Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 51167 del 27/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 51167 Anno 2015
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LANARO FABRIZIO N. IL 29/03/1963
avverso la sentenza n. 13034/2007 GIP TRIBUNALE di TORINO, del
30/03/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO;
lette/sentfte le conclusioni del PG Dott. a
.

Udit

ensor Avv.;

An.

Data Udienza: 27/11/2015

Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 30/03/2015 il G.i.p. del Tribunale di Torino ha applicato, ai
sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., a Fabrizio Lanaro la pena concordata in
relazione ai delitti di bancarotta fraudolenta per distrazione e patrimoniale, a lui
contestati nella qualità di amministratore della I Quattro s.r.I., dichiarata fallita
in data 14/02/2003.
2. Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso per cassazione, affidato
ad un unico motivo, con il quale si lamenta violazione degli artt. 129 cod. proc.

Rileva il ricorrente che, alla data della richiesta di rinvio a giudizio, emessa il
23/12/2014 e depositata presso il Tribunale in data 12/01/2015, il reato ritenuto
in sentenza si era già prescritto, in quanto il precedente 14/02/2014, era spirato
il termine decennale, concretamente applicabile, alla stregua della disciplina
previgente all’entrata in vigore della I. n. 251 del 2005.
Sul fondamento di tale premessa, si chiede che il ricorso venga rimesso alle
Sezioni Unite per la risoluzione del contrasto giurisprudenziale sulla
configurabilità, nella presentazione della richiesta di applicazione della pena o
nella prestazione del consenso rispetto a quella proposta dal P.M., di una
rinuncia irrevocabile alla prescrizione.

Considerato in diritto
1. Il ricorso è inammissibile, per manifesta infondatezza.
Il ricorrente muove dalla premessa della applicabilità, in quanto più favorevole,
della disciplina della prescrizione in vigore prima delle modifiche apportate dalla
I. n. 251 del 2005, sostanzialmente ritenendo che la prevalenza delle circostanze
generiche dovrebbe condurre, in forza dell’art. 157, comma 3, cod. pen., nel
testo previgente, ad individuare come termine di prescrizione quello decennale di
cui all’art. 157, comma primo, n. 3, cod. pen.
Siffatta ricostruzione del quadro normativo, non considera, tuttavia, che il
giudice richiesto di definizione del procedimento mediante sentenza di
patteggiamento, dopo avere escluso, sulla base degli atti, che debba essere
pronunciato proscioglimento a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. in relazione
alla fattispecie sottoposta al suo esame, non può, nella fase in cui valuta, nelle
sue componenti, l’accordo raggiunto tra le parti per l’applicazione della pena,
essere restituito nell’esercizio di un potere che ha già consumato. E invero, una
volta superato il preliminare momento della verifica circa l’insussistenza delle
cause di non punibilità indicate dal citato art. 129, il procedimento di
applicazione della pena, come disciplinato dall’art. 444 cod. proc. pen., non
ammette che due epiloghi soltanto: l’accoglimento ovvero il rigetto dell’accordo
intervenuto. Ne consegue che, nel procedimento speciale di applicazione della
1

pen., 157 cod. pen. e 10 I. n. 251 del 2005.

pena a richiesta delle parti, l’indicazione nel patto di circostanze attenuanti vale
solo per la determinazione della pena da infliggere in concreto, non già per farne
conseguire anche la dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione, a
seguito dell’abbreviazione del relativo termine dovuta alla modificazione della
pena edittale, non essendo consentita l’utilizzazione dell’accordo medesimo per
finalità incompatibili con il suo contenuto e con gli scopi alla cui realizzazione era
preordinato (Sez. U, n. 18 del 21/06/2000, Franzo, Rv. 216431, cui adde anche
Sez. 4, n. 13710 del 28/01/2003, Fadda, Rv. 226433).

decorso del termine di quindici anni.
Ma anche volendo considerare il termine più favorevole di dodici anni e sei mesi,
previsto dalla disciplina attuale, i reati non si erano ancora estinti, alla data
dell’intervenuto patteggiamento (30/03/2015), tenuto conto che la sentenza
dichiarativa di fallimento reca la data del 14/02/2003.
2. Alla pronuncia di inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al
versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione
delle questioni dedotte, appare equo determinare in euro 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma il 27/11/2015
Il Componente estensore

Il Presidente

Ne discende, secondo la disciplina previgente, i reati si sarebbero prescritti con il

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