Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 51020 del 11/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 51020 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: MENGONI ENRICO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Crisci Domenico, nato ad Atessa (Ch) il 2/12/1962

avverso la sentenza pronunciata dalla Corte di appello di L’Aquila in data
18/7/2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Enrico Mengoni;
sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale Marilia Di Nardo, che ha chiesto l’annullamento senza rinvio
della sentenza quanto al reato di cui all’art. 10-bis, d. Igs. n. 74 del 2000, perché
il fatto non sussiste e, quanto al reato di cui all’art.

10-ter, stesso decreto,

riferito all’anno 2005, perché estinto per prescrizione; rigetto del ricorso nel
resto;
sentite le conclusioni del difensore del ricorrente, Avv. Antonino Cerella in
sostituzione dell’Avv. Giovanni Cerella, che ha chiesto l’accoglimento dei ricorso

Data Udienza: 11/11/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 18/7/2014, la Corte di appello di L’Aquila, in parziale
riforma della pronuncia emessa il 21/6/2013 dal Tribunale di Vasto, assolveva
Domenico Crisci dall’imputazione di cui all’art. 10-ter, d. Igs. 10 marzo 2000, n.
34, perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato (imposta evasa
inferiore a 103.291,38 euro, giusta sentenza Corte costituzionale n. 80 dell’8
aprile 2014), e rideterminava la pena per le residue imputazioni in otto mesi di

diverse società a responsabilità limitata – erano contestate altre violazioni di cui
allo stesso decreto n. 74 del 2000, e segnatamente quelle ai sensi degli artt. 10bis e 10-ter cod. proc. pen.
2. Propone ricorso per cassazione il Crisci, a mezzo del proprio difensore,
deducendo tre motivi:
– inosservanza o erronea applicazione della legge penale (sul procedimento
principale). La Corte di appello avrebbe dovuto applicare la citata sentenza della
Corte costituzionale anche al delitto di cui all’art. 10-bis, d. Igs. n. 74 del 2000,
attese le molteplici analogie tra le due fattispecie;
– inosservanza o erronea applicazione della legge penale (sul procedimento
principale e su quello riunito n. 351/2011). La Corte avrebbe confermato la
condanna pur in difetto del necessario dolo del reato, atteso che le omissioni
sarebbero state causate dalla grave crisi di liquidità e finanziaria che aveva
colpito il ricorrente;
– inosservanza o erronea applicazione dell’art. 157 cod. pen.. La Corte di
merito avrebbe dovuto dichiarare estinte le condotte di cui al procedimento
principale ed a quello n. 351/2011 con riferimento all’illecito commesso nel
2006; al riguardo, sarebbero stati considerati indebitamente periodi di
sospensione della prescrizione, invero da individuare in termini molto più brevi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Con riguardo al reato di cui all’art. 10-bis, d. Igs. n. 74 del 2000, ed al
primo motivo di gravame, osserva preliminarmente la Corte che nelle more del
giudizio di legittimità è stato emanato il d. Igs. 24 settembre 2015, n. 158
(Revisione del sistema sanzionatorio, in attuazione dell’articolo 8, comma 1, I. 11
marzo 2014, n. 23), in vigore dal 22 ottobre 2015, che – all’art. 7 – ha
modificato l’art.

10-bis in contestazione (tra l’altro) elevando la soglia di

punibilità da 50.000 euro a 150.000 euro.

2

reclusione, confermando nel resto; allo stesso – quale legale rappresentante di

Orbene, poiché l’omissione contestata al Crisci è pari a 60.753,00 euro, si
impone l’annullamento

in parte qua

della sentenza senza rinvio, per

insussistenza del fatto. Formula, peraltro, da preferirsi a quella “perché il fatto
non è previsto dalla legge come reato”. Ed invero, quest’ultima va adottata là
dove il fatto non corrisponda ad una fattispecie incriminatrice in ragione o di
un’assenza di previsione normativa o di una successiva abrogazione della norma
o di un’intervenuta dichiarazione d’incostituzionalità (integrale e non parziale,
come nel caso di specie), permanendo in tutti tali casi la possibile rilevanza del

