Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 51001 del 07/10/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 51001 Anno 2015
Presidente: FRANCO AMEDEO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA
su ricorsi proposti
dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti
e da
Lafleur Teresa, nata il 19 settembre 1953
Dubois Maria Marisol, nata il 28 febbraio 1979
avverso la sentenza del Tribunale di Asti del 30 giugno 2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale
Gioacchino Izzo, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.

Data Udienza: 07/10/2015

RITENUTO IN FATTO
1. — Con sentenza del 7 marzo 2014, il Tribunale di Asti ha condannato le
imputate alla pena dell’ammenda, con confisca dei rottami custoditi all’interno
dell’autocarro utilizzato e con restituzione dello stesso autocarro all’avente diritto, per
il reato di cui all’art. 256, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006, perché, in
concorso tra loro e in mancanza di iscrizione ai sensi dell’art. 212 dello stesso decreto
legislativo, effettuavano attività di raccolta e trasporto di rifiuti urbani e speciali

2. – Avverso la sentenza le imputate hanno proposto, tramite il difensore e con
unico atto, ricorso per cassazione, con il quale denunciano la mancanza di motivazione
circa la responsabilità penale Non si sarebbero, in particolare, considerate le
dichiarazioni di un testimone il quale aveva affermato che le imputate vivevano con lui
all’interno di un campo nomadi e avevano per sbaglio condotto l’autocarro da loro
guidato non all’ecocentro centro cittadino ma presso una ditta specializzata
nell’acquisto del ferro. Si sarebbe dovuto considerare, inoltre, il particolare contesto
sociale di appartenenza, nel quale la condotta tenuta delle imputate viene valutata
con parametri particolarmente indulgenti.
3. – La sentenza è stata impugnata anche dal Procuratore della Repubblica
presso il Tribunale di Asti, il quale denuncia l’erronea applicazione dell’art. 259 del
clAgs. n. 152 del 2006, in relazione alla restituzione all’avente diritto, soggetto non
imputato, del veicolo utilizzato per il trasporto dei rifiuti. Non si sarebbe considerato,
in particolare, che il terzo estraneo al reato ha l’onere di provare la sua buona fede,
cosa non avvenuta nel caso di specie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. – I ricorsi delle imputate sono inammissibili. Con essi ci si limita, infatti, a
14,
formulare generiche eVdimostrate asserzioni circa un preteso errore di destinazione nel
quale le stesse sarebbero incorse nel condurre l’autocarro con i rifiuti e Circa una
sostanziale mancanza di riprovazione sociale del comportamento tenuto nel contesto
del campo nomadi ‘nel quale esse vivono. E ciò, a fronte della dettagliata e coerente
motivazione della sentenza impugnata, nella quale si dà, oltretutto conto delle
insanabili contraddizioni tra le giustificazioni dei fatti fornite dalle imputate e da un
ulteriore testimone sentito. Con il ricorso non si contestano, del resto, la materialità
del fatto e la mancanza di qualsivoglia titolo abitativo per il trasporto dei rifiuti, i quali
consistevano perlopiù in rottami ed erano abusivamente condotti presso una ditta
specializzata nell’acquisto del ferro.

2

prodotti da terzi (il 19 aprile 2011).

5. – È invece fondato il ricorso del pubblico ministero, con cui si lamenta
l’erronea applicazione dell’art. 259 del d.lgs. n. 152 del 2006. Tale disposizione deve,
infatti, essere interpretata nel senso che, al fine di evitare la confisca obbligatoria del
mezzo di trasporto utilizzato per la gestione abusiva dei rifiuti, incombe al terzo
estraneo al reato che ne sia il proprietario l’onere di provare la sua buona fede, ovvero
che l’uso illecito del mezzo gli era ignoto e non era collegabile ad un suo
comportamento negligente (ex plurimis, sez. 3, 16 gennaio 2015, n. 18515, rv.

corretta applicazione di tale principio, perché ha proceduto alla restituzione del mezzo
al terzo proprietario sul rilievo della mancanza in atti di elementi da cui desumere un
suo coinvolgimento materiale o psicologico nel reato, così sostanzialmente sottraendo
quest’ultimo all’onere di provare positivamente la sua buona fede.
6. – I ricorsi delle imputate, conseguentemente, devono essere dichiarati
inammissibili. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte
costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere
che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima
consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento
nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente fissata in € 1.000,00.
Il ricorso del pubblico ministero deve, invece, essere accolto, con conseguente
annullamento della sentenza impugnata, limitatamente alla mancata confisca
dell’autocarro, con rinvio al Tribunale di Asti, perché proceda a nuovo giudizio sul
punto, facendo applicazione del principio di diritto sopra enunciato.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi delle imputate e condanna le stesse al
pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 ciascuna, in favore
della Cassa delle ammende.
Annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla mancata confisca
dell’autocarro, con rinvio al Tribunale di Asti.
Così deciso in Roma, il 7 ottobre 2015.

263772; sez. 3, 17 gennaio 2013, n. 9579, rv. 254749). Il Tribunale non ha fatto

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