Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 51132 del 08/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 51132 Anno 2015
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: PEZZULLO ROSA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FRICANO GIUSEPPE N. IL 06/06/1967
avverso l’ordinanza n. 133/2015 TRIB. LIBERTA’ di PALERMO, del
20/02/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROSA PEZZULLO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 08/05/2015

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, dr.
Gabriele Mazzotta, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore del ricorrente, avvocato Giovanni Rizzuti, che ha concluso per
raccoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 19.12.2014 la Prima Sezione Penale di questa Corte
annullava con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Palermo l’ordinanza
emessa in data 17/7/2014 dal medesimo Tribunale, ai sensi dell’art. 309 c.p.p.-

indagini preliminari del 16 giugno 2014 applicativa a Fricano Giuseppe della
custodia cautelare in carcere in relazione ai reati:
– capo 56- di cui all’art. 416 bis c.p., commi 2, 3, 4, 5 e 6, commesso dal
novembre 2011 sino all’attualità, per avere diretto e organizzato – unitamente a
D’Alessandro Giuseppe, Diele Sandro, Terracchio Onofrio, Battaglia Giuseppe l’associazione di tipo mafioso “Cosa Nostra” e specificamente la famiglia mafiosa
di Resuttana, attivandosi nella gestione “politica” ed economica del
mandamento, provvedendo ad una nuova organizzazione di “Cosa Nostra”
all’interno del mandamento, distribuendo compiti tra gli associati, occupandosi
del fabbisogno economico della famiglia mediante la gestione di attività estorsive
e di agenzie di scommesse, nonché del pagamento degli stipendi degli affiliati e
del mantenimento delle famiglie dei sodali in carcere, relazionandosi con le altre
famiglie mafiose del mandamento di Resuttana e con gli organi direttivi del
mandamento di San Lorenzo, disponendo di armi da fuoco, di codici
convenzionali e di reti di comunicazione riservate;
– capi 92-93-95 – relativi a trasferimenti fraudolenti di valori aggravati in
concorso (di cui agli artt. 110 e 81 c.p., art. 12-quinquies d.l. 8.6.1992, n. 306,
convertito con 7.8.1992, n. 356 eart. 7d.I 13.5.1991, n. 152, convertito con I.
12.7.1991, n. 203) – per avere, al fine di eludere le disposizioni di legge in
materia di misure di prevenzione patrimoniali, nonché per agevolare la
commissione dei delitti di cui all’art. 648-ter c.p. intestato fittiziamente quote
sociali a vari soggetti, dovendo ritenersi in tutto od in parte il reale dominus di
tali società.
1.1. Con riguardo a tali ultimi reati, questa Corte rilevava che occorreva che
si desse dimostrazione – sia pure a livello di gravità indiziaria, attesa la fase
cautelare – da un lato, della fraudolenza delle operazioni di acquisizione di una
partecipazione, ovvero di intestazione delle attività del ricorrente a terzi meri
prestanomi, in concreto realizzate; dall’altro, che in ciascuno dei casi contestati il
ricorrente avesse agito con il dolo specifico di eludere le disposizioni di legge in
materia di prevenzione patrimoniale, dolo la cui dimostrazione non poteva

con la quale era stata confermata in sede di riesame l’ordinanza del Giudice delle

certamente ritenersi in re ipsa, non coincidendo affatto con quella della mera
oggettiva fittizietà della attribuzione della titolarità o della disponibilità di denaro,
beni o altre utilità.
1.2. In merito al reato associativo, questa Corte, poi, dopo aver dato atto che
gli indizi di colpevolezza a carico del Fricano si ricavavano dalle dichiarazioni del
collaborante Flamia e da alcune conversazioni oggetto di intercettazione e che
risultava attribuito all’indagato un ruolo apicale all’interno del sodalizio,
determinante una fattispecie autonoma di reato, rilevava, in sintesi, che la