rilevanza anche in sede diversa da quella penale, va invece adottata quando
difetti un elemento costitutivo del reato, come nel caso in esame (v., sul punto:
Sez. 3, n. 13810 del 12/02/2008, Diop, Rv. 239949).
4. Ancora in via preliminare, si rileva poi che il residuo reato di cui all’art.
10-ter, stesso decreto, è estinto per prescrizione quanto alla dichiarazione
annuale Modello Unico 2006, relativa al 2005; ai sensi del combinato disposto
degli artt. 157-161 cod. pen., e tenuto conto delle sospensioni della prescrizione
come intervenute nel corso del giudizio, il relativo termine risulta infatti ormai
spirato 1’11/2/2015.
5. Nel resto, ovvero quanto all’imputazione di cui all’art. 10-ter relativa alla
dichiarazione Modello Unico 2007, il ricorso deve invece esser rigettato.
Con riferimento all’elemento soggettivo del reato, infatti, occorre premettere
che, per l’integrazione delle fattispecie in esame, risulta sufficiente il dolo
generico, ossia la coscienza e volontà di non versare all’Erario l’i.v.a. dovuta (per
tutte, Sez. 3, n. 8352 del 24/6/2014, Schirosi, Rv. 263127; Sez. 3, n. 12248 del
22/1/2014, Faotto, Rv. 259806). Ciò premesso, costituisce costante indirizzo di
legittimità quello per cui, nel reato in esame, l’imputato può invocare la assoluta
impossibilità di adempiere il debito di imposta, quale causa di esclusione della
responsabilità penale, a condizione che provveda ad assolvere gli oneri di
allegazione concernenti sia il profilo della non imputabilità a lui medesimo della
crisi economica che ha investito l’azienda, sia l’aspetto della impossibilità di
fronteggiare la crisi di liquidità tramite il ricorso a misure idonee da valutarsi in
concreto (Sez. 3, n. 20266 dell’8/4/2014, Zanchi, Rv. 259190); occorre, cioè, la
prova che non sia stato altrimenti possibile per il contribuente reperire le risorse
necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni
tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli
per il suo patrimonio personale, dirette a consentirgli di recuperare, in presenza
di una improvvisa crisi di liquidità, quelle somme necessarie ad assolvere il
debito erariale, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e
ad egli non imputabili (Sez. 3, n. 5467 del 5/12/2013, Mercutello, Rv. 258055).

3

fatto in sede civile; la formula “il fatto non sussiste”, che esclude ogni possibile

Prova che non risulta fornita in sede di merito e che, comunque, non viene
in alcun modo richiamata neppure innanzi a questa Corte.
6. Da ultimo, deve esser rigettata la richiesta – formulata dal difensore in
udienza – di applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod.
pen.; istanza motivata sul presupposto che l’omissione i.v.a. 2006 (Modello
Unico 2007), poiché quantificata in 255.486,00 euro, sarebbe ormai di poco
superiore alla soglia di punibilità di 250.000 euro, come individuata dal d. 1gs. 24
settembre 2015, n. 158 (Revisione del sistema sanzionatorio, in attuazione

Orbene, osserva la Corte che l’omissione contestata – e, pertanto, la sua
eventuale “particolare tenuità” – deve esser valutata in rapporto alla condotta
nella sua interezza, non anche con riferimento alla sola eccedenza rispetto alla
soglia di punibilità prevista dal legislatore; ne consegue che la violazione
riscontrata a carico del Crisci deve esser quantificata nella complessiva somma di
255.486,00 euro, non anche nel minor importo di 5.486,00 euro, sì da non
potersi all’evidenza riconoscere che l’offesa al bene tutelato dalla norma sia stata
di particolare tenuità. Salvo aggiungere, comunque, che nel caso di specie
difetterebbe anche il requisito della “non abitualità” della condotta, ancora
previsto dall’art. 131-bis in esame, atteso che il ricorrente è stato riconosciuto
colpevole del medesimo reato anche con riguardo all’anno di imposta 2005,
sebbene l’omissione debba esser dichiarata estinta per sopravvenuta
prescrizione.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato sul punto, con rinvio alla Corte di
appello di Perugia per la determinazione della pena quanto al residuO reato.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui
all’art. 10-bis, d. Igs. n. 74 del 2000 perché il fatto non sussiste e quanto al
reato di cui all’art. 10-ter, d. 1gs. n 74 del 2000, riferito all’anno 2005, perché
estinto per prescrizione.
Rigetta il ricorso nel resto e annulla la sentenza medesima con rinvio alla
Corte di appello di Perugia per la determinazione della pena quanto al residuo
reato.
Così deciso in Roma, 1’11 novembre 2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

dell’articolo 8, comma 1, I. 11 marzo 2014, n. 23), in vigore dal 22 ottobre 2015.

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