Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5104 del 11/12/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 5104 Anno 2015
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: ROCCHI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DESIDERIO PIETRO N. IL 29/01/1979
avverso la sentenza n. 10443/2013 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
27/09/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI;

Data Udienza: 11/12/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 27/9/2013, la Corte di appello di Napoli confermava
quella del G.U.P. del Tribunale di Avellino di condanna di Pietro Desiderio alla
pena di anni tre di reclusione per i reati di lesioni aggravate e detenzione e porto
in luogo pubblico di arma, unificati dal vincolo della continuazione.
Pietro Femina era stato attinto da numerosi colpi di arma da fuoco esplosi a
distanza ravvicinata mentre si trovava sulla sua autovettura con una pistola cal.
7’65. L’imputato – cui era stato contestato il tentato omicidio, riqualificato dal

responsabilità davanti al Giudice di primo grado, sostenendo che la sua azione
derivava dalla condotta tenuta dalla vittima verso la sua compagna.

La Corte rigettava il motivo di appello con cui si chiedeva applicarsi
l’attenuante di cui all’art. 5 legge 895 del 1967, non ritenendo il fatto di lieve
entità, atteso il numero di colpi (sette) sparati e le lesioni procurate ed essendo
irrilevanti le motivazioni addotte dall’imputato per giustificare la sua condotta;
rigettava, altresì, la richiesta di concessione delle attenuanti generiche, non
essendo stati dedotti né essendo emersi elementi positivi da valutare;
respingeva, infine, la richiesta dell’appellante di ritenere la condotta di
detenzione dell’arma assorbita da quella di porto, atteso che tale assorbimento è
possibile solo quando il fatto storico integrante la detenzione coincida
temporalmente con quella di porto.

2. Ricorre per cassazione il difensore di Pietro Desiderio, deducendo distinti
motivi.
In un primo motivo si deduce violazione di legge processuale per il mancato
rinvio dell’udienza del 27/9/2013: la motivazione dell’ordinanza con cui era stato
negato il legittimo impedimento del difensore, costituito dalla necessità di
partecipare ad un’udienza davanti al Tribunale del Riesame, era viziata sia
logicamente che giuridicamente nella parte in cui aveva ritenuto prevalente
l’impegno davanti alla Corte d’appello e sottolineato come il Tribunale del
riesame tenesse udienza nello stesso immobile.
In un secondo motivo il ricorrente deduce vizio di motivazione quanto
all’affermazione di responsabilità per il reato di detenzione di arma: il mancato
rinvenimento della pistola nel corso della perquisizione domiciliare e personale
svolta nei confronti di Desiderio faceva ritenere mancante la prova di una
detenzione dell’arma, con la conseguenza che vi era spazio per il dubbio sulla
responsabilità dell’imputato.

giudice di primo grado – aveva spontaneamente ammesso la propria

In un terzo motivo si contesta come viziata la motivazione per la negazione
del motivo di appello concernente le attenuanti generiche, mentre in un quarto
motivo si deduce violazione di legge per il mancato riconoscimento
dell’attenuante di cui all’art. 5 legge 895 del 1967, sia per le caratteristiche
dell’arma, sia perché il suo utilizzo per provocare le lesioni alla persona offesa
menzionato dalla Corte territoriale era elemento valutato due volte, in violazione
del principio del ne bis in idem.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza del motivi.
Questa Corte ha costantemente affermato che al procedimento camerale del
giudizio abbreviato di appello non si applica l’art. 420 ter, comma quinto, cod.
proc. pen., che impone il rinvio del procedimento in caso di impedimento del
difensore. Nell’udienza camerale, infatti, la presenza delle parti è facoltativa e
solo per l’imputato è espressamente previsto dall’art. 599 comma secondo, cod.
proc. pen., che, ove abbia manifestato la volontà di presenziare alla udienza,
questa deve essere rinviata in caso di suo legittimo impedimento.

Anche gli altri motivi sono manifestamente infondati: la Corte territoriale ha
correttamente applicato il principio più volte affermato da questa Corte secondo
cui il delitto di porto illegale di arma comprende ed assorbe per continenza quello
di detenzione, escludendo il concorso materiale di tali reati, solo quando l’azione
del detenere l’arma inizi contestualmente a quella di portare la medesima in
luogo pubblico e vi sia la prova che l’arma non sia stata in precedenza detenuta;
pur non sussistendo un onere probatorio a carico dell’imputato, in mancanza di
specifica deduzione della concreta contemporaneità delle due condotte, il giudice
non è tenuto a effettuare verifiche e può attenersi al criterio logico della normale
anteriorità della detenzione sul porto.
La motivazione concernente la mancata concessione delle attenuanti
generiche e il mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 5 legge 895
del 1967, infine, è adeguata e logica.

2. Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue ex lege, in
forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al versamento della somma, tale
ritenuta congrua, di euro 1.000 (mille) in favore delle Cassa delle Ammende, non
esulando profili di colpa nel ricorso palesemente infondato (v. sentenza Corte

3

Il ricorrente conclude per l’annullamento della sentenza impugnata.

Cost. n. 186 del 2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 1.000 alla Cassa delle
ammende.

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Così deciso 1’11 dicembre 2014

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