significativo riconoscimento esterno, anche solo per elementi sintomatici,
difettava nella motivazione dei provvedimenti cautelari riguardanti il ricorrente;
gli elementi raccolti non apparivano, insomma, idonei a dimostrare, con la
richiesta – compatibilmente con la fase – univocità e precisione, l’esercizio di un
effettivo ruolo dirigenziale da parte di Fricano Giuseppe, ne’ un obiettivo
riconoscimento esterno, ad opera dei sodali e degli organi sovraordinati, dello
stesso; in ogni caso, si presentava inspiegata la circostanza che, a fronte di una
militanza risalente a soli pochi anni, il Fricano possa essere tanto rapidamente
assurto a ruolo assimilabile a quello di un capo di “Cosa Nostra”.
2.11 Tribunale di Palermo, con ordinanza in data

20.2.2015, in parziale

accoglimento della richiesta di riesame, annullava l’ordinanza emessa dal G.I.P.
il 16 giugno 2014, limitatamente ai capi 92), 93) e 95) dell’imputazione,
confermando nel resto l’impugnata ordinanza, ritenendo che, per quanto
concerne il delitto associativo ed il ruolo apicale dall’indagato rivestito nell’ambito
del sodalizio mafioso, significative si presentavano oltre alle dichiarazioni del
collaboratore Flamia e le numerose conversazioni intercettate, anche le
dichiarazioni del collaborante Galatolo Vito (circostanza sopravvenuta
all’ordinanza applicativa della misura del 16.6.2014), il quale ha riferito di un
ruolo di reggenza dell’indagato.
3. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il Fricano, a mezzo del suo
difensore di fiducia, affidato a tre motivi, con i quali lamenta:
-con il primo motivo, i vizi di cui all’art. 606, primo comma, lett b) ed e) c.p.p.,
in relazione agli artt. 273 c.p.p. e 416 bis comma 2 c.p., per avere il Tribunale
del riesame confermato nei confronti del ricorrente la sussistenza di un grave
quadro indiziario in ordine al reato associativo, con un apparato motivazionale
in contrasto con il dictum della sentenza di annullamento; invero, i Giudici del
riesame hanno del tutto omesso di colmare le carenze motivazionali che
caratterizzavano i precedenti provvedimenti cautelari, limitandosi a ritenere non
condivisibili soltanto talune delle argomentazioni poste dalla S.C. a sostegno
della propria sentenza, senza indicare sulla scorta di quali elementi e di quali

2

dimostrazione di un effettivo esercizio del ruolo apicale, così come di un suo

condotte fattualmente apprezzabili fosse desumibile che il Fricano avesse
effettivamente ricoperto il ruolo attribuitogli; con riferimento alla pretesa rapida
ascesa del ricorrente al ruolo di capo o promotore dell’associazione mafiosa, il
Tribunale si è limitato a criticare le argomentazioni della Suprema Corte,
omettendo di indicare sulla scorta di quali elementi, nel caso di specie, si
sarebbe fatto ricorso al reclutamento di un soggetto non qualificato, che avrebbe
avuto l’opportunità di “fare una carriera un tempo impossibile”; il Tribunale, in
particolare, non ha evidenziato un solo elemento dal quale desumere che, nel

