Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5105 del 11/12/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 5105 Anno 2015
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CARTA SANDRO N. IL 31/10/1957
avverso l’ordinanza n. 353/2013 CORTE APPELLO di CAGLIARI, del
22/03/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 11/12/2014

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza resa il 22 marzo 2014 la Corte di Appello di Cagliari, in
funzione di giudice dell’esecuzione, dichiarava inammissibile l’istanza proposta da
Sandro Carta, diretta ad ottenere l’annullamento di una pluralità di sentenze di
condanna per vizi di nullità delle notificazioni relative alla citazione in giudizio
dell’imputato, rilevando l’assenza delle condizioni di legge per l’accoglimento per la
mancata specificazione delle ragioni della domanda.

2. Avverso siffatto provvedimento propone ricorso per cassazione l’interessato
personalmente, il quale lamenta l’inosservanza di norme processuali stabilite a pena
di nullità in relazione alla declaratoria d’inammissibilità “de plano” della propria
istanza, pur nell’assenza delle condizioni previste dalla legge per siffatta pronuncia,
dal momento che per giungere a tale statuizione la Corte distrettuale aveva dovuto
affrontare il merito della richiesta. La mancata assunzione della decisione nel
contraddittorio con l’istante ha violato i diritti di difesa e determinato la nullità di
tutti gli atti relativi.

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile perchè basato su motivo manifestamente infondato.
1.La Corte di merito ha correttamente proceduto alla declaratoria
d’inammissibilità della domanda del Carta sul rilievo della sua formulazione generica
e perché volta a sollecitare “in modo confuso una sorta di indagine al buio sulla
notificazione di atti precedenti alla pronuncia di sentenze irrevocabili da anni e di
decreti penali mai opposti, senza mai alludere all’omessa notificazione degli estratti
contumaciali delle sentenze”. In tal modo ha riscontrato, sulla scorta della mera
lettura dell’atto introduttivo dell’incidente di esecuzione, la sua formulazione vaga
ed imprecisa quanto al “petitum” di annullamento di provvedimenti giudiziari
irrevocabili ed alle ragioni giustificative, senza aver proceduto alla verifica della
fondatezza degli argomenti prospettati in relazione ai procedimenti già definiti.
1.1 Secondo costante arresto della giurisprudenza di questa Corte ( Cass.,
sez. 1, n. 42471 del 27/10/2009, P.M. in proc. Tozzi, rv. 245574; sez, 2, n. 5495
del 17/1/1999, Esposito, rv. 216349; sez. 1, n. 1461 del 5/3/1996, Verde, rv.
204311; sez. 1, n. 5626 del 23/11/1994, Giovazzino, rv. 200329) il procedimento
ordinario riguardante l’esecuzione penale resta soggetto alla disciplina dettata
dall’art. 666 cod.proc.pen., commi terzo e quarto, che prescrivono si proceda in
camera di consiglio, previa fissazione dell’udienza, con avviso alle parti e con la
partecipazione “necessaria” del difensore dell’interessato e del P.M., in quanto la
norma sopra citata è inserita tra le disposizioni generali sull’esecuzione e sancisce
1

/

la forma di tutti i procedimenti di competenza del giudice dell’esecuzione, con la
unica eccezione per i casi in cui sia applicabile la diversa e specifica procedura “de
plano” quale fase preliminare dell’ordinario procedimento camerale.
1.2 Dal combinato disposto dei commi secondo e terzo dell’art. 666 cod. proc.
pen., e secondo quanto già affermato da questa Corte, “è illegittimo il
provvedimento con cui il giudice dell’esecuzione dichiari inammissibile “de plano” il
ricorso concernente questioni di diritto e preliminari accertamenti in fatto, in quanto

666, comma secondo, cod. proc. pen. di manifesta infondatezza dell’istanza o di
mera riproposizione di richiesta già rigettata” (Cass. sez. 5, n. 34960 del
14/6/2007, Stara, rv. 237712; negli stessi termini: Cass. sez. 1, n. 24164 del
27/04/2004, Castellano, Rv. 228996; sez. 1, n. 31999 del 6/7/2006, Valfrè, rv.
234889).
1.3 In tali situazioni, infatti, viene devoluta alla cognizione del giudice
questione che consente il riscontro immediato della mancanza di fondamento
dell’istanza, mentre ogni qualvolta sia richiesta la considerazione approfondita delle
tematiche prospettate, di non univoca soluzione, nonché la delibazione di
fondatezza nel merito dell’istanza nei suoi profili fattuali e nella considerazione in
punto di diritto, s’impone la previa instaurazione del contraddittorio con il rito
camerale di cui all’art. 127 cod. proc. pen., richiamato dall’art. 666 c.p.p. e segg.,
commi 3.
2. Per le ragioni chiaramente esposte nel provvedimento in verifica, il caso
tAom
in esame/si prestava ad una trattazione approfondita ed in contraddittorio,
essendo emersa la confusa e generica formulazione della domanda, senza si sia
verificata alcuna ipotesi di nullità assoluta degli atti e della decisione conclusiva del
procedimento per violazione del diritto della parte alla partecipazione del suo
difensore all’udienza ai sensi dell’art. 178 cod. proc. pen., lett. c).
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti
ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte
Cost. sent. n. 186 del 2000), al versamento a favore della Cassa delle ammende di
sanzione pecuniaria, che pare congruo determinare in euro millinquecent9 ai
sensi dell’art. 616 cod.proc.pen..

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.500,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 11 dicembre 2014.

siffatto decreto può essere emesso nelle ipotesi espressamente previste dall’art.

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