dell’articolo 73 Dpr. 309/90 (anni sei di reclusione per euro 26.000 di multa), mentre é partito una pena base più bassa e
pertanto illegale (anni tre e mesi tre di reclusione ed euro 7500 di multa). Tuttavia, non essendovi stato appello del P.G. o del PM, la Corte di secondo grado non
poteva riformare in peius la pena inflitta, sebbene illegale.

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vano porta oggetti dell’auto di 22 involucri di cellophane risultanti contenere co-

4. Il ricorso, pertanto, è inammissibile e, a norma dell’art. 616 c.p.p, non
ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità
(Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

mende
Così deciso in Roma il 19 dicembre 2013
Il Presidente

spese processuali e della somma di C 1000,00 in favore della Cassa delle Am-

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