condizione di criticità così grave da rendere necessario incaricare un quivis de
populo per la direzione del mandamento mafioso, limitandosi a riportare il
contenuto degli elementi incongruamente enfatizzati in seno all’ordinanza
annullata dalla Suprema Corte, senza tenere in considerazione che nel
provvedimento di annullamento siffatti elementi (propalazioni accusatorie del
collaboratore Flamia Sergio e conversazioni oggetto di captazione) erano stati
definiti inidonei a dimostrare, l’esercizio di un effettivo ruolo dirigenziale da parte
di Giuseppe Fricano, né un obiettivo riconoscimento esterno, ad opera dei sodali
e degli organi sovraordinati, dello stesso; in particolare, quanto alle propalazioni
rese da Flamia Sergio, il Supremo Collegio ha evidenziato che “di veste apicale,
di un riconosciuto ruolo direttivo del Fricano non sembra parlare in alcun modo il
Flamia, che anzi addirittura richiama l’intenzione di una sua presentazione
ufficiale, che dunque ancora non poteva ritenersi neppure avvenuta e non si sa
se poi, e quando, sia stata realizzata” e quanto al contenuto delle conversazioni
oggetto di captazione, ha rilevato che “lo svolgimento di un ruolo effettivamente
direttivo, e il suo riconoscimento esterno, neppure emergono quindi con la
necessaria chiarezza dalle conversazioni riportate…”; quanto all’ individuazione
di Fricano Giuseppe quale soggetto organico ed al vertice della famiglia di
Resuttana da parte del collaborante Galatolo Vito, le dichiarazioni del quale sono
sopravvenute all’ordinanza del giugno del 2014, il Tribunale ritiene,
preliminarmente, che non vi sia dubbio sull’attendibilità oggettiva e soggettiva
del predetto soggetto che andrebbe desunta dal ruolo apicale dallo stesso
rivestito in “cosa nostra”, ma tale valutazione in sé non rispetta i criteri dettati
dalla S.C. per la valutazione di attendibilità dei collaboranti, non essendo in
alcun modo consentito desumere l’attendibilità oggettiva e soggettiva di un
collaborante dal “ruolo apicale” dallo stesso rivestito, dalla di lui “genealogia
mafiosa” e dalla sua “datata carriera criminale”; in ogni caso le dichiarazioni del
Galatolo sono del tutto generiche, apprese de relato e per nulla indicative di un
concreto esercizio da parte del ricorrente di un ruolo dirigenziale in seno al
sodalizio criminoso, del tutto prive di riscontri individualizzanti dotati delle

3

periodo in considerazione, la famiglia mafiosa di Resuttana versasse in una

I.

caratteristiche richieste dal Supremo Collegio per assurgere a rango di gravi
indizi di colpevolezza; quanto alle ulteriori conversazioni valorizzate nel
provvedimento impugnato, non è possibile desumere da esse la sussistenza di
gravi indizi di colpevolezza in ordine alla condotta associativa nei confronti del
Fricano, non potendo condividersi l’assunto secondo il quale lo svolgimento in
concreto di un ruolo apicale in seno alla consorteria mafiosa può inferirsi dal
“tono e le espressioni” utilizzate “dall’uso del plurale maiestatis” dal dispiacere
“per la mancanza di rispetto dovutagli” dalla elargizione “di suggerimenti e

rispondono in alcun modo al paradigma del secondo comma dell’art. 416 bis c.p.
essendo tali elementi

del tutto privi di valenza dimostrativa in ordine

all’esercizio di un effettivo ruolo dirigenziale da parte dell’indagato, né
tantomeno di un obiettivo riconoscimento esterno da parte degli altri sodali;
emblematica della contraddittorietà che caratterizza la motivazione adottata dai
Giudici si presenta, poi, la conversazione intercorsa tra altri soggetti il 23
novembre 2012

