Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5102 del 28/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 5102 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: MARINI LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
ROSSETTI Giordano, nato a Milano il 8/7/1964
avverso la sentenza del 5/12/2012 della Corte di appello di Genova che ha
confermato la sentenza del 12/3/2012 del Tribunale di Genova, che ha
condannato il sig. Rosetti, previa concessione delle circostanze attenuanti
generiche e di quella prevista dall’art.62, n.6, cod. pen., alla pena di sei mesi di
reclusione e 6.840,00 euro di multa perché colpevole del reato continuato
previsto dagli artt.44, lett.c), del d.P.R. 6 giugno 2001, n.380 e 181, comma 1bis, del d.lgs. 22 gennaio 2004, n.42, accertato il 13/12/2007;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Aldo
Policastro, che ha concluso chiedendo annullarsi la senza rinvio per prescrizione
in ordine al capo A e con rinvio in ordine al capo B;
udito per l’imputato l’avv. Fabio Fossati, che ha concluso chiedendo accogliersi il
ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 5/12/2012 la Corte di appello di Genova ha confermato
la sentenza del 12/3/2012 del Tribunale di Genova, che ha condannato il sig.

Data Udienza: 28/11/2013

Retti, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche e di quella
prevista dall’art.62, n.6, cod. pen., alla pena di sei mesi di reclusione e 6.840,00
euro di multa perché colpevole del reato continuato previsto dagli artt.44, lett.c),
del d.P.R. 6 giugno 2001, n.380 e 181, comma 1-bis, del d.lgs. 22 gennaio 2004,
n.42, accertato il 13/12/2007, in relazione alla realizzazione abusiva in zona
soggetta a vincolo ambientale di opere comportanti un aumento volumetrico e la
modifica di un immobile dichiarato di notevole interesse pubblico con D.M. 11
giugno 1954.

avere modificato una baracca in legno situata in zona soggetta a vincolo,
aumentandone dimensioni e volume; condotta che integra le ipotesi contestate
anche in presenza di una baracca verosimilmente esistente dall’anno 1967 e
avente natura pertinenziale.
3. Avverso la decisione della Corte di appello il sig. Rossetti propone ricorso
tramite il Difensore, in sintesi lamentando:
a.

Errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. in relazione
agli artt.44 e 3 e 10 del d.P.R. 6 giugno 2001, n.380 nonché vizio di
motivazione: la indiscussa natura pertinenziale della baracca esclude che una
sua modificazione richiedesse il rilascio di permesso di costruire (Sez.3,
n.35084 del 25/3/2004), dovendosi applicare la disposizione dell’art.3,
comma 1, lett.e.6, del d.P.R. 6 giugno 2001, n.380, che esclude dal concetto
di nuova costruzione gli interventi pertinenziali che non costituiscano volume
superiore al 20% di quello dell’edificio principale o che non rientrino fra quelli
considerati “nuova costruzione” dagli strumenti urbanistici; sul punto la Corte
di appello ha fornito una motivazione inadeguata e contraddittoria,
limitandosi a considerare l’esistenza di permesso di costruire unicamente
sulla base del vincolo esistente sull’area;

b.

Errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. in relazione

o
2. Con le sentenze di merito il sig. Rossettaf è stato ritenuto colpevole di

agli artt.49, comma 2, cod. pen. e 181 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n.42,
difettando l’offensività del fatto sia in astratto sia in concreto (Sez.3,
n.2902/2010, ud. 20/10/2009, rv 245908)

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Osserva la Corte che la decisione in ordine alle questioni poste dal
ricorrente deve muovere da due circostanze di fatto accertate e non contestate:
l’immobile oggetto dell’intervento è costruzione indipendente e autonoma
rispetto all’edificio principale e ha destinazione non a servizio di quest’ultimo;

2

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l’intervento non solo ha modificato i materiali di costruzione ma ha comportato
un pur contenuto aumento di volume.
2. Le ricordate caratteristiche dell’immobile non soddisfano i requisiti che la
giurisprudenza ha fissato con decisioni costanti nel tempo per qualificare l’opera
come “pertinenza”. Su punto si rinvia alle motivazioni delle sentenze di questa
Sezione n.6593 del 24/11/2011, Chiri, e n.25669 del 30/5/2012, Zeno e altro,
che individuano ipotesi di non riconoscimento della pertinenzialità e fissano i
parametri interpretativi nonché, per converso, alla motivazione della sentenza

carattere a

“un piccolo vano già esistente nel sottoscala e delimitato da

preesistenti pareti sui tre lati” in quanto “oltre a non comportare un incremento
volumetrico dell’edificio, si pone in relazione “di servizio” con la costruzione
preesistente, allo scopo di renderne più agevole e funzionale l’uso.”
3. Il secondo profilo di fatto accertato dal giudice di merito e richiamato in
apertura della presente motivazione esclude, a sua volta, che non sussistano i
presupposti di pericolo concreto per il bene protetto dalla disciplina
paesaggistica. Ammesso che l’intervento abbia “migliorato” la qualità estetica del
bene, ‘circostanza che sottende un giudizio che non compete all’autorità
giudiziaria ma all’ente preposto alla tutela del vincolo, deve considerarsi che la
disciplina vigente non lascia dubbi circa il fatto che in zona vincolata non può
darsi corso a mutamenti delle caratteristiche estetiche di un immobile né
apportare modifiche della sagoma e aumenti della volumetria senza il preventivo
assenso dell’ente preposto. Tali variazioni, infatti, sono con tutta evidenza
potenzialmente offensive del bene tutelato; a questi principi consegue che la
deroga al principio generale per il quale l’autorizzazione paesaggistica non può
essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale,
degli interventi, fissata dall’art. 146, comma dodicesimo, D.Lgs. n. 42 del 2004,
è limitata agli interventi “minori” individuati dall’art. 181, comma primo ter, del
citato D.Lgs. n. 42, introdotto dall’art. 1, comma 36, L. 15 dicembre 2004 n.
308. Tale norma prevede la possibilità di sanare l’illecito solo in presenza di
determinate condizioni, e in questo senso include i lavori, realizzati in assenza o
difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato
creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente
realizzati.
4. Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere
dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi
dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13
giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso

3

n.42180 del 27/10/2010, P.M. in proc. Ragno e altro, che riconosce detto

sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via
equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00

Così deciso il 8/11/2013

alla Cassa delle ammende.

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