Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5109 del 19/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 5109 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PETT1NELLI MARCO N. IL 12/06/1966
CINTI GIANFRANCO N. IL 07/04/1976
avverso la sentenza n. 5795/2009 CORTE APPELLO di ROMA, del
22/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. VINCENZO PEZZELLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. • I C, • co
che ha concluso per 2‘vytc~,-,7,2_4-34~ 9e~efo

Udito r la parte civile, l’Avv
dit i difensor Avv.

Data Udienza: 19/12/2013

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’Appello di Roma, con la sentenza n.719 del 22.1.2013 dep.
4.2.2013, confermava la sentenza di condanna del Gup del Tribunale di Roma,
emessa in data 1.7.2008, all’esito di giudizio abbreviato, nei confronti di Gianfranco Cinti e Marco Pettinelli, e in riforma della stessa sentenza assolveva San-

2. Avverso tale provvedimento ha proposto personalmente ricorso per Cassazione nei termini di legge Gianfranco Cinti, condannato ad anni sei di reclusione ed euro 20,000 di multa per otto ipotesi di reato di cui all’art. 110, 81 cpv, 73
co. I, IV e VI del Dpr 309/90, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti
strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma
1, disp. att., c.p.p.:
a. violazione dell’art. 606 comma 1 lett. e) c.p.p. lamentando come la Corte
d’Appello di Roma abbia rimandato, in punto di motivazione, alla sentenza di
primo grado omettendo di motivare sulla doglianza formulata in appello.
In particolare il ricorrente si duole che la Corte di Appello avrebbe omesso di
motivare sul fatto che sulla base delle telefonate intercettate l’imputato avrebbe
rivestito la posizione di acquirente.
b. violazione dell’art. 606 comma 1 lett. e) c.p.p. in relazione alla omessa
concessione delle attenuanti generiche.
Il ricorrente lamenta la mancanza di una valida motivazione in relazione alla
mancata concessione delle attenuanti generiche.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.

3. Avverso la stessa sentenza, ha proposto ricorso per Cassazione, anche
Marco Pettinelli, a mezzo del difensore, deducendo il seguente motivo:

dra Gelsomini per non aver commesso il fatto.

•. erronea applicazione della legge penale in relazione al D.P.R. 309/90 così
come modificato dalla L.49/2006 ed omessa/contraddittoria motivazione ai sensi
dell’art.606 lett. b) ed e) c.p.p.
Lamenta l’errata determinazione della pena, in quanto la Corte avrebbe confermato la sentenza di primo Grado che aveva determinato la stessa pena facendo riferimento alla vecchia normativa, mentre il Giudice di Appello avrebbe dovuto rideterminare la sanzione finale sulla base del nuovo minimo edittale previsto
dall’art.73 del D.P.R. 309/90.
Lamenta, ancora, l’avvenuta omissione, da parte dei Giudici di primo e di
secondo grado, di qualsiasi riferimento alla normativa applicata.

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i

Chiede pertanto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Entrambi i ricorsi proposti sono infondati e vanno pertanto rigettati.

2. Quanto alla doglianza secondo cui la Corte di Appello avrebbe recepito integralmente e acriticamente la motivazione dei giudici di prime cure va ricordato

fermazione di responsabilità, deve essere ritenuta pienamente ammissibile la
motivazione della sentenza d’appello

per relationem

a quella della

sentenza di primo grado, sempre che le censure formulate contro la decisione
impugnata non contengano elementi ed argomenti diversi da quelli già
esaminati e disattesi.
Il giudice di secondo grado, infatti, nell’effettuare il controllo in ordine alla
fondatezza degli elementi su cui si regge la sentenza impugnata, non è chiamato ad un puntuale riesame di quelle questioni riportate nei motivi di gravame,
sulle quali si sia già soffermato il prima giudice, con argomentazioni che vengano
ritenute esatte e prive di vizi logici, non specificamente e criticamente censurate.
In una simile evenienza, infatti, le motivazioni della pronuncia di primo
grado e di quella di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un
risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento
per giudicare della congruità della motivazione, tanto più ove i giudici dell’appello abbiano esaminato le censure con criteri omogenei a quelli usati dal giudice di
primo grado e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione, di guisa che le motivazioni delle sentenze
dei due gradi di merito costituiscano una sola entità (confronta l’univoca giurisprudenza di legittimità di questa Corte: per tutte Sez. 2 n. 34891 del

che per giurisprudenza pacifica di questa Corte, in caso di doppia conforme af-

16.05.2013, Vecchia, rv. 256096; conf. sez. III, n. 13926 del 1.12.2011, dep.
12.4. 2012, Valerlo, rv. 252615: sez. II, n. 1309 del 22.11.1993, dep. 4.2.
1994, Albergamo ed altri, rv. 197250).
Nella motivazione della sentenza il giudice del gravame di merito non è tenuto, inoltre, a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e
a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo
invece sufficiente che, anche attraverso una loro valutazione globale, spieghi, in
modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver
tenuto presente ogni fatto decisivo. Ne consegue che in tal caso debbono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espres-

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k

samente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata
(dr. sez. 6, n. 49970 del 19.10.2012, Muià ed altri rv.254107).
La motivazione della sentenza di appello è del tutto congrua, in altri termini,
se il giudice d’appello abbia confutato gli argomenti che costituiscono rossatura”
dello schema difensivo dell’imputato, e non una per una tutte le deduzioni difensive della parte, ben potendo, in tale opera, richiamare alcuni passaggi dell’iter
argomentativo della decisione di primo grado, quando appaia evidente che tali
motivazioni corrispondano anche alla propria soluzione alle questioni prospettate