dove

il soggetto indicato dagli interlocutori come- “il

meccanico” – individuato nel ricorrente viene apostrofato come “cosa inutile”,
“coso inutile” “sta cosa pe ghiettare na munnizza” “scimunito” ed altri epiteti ed
improperi che si pongono agli antipodi rispetto al riconoscimento esterno, da
parte di altri sodali, della pretesa ed indimostrata collocazione verticistica;
-con il secondo motivo, i vizi di cui agli all’art. 606, primo comma, lett. b) ed e)
c.p.p., in relazione agli artt. 273 c.p.p. e 416 bis c.p., per avere i Giudici del
riesame confermato nei confronti del ricorrente la sussistenza di un grave quadro
indiziario in ordine al reato di cui al capo 56, riproducendo gli argomenti posti dal
GIP a sostegno dell’originario titolo omettendo di valutare le censure difensive; il
compendio indiziario posto a carico del ricorrente, costituito dalla propalazioni
accusatorie rese da Flamia Sergio e dal Galatolo Vito, nonché dal contenuto di
talune conversazioni captate nel corso delle indagini preliminari, non risulta
analizzato alla luce dei principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità ed in
particolare quanto alle dichiarazioni dei collaboranti mancano i riscontri
individualizzanti, mentre quanto alle conversazioni oggetto di captazione le
stesse non giustificano la valutazione espressa dal Tribunale trattandosi di
conversazioni poco chiare, suscettibili di diverse interpretazioni; quanto, in
particolare, agli elementi che devono caratterizzare la condotta di partecipazione
al sodalizio mafioso, il Supremo Collegio non ha mancato dì rilevare che: “in
tema di associazione di tipo mafioso, la condotta di partecipazione è riferibile a
colui che si trovi in rapporto dì stabile e organica compenetrazione con il tessuto
organizzativo del sodalizio, tale da implicare, più che uno status di appartenenza,
un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l’interessato “prende
4

consigli” ovvero da qualsivoglia ulteriore elemento che, come i precedenti, non

.*

parte” al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell’ente per il
perseguimento dei comuni fini criminosi”(Cass. Pen., Sez. I, 11 dicembre 2007,
n. 1470) ed ancora che “la condotta di partecipazione consiste nel contributo,
apprezzabile e concreto sul piano causale, all’esistenza ed al rafforzamento
dell’associazione e quindi alla realizzazione dell’offesa degli interessi tutelati dalla
norma incriminatrice, qualunque sia il ruolo o il compito che il partecipe svolga
nell’ambito dell’associazione” (Cass. Pen., Sez. VI, 31 gennaio 1996, n.7627); a
dispetto di quanto ritenuto in seno al provvedimento custodiale, gli elementi

partecipazione del Fricano al sodalizio mafioso; più in particolare si era rilevato,
come dagli atti di causa non potesse in alcun modo evincersi che l’odierno
indagato avesse, sia pure nei termini voluti dal’art. 273 c.p.p., in qualche
maniera diretto la famiglia mafiosa di Resuttana “attivandosi” nei termini
riportati in rubrica;
-con il terzo motivo, i vizi di cui all’art. 606, primo comma, lett b) ed e) c.p.p., in
relazione agli artt. 416 bis, commi 4 e 6 c.p., per la sussistenza di un grave
quadro indiziario; invero, da nessun passaggio dell’originario titolo custodiale e
del pari dell’ordinanza oggetto del presente atto di gravame, risulta spiegata,
quanto meno in modo logico e convincente, la ragione della possibilità di ritenere
sussistenti i gravi indizi di colpevolezza in ordine alle aggravanti di cui ai commi
4 e 6 dell’art. 416 bis c.p. contestate all’indagato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non merita accoglimento.
1.Va premesso in linea generale che la preliminare doglianza evincibile dal
ricorso, relativa alla mancata ottemperanza del Tribunale del riesame, in sede di
rinvio, al dictum di questa Corte di cui alla sentenza di annullamento è destituita
di fondamento.
1.1.A seguito di annullamento per vizio di motivazione, il giudice del rinvio,
anche in sede cautelare, è chiamato a compiere un nuovo completo esame del
materiale indiziario, fermo restando che egli non può ripetere il percorso logico
censurato dal giudice rescindente e deve fornire adeguata motivazione sui punti
della decisione sottoposti al suo esame (arg. ex Sez.
5, n. 42814 del 19/06/2014, Rv. 261760; Sez. 2, n. 47060 del 25/09/2013,
Rv. 257490). E’ stato anche precisato che la Corte di Cassazione, risolve una
questione di diritto pure quando giudica sull’adempimento dell’obbligo di
motivazione, con la conseguenza che il giudice di rinvio è tenuto a giustificare il
proprio convincimento secondo lo schema, esplicitamente o implicitamente
enunciato nella sentenza di annullamento, restando in tal modo vincolato, tra
l’altro, a una determinata valutazione delle risultanze processuali, ovvero al

