Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 51153 del 27/10/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 51153 Anno 2015
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MANFELLOTTO RAFFAELE N. IL 14/07/1981
avverso il decreto n. 79/2014 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
01/07/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI
DEMARCHI ALBENGO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Udit i difensor Av

Data Udienza: 27/10/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Manfellotto Raffaele propone ricorso per cassazione contro il decreto
della Corte d’appello di Napoli che, confermando il decreto emesso
dal locale tribunale, ha ritenuto la persistenza della pericolosità
sociale del prevenuto dopo la sua scarcerazione avvenuta il 18
dicembre 2013.

dell’articolo 12 della legge 31 maggio 1965, numero 575, nonché
travisamento dei dati probatori documentali ed assenza di
motivazione e/o motivazione apparente.
3. Il procuratore generale presso questa suprema Corte, dottor Gaeta,
ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile. Non vi è dubbio che, ai fini
dell’applicazione della misura di prevenzione personale, il giudice debba
valutare, d’ufficio, la persistenza della pericolosità sociale nel momento
dell’esecuzione della misura. Tuttavia, tale meccanismo di verifica non va
ad incidere sull’originario accertamento della pericolosità sociale, né sui
materiali che erano stati prospettati a fondamento di esso; la verifica si
limita a stabilire se il periodo di carcerazione abbia in qualche modo
eliminato o diminuito la pericolosità sociale che ha sorretto l’applicazione
della misura di prevenzione.
2. Sotto tale profilo il decreto della Corte d’appello di Napoli non
merita alcuna censura, avendo valorizzato adeguatamente la serie di
elementi che hanno portato gli organi giurisdizionali ad affermare che la
pericolosità sociale del Manfellotto non è affatto venuta meno. Il ricorso
manifesta la sua inammissibilità laddove, a fronte di una motivazione
adeguata, propone prospettazioni di carattere generale, anche mediante
generico richiamo a pronunce di giurisprudenza, limitandosi a contestare
valutazioni di merito fondate su precise emergenze probatorie (in
particolar modo in ordine alla asserita dissociazione del proposto). Né si
comprende come possa dirsi meramente apparente od inesistente una
motivazione che coglie in modo preciso l’oggetto dell’accertamento

1

2. A sostegno del ricorso deduce inosservanza ed erronea applicazione

demandato alla Corte e che svolge in proposito puntuali, pertinenti e
documentate affermazioni.
3. Consegue a quanto esposto che il ricorso deve essere dichiarato
inammissibile; alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge
(art. 616 c.p.p.), la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali nonché (trattandosi di causa di inammissibilità
determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso: cfr. Sez. 2, n.
35443 del 06/07/2007 – dep. 24/09/2007, Ferraloro, Rv. 237957) al

si ritiene equo e congruo determinare in Euro 1.000,00.

p.q.m.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 a
favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 27/10/2015

versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che

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