14.1.2003, Delvai, rv. 223061).
E’ stato anche sottolineato di recente da questa Corte che in tema di ricorso
in cassazione ai sensi dell’art. 606, comma primo lett. e), la denunzia di minime
incongruenze argomentative o l’omessa esposizione di elementi di valutazione,
che il ricorrente ritenga tali da determinare una diversa decisione, ma che non
siano inequivocabilmente munite di un chiaro carattere di decisività, non possono
dar luogo all’annullamento della sentenza, posto che non costituisce vizio della
motivazione qualunque omissione valutativa che riguardi singoli dati estrapolati
dal contesto, ma è solo l’esame del complesso probatorio entro il quale ogni
elemento sia contestualizzato che consente di verificare la consistenza e la decisività degli elementi medesimi oppure la loro ininfluenza ai fini della compattezza
logica dell’impianto argomentativo della motivazione (sez. 2, n. 9242
dell’8.2.2013, Reggio, rv. 254988).
Peraltro, nel caso in esame la Corte di Appello di Roma non si è limitata ad
un richiamo implicito della sentenza di primo grado, ma ha evidenziato, quanto
alla posizione del Cinti, come l’episodio di cui al capo D) dell’imputazione abbia
proprio preso avvio dalla telefonata tra Cinti e Cappellacci, relativamente alla
consegna del televisore del costo di euro 200. Gli operanti avevano poi controllato i movimenti dei due e visto la Cappellacci portare all’interno del garage e della
propria abitazione una busta di carta che celava tra alcune cassette. La P.G.

dalla parte (così si era espressa sul punto sez. 6, n. 1307 del 26.9.2002, dep.

prendeva la busta, che conteneva, 200 grammi di eroina, mentre giungeva il
Cinti che andava a cercare qualcosa proprio nel punto in cui avrebbe dovuto esserci la droga. Non trovando niente, tornava all’auto, confabulava con altre persone andava e via.

e,

Dalle modalità di quest’episodioydal linguaggio utilizzato nella telefonata la
/
Corte d’appello, con una motivazione logica e coerente, ha tratto lo spunto interpretativo dei numerosi episodi di cessione di sostanza stupefacente contestati
all’imputato interpretando là dove si parlava dì euro e non di grammi, con riferimento alla sostanza da prelevare per poi essere ceduta ad altri .

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4

3.

Per quanto riguarda il secondo motivo di ricorso del Cinti, e cioè la man-

canza di una valida motivazione in ordine al diniego di concessione delle circostanze attenuanti generiche, anch’esso si palesa manifestamente infondato.
La Corte d’appello ha infatti motivato sul punto adeguatamente riconoscendo come ostassero alla concessione delle circostanze attenuanti generiche al ricorrente, oltre al precedente specifico, la pluralità di ipotesi di detenzione e di
spaccio che l’hanno visto protagonista in un contesto caratterizzato dall’azione di
più persone e perciò di rilevante gravità.

to fa un precedente specifico e da altre condanne per reati minori, non meritasse
la concessione di alcun beneficio, trattandosi di soggetto dedito al narcotraffico,
il che ne denota la pericolosità sociale.
La doglianza proposta sul punto si palesa peraltro generica in quanto il ricorrente non indica l’elemento in ipotesi non valutato o mal valutato, mentre la corte territoriale ha valorizzato, a fondamento del diniego, i due elementi sopra ricordati.
Va rilevato, inoltre, che ai fini dell’assolvimento dell’obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, il giudice
non è tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi prospettati dall’imputato, essendo sufficiente che egli spieghi e giustifichi l’uso del potere discrezionale conferitogli dalla legge con l’indicazione delle ragioni ostative alla concessione e delle circostanze ritenute di preponderante rilievo

4 Infondato appare anche il motivo di ricorso per cassazione proposto da
Marco Pettinelli.
Il fatto che sia partito nel computo della pena da una pena base di anni 9 di
reclusione non significa, infatti, come sostiene il ricorrente che il Gup di Roma
abbia applicato la vecchia legge sugli stupefacenti (che all’art. 73 contemplava
una pena per le droghe c.d. “pesanti” della reclusione da 8 a 20 anni e della multa da 25.822 a 258.228 euro), ma semplicemente che è partito da una pena superiore al minimo edittale applicando la nuova (che prevede una pena della reclusione da 6 a 20 anni e della multa da 26.000 a 260.000 euro).
Va rilevato, peraltro, che il giudice di primo grado ha pronunciato la sentenza in data 1.7.2008, nella piena vigenza delle modifiche all’art. 73 Dpr. 309/90
introdotte con il dl 30.12.2005 n. 272 conv. con modif. nella I. 21.2.2006 n. 49.
Ne deriva che avrebbe dovuto dare conto in motivazione, indicandone le ragioni,
solo qualora avesse ritenuto applicabile una legge non più vigente. Non avendolo
fatto, appare evidente che ha applicato la normativa vigente. Ed ha spiegato in
motivazione che è partito da una pena edittale più alta di quella minima a fronte
del cospicuo quantitativo di stupefacente in sequestro).
5

Già il giudice di primo grado aveva peraltro evidenziato come il Cinti, grava-

5. Al rigetto dei ricorsi consegue ex lege la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma il 19 dicembre 2013.

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