valorizzati dal GIP non risultano affatto indicativi di una condotta di

compimento di una determinata indagine, in precedenza omessa, di
determinante rilevanza ai fini della decisione, o ancora all’esame, non effettuato,
di specifiche istanze difensive incidenti sul giudizio conclusivo, con l’unico limite
di non ripetere i vizi della motivazione rilevati nella sentenza annullata (cfr.
Sez. 5, n. 7567 del 24/09/2012; Sez. 1, n. 7963 del 15/01/2007 ; Sez. 1,
7.5.1998 – 13.6.1998, n. 2591, Sez. 4, 14.10.2003, n. 43720, rv. 226418;
Cass., 18.1.1998, Munari, rv. 213118; Cass., 11.11.1998, Graviano, 213072;
Sez. 6, 29.3.2000, n. 552, Grisorio).

non sia incorso nei medesimi dedottì vizi motivazionali, già oggetto di censura da
parte di questa Corte con la sentenza di annullamento, tenuto conto altresì dei
principi, secondo cui l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273
cod. proc. pen. e delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 stesso codice è
rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme
di legge od in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal
testo del provvedimento impugnato (Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014),
restando estranea la verifica della sufficienza e della razionalità
della motivazione sulle questioni di fatto. (Sez.. F, n. 38037 del 28/08/2014
Rv. 261188).
2. In merito ai gravi indizi di colpevolezza a carico del Fricano per il delitto di
cui all’art. 416 bis, comma secondo, c.p., per aver diretto la famiglia mafiosa di
Resuttana, questa Corte, nella sentenza di annullamento, rilevava elementi di
criticità essenzialmente nel fatto che dal compendio indiziario- costituito in
sostanza dalle dichiarazioni del collaborante Flamia e dalle conversazioni
oggetto di captazione- non emergeva l’esercizio di un effettivo ruolo dirigenziale
da parte dell’indagato con il riconoscimento di esso, nonché nel fatto che fosse
logicamente inspiegabile un’ascesa del ricorrente avvenuta in pochi anni, in
relazione alle caratteristiche strutturali storicamente assodate del sodalizio
mafioso “Cosa Nostra”. A tali rilievi il Tribunale ha fornito innanzitutto con
l’ordinanza impugnata non illogica risposta, ricostruendo le dinamiche di “cosa
nostra” e l’evoluzione subita dal fenomeno negli ultimi anni, in dipendenza degli
arresti che si sono susseguiti che hanno decimato la popolazione mafiosa ed
evidenziando le ragioni per le quali l’archetipo storico di tale consorteria risulti
inattuale; in particolare, la necessità per assurgere a ruolo dirigenziale di un
precedente e verificato percorso da associato, era condizione vera in passato,
ma non più attuale, discendendo la non indispensabilità di tale cursus honorunn
dall’azione di contrasto dello Stato e dalla mutazione della consorteria stessa,
con il superamento di talune delle regole, soprattutto svelate dal Buscetta, che
oggi, anche per mancanza di materiale umano in libertà, non sono più attuali.
6

1.2.Tanto precisato, deve rilevarsi come il Tribunale nell’ordinanza impugnata

2.1. Inserito in tale contesto la figura del Fricano, il Tribunale ha evidenziato
che il ruolo di vertice dello stesso emerge, oltre che dal materiale indiziario posto
a fondamento dell’ordinanza applicativa della misura, anche dalle dichiarazioni
rese dal collaborante Galatolo Vito, sopravvenute all’ordinanza del giugno del
2014, che hanno consentito di ribadire il ruolo direttivo del Fricano nella
consorteria mafiosa di appartenenza.
2.1.1.Giova precisare in proposito che in tema di riesame dei
provvedimenti cautelari, il pubblico ministero può legittimamente produrre nuovi

dalla Corte di Cassazione poiché il principio della completa devoluzione del
“thema decidendum”, cui è informato il rimedio del riesame, non consente di
vincolare la nuova decisione sulla base degli atti preesistenti, potendo tale
facoltà essere esercitata sia con riferimento ad atti successivi alla prima
decisione che ad atti che in quella sede non erano stati prodotti ampliando così le
“discovery” nel corso del giudizio di rinvio. Invero, la possibilità di introduzione
nel giudizio cautelare di elementi di prova ulteriori, rispetto a quelli presentati al
GIP a sostegno dell’originaria richiesta cautelare, trova applicazione specifica
anche nel giudizio di rinvio, posto che il giudice del rinvio “decide con gli stessi
poteri che aveva il giudice il cui provvedimento è stato annullato” ex art. 627,
comma 2 c.p. (arg. ex Sez. 6, n. 51684 del 28/11/2014).
2.2.Quanto alle dichiarazioni del collaborante Galatolo Vito, esse si presentano
chiare nell’attribuire al Fricano il ruolo di reggente del mandamento di Resuttana
in sua assenza. Il Galatolo, invero, sentito più volte nel novembre 2014 e nel
gennaio 2015, in sintesi, ha riferito che verso il 2011 il Fricano, persona a lui
non gradita, in quanto riparava le auto della polizia e, comunque, non all’altezza
del compito divenne uomo d’onore, per volere dei capi mandamento Biondino,
Chiovaro e D’Ambrogio, oltre che del Caporrimo; in particolare, egli apprendeva,
una volta scarcerato, che “la reggenza c’è l’ha lui, l’hanno fatto uomo d’onore”
(il Fricano), come poi confermatogli anche dai capi mandamento, Biondino e
Chiovaro; il Fricano è stato reggente sino a quando, nel dicembre 2012,
assunse il dichiarante tale ruolo, continuando, tuttavia, ad operare in quanto
era a conoscenza di tutte le dinamiche interne del mandamento; nel 2013 il
Fricano è stato ancora reggente “lo mettevano in mancanza mia, perché o si
uccideva oppure si metteva là”.
2.2.1 I! Tribunale ha ritenuto le dichiarazioni del Galatolo attendibili,

in

considerazione del ruolo apicale dallo stesso rivestito all’interno di “cosa nostra”,
con angolazione conoscitiva privilegiata, specie per il mandamento di Resuttana,
ma, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, non ha esaurito
nell’individuazione di tale ruolo apicale la val i n b
i lità della

uta0
4

°. *11°
7

elementi nel corso del giudizio di rinvio conseguente all’annullamento disposto

.•

chiamata in correità del colloborante, avendo individuato nel contenuto delle
conversazioni oggetto di captazione il riscontro esterno, individualizzante, alle
dichiarazioni del collaborante stesso. Da tali captazioni, invero, emerge la
posizione dirigenziale ed il ruolo apicale in concreto esercitati dal Fricano,
dimostrando come lo stesso si è fatto carico di una nuova riorganizzazione di
cosa nostra, di distribuire i compiti tra gli associati, di occuparsi del fabbisogno
economico dalla famiglia mafiosa di Resuttana, del mantenimento in carcere
delle famiglie degli affiliati detenuti e del pagamento dei relativi “stipendi”, di

gli organi direttivi del mandamento di San Lorenzo, di coordinare la gestione
della raccolta delle estorsioni nel territorio di competenza, di disporre di armi da
fuoco, usare codici convenzionali per le comunicazione riservate, di predisporre
incontri e riunioni tra gli affiliati. Il Tribunale in proposito ha richiamato tutte le
conversazioni e l’attività di RG. che comproverebbero tali attività.
Completano il quadro indiziario nei confronti del Fricano le dichiarazioni del
Flamia, in merito al ritorno di Vito Galatolo ed alla presentazione ufficiale sua
e del Fricano, che era “uomo suo”.
2.3. Sulla base di tutti gli elementi indicati non si rilevano vizi nel percorso
logico che ha condotto il Tribunale a ritenere sussistente un grave quadro
indiziario a carico del Fricano circa il ruolo apicale dallo stesso assunto
nell’ambito della consorteria mafiosa “cosa nostra” dal 2011, avendo i giudici
fatto peraltro corretta applicazione dei principi, secondo cui la dichiarazione resa
da un collaborante di giustizia, se precisa e circostanziata, ben può costituire
fonte di convincimento, qualora la stessa abbia trovato riscontro in elementi
esterni che siano tali da renderne verosimile il contenuto. Il riscontro idoneo a
confermare l’ attendibilità del collaborante può essere costituito da qualsiasi
elemento o dato probatorio, sia rappresentativo che logico, a condizione che sia
indipendente e, quindi, anche da altre chiamate in correità, purché la conoscenza
del fatto da provare sia autonoma e non appresa dalla fonte che occorre
riscontrare, ed a condizione che abbia valenza individualizzante, dovendo cioè
riguardare non soltanto il fatto-reato, ma anche la riferibilità dello stesso
all’imputato, mentre non è richiesto che i riscontri abbiano lo spessore di una
prova “autosufficiente” perché, in caso contrario, la chiamata non avrebbe alcun
rilievo, in quanto la prova si fonderebbe su tali elementi esterni e non sulla
chiamata di correità. (Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014). In tema di prova dei
reati associativi, la conferma dell’ attendibilità di un’accusa mossa da un
collaboratore di giustizia può essere costituita dalla dichiarazione di un altro
collaboratore avente ad oggetto un fatto diverso, ma comunque indicativo della
partecipazione all’associazione, (Sez. 5, n. 21562 del 03/02/2015).
8

relazionarsi con le altre famiglie del mandamento di Resuttana e all’esterno con

.4

Le deduzioni del ricorrente, secondo cui la chiamata in correità del Galatolo
sarebbero de relato non colgono nel segno, posto che il collaborante ha chiarito
che dopo aver appreso da altri dell’affiliazione del Fricano, divenuto egli stesso
capo del mandamento di Resuttana ha conosciuto dei fatti che riguardavano il
suo mandamento.
L’infondatezza del primo motivo di ricorso assorbe la valutazione del secondo
motivo con il quale il Fricano ripropone le medesime questioni censurando la
gravità indiziaria sotto il versante della partecipazione al sodalizio del Fricano

3.Infondato si presenta altresì il terzo motivo di ricorso circa l’insussistenza
della gravità indiziaria in merito alle aggravanti di cui all’art. 416 bis c.p. commi
4 e 6 c.p.. In proposito si osserva che in tema di impugnazioni avverso misure
cautelari personali, vi è carenza di interesse, sia al riesame, sia al ricorso per
cassazione, quando con essi l’indagato tenda ad ottenere l’esclusione di una
circostanza aggravante, salvo che da tale esclusione derivi, per lui, una concreta
utilità. (Sez. 6, n. 50980 del 21/11/2013), utilità questa che non risulta in alcun
modo prospettata.
In ogni caso, la ricorrenza della gravità indiziaria in ordine all’aggravante di cui
all’associazione armata, si ricava dalle dichiarazioni del Galatolo, come riportate
nell’ordinanza impugnata, che appunto fanno riferimento alla disponibilità di armi
da parte del mandamento di Resuttana, custodite proprio dal Fricano.
4.11 ricorso, pertanto, va rigettato ed il ricorrente va condannato al pagamento
delle spese del procedimento.
p.q.m.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancellarla per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 ter disp.
att. c.p.p.
Così deciso il 8.5.2015

alla consorteria mafiosa “cosa nostra”.

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