Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 510 del 21/11/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 510 Anno 2018
Presidente: DE CRESCIENZO UGO
Relatore: DI PAOLA SERGIO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NDIAYE MBAYE nato il 27/05/1960

avverso la sentenza del 11/07/2016 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere SERGIO DI PAOLA;

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

La Corte d’Appello di Bari, con sentenza in data 11/07/2016, previa
riqualificazione del delitto originariamente contestato al capo A) in quello di cui
all’art. 171 ter, 1 comma, lett. d) I. 633/1941, confermava la condanna alla pena
ritenuta di giustizia pronunciata dal Tribunale di Lucera, sezione distaccata di
Rodi Garganico, in data 10/08/2009, nei confronti di NDIAYE MBAYE in relazione
ai reati di cui agli artt. 171 ter I. 633/1941, 474 e 648 cod. pen.
Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo i seguenti motivi: con
il primo motivo di ricorso, deduce la violazione della legge processuale (art. 521
cod. proc. pen.) per l’operata riqualificazione del fatto di cui al capo A),
corrispondente invece alla contestazione di un fatto diverso con violazione del
principio di correlazione tra accusa e sentenza; con il secondo motivo di ricorso,
si deduce la violazione di legge e il vizio di omessa motivazione, con riferimento
all’irrilevanza penale della condotta di acquisto dei supporti abusivamente
riprodotti, che integra esclusivamente un illecito di natura amministrativa; con il

Data Udienza: 21/11/2017

terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione di legge per avere ritenuto
ammissibile il concorso tra i delitti di cui agli artt. 474 e 648 cod. pen., in
violazione del principio di specialità; con il quarto motivo di ricorso, si deduce la
violazione di legge (art. 648, 2 comma, cod. pen.) con riferimento al diniego del
riconoscimento della circostanza attenuante del fatto tenue; con il quinto motivo
di ricorso si deduce la mancanza di motivazione in ordine all’erroneo giudizio di
bilanciamento delle circostanze attenuanti generiche con le aggravanti
contestate.

L’operata riqualificazione del fatto descritto nel capo A) è perfettamente
legittima, essendo contestato all’imputato il fatto di aver posto in commercio
supporti contenenti opere musicali protette, supporti sprovvisti del timbro Siae in
quanto abusivamente riprodotti; la fattispecie è quella indicata dalla sentenza
d’appello (che ha richiamato la norma in cui sono contemplate alternativamente,
tra le altre, le condotte delle detenzione per la vendita e quella della vendita o
del porre in commercio) che si pone in evidente rapporto di specialità rispetto
all’originaria indicazione delle norme violate (peraltro non vincolante, come più
volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, nell’individuazione della
fattispecie contestata: «In tema di contestazione dell’accusa, si deve avere
riguardo alla specificazione del fatto più che all’indicazione delle norme di legge
violate, per cui ove il fatto sia precisato in modo puntuale, la mancata
individuazione degli articoli di legge violati è irrilevante e non determina nullità,
salvo che non si traduca in una compressione dell’esercizio del diritto di difesa»
(Sez. 3, n. 5469 del 05/12/2013, dep. 2014, Russo, Rv. 258920).
L’ipotizzata sussistenza del solo illecito amministrativo è stata puntualmente
esclusa dalla sentenza impugnata, che ha specificato il differente tenore della
norma invocata dalla difesa (che si applica alle ipotesi di acquisto di supporti
abusivamente riprodotti) e di quella che forma oggetto della contestazione
elevata (che attiene al porre in commercio i supporti privi del timbro Siae), non
senza rilevare che la norma di cui all’art. 174 ter I. 633/1941 presuppone che
l’acquisto o la ricezione siano destinati a uso esclusivamente personale.
Quanto al terzo motivo, lo stesso e’ generico in quanto il ricorrente non si
confronta adeguatamente con la motivazione della Corte di appello che ripropone
legittimamente le considerazioni del primo giudice valorizzando l’accertata, e mai
convincentemente giustificata, disponibilità della merce con marchio contraffatto
indicata nel capo di imputazione, detenuta per la vendita e all’evidenza acquisita
fuori dai canali ordinari e legittimi di circolazione.
La Corte di appello si e’ correttamente conformata – quanto alla
qualificazione giuridica dei fatti accertati – al consolidato orientamento di questa

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Tutti i motivi sono inammissibili.

Corte di legittimità (da ultimo, Sez. 5, n. 5260 dell’11/12/2013, Faje, Rv.
258722) per il quale integra il delitto . di cui all’art. 474 cod. pen. la detenzione
per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto senza che abbia rilievo la
configurabilità della contraffazione grossolana, considerato che l’art. 474 cod.
pen. tutela, in via principale e diretta, non già la libera determinazione
dell’acquirente, ma la fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei
marchi e segni distintivi, che individuano le opere dell’ingegno e i prodotti
industriali e ne garantiscono la circolazione anche a tutela del titolare del

occorre la realizzazione dell’inganno; non ricorre quindi l’ipotesi del reato
impossibile anche qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di
vendita siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in
inganno.
Si e’ anche chiarito (Sez. Unite, n. 23427 del 09/05/2001, Ndaye, Rv.
218771; Sez. 2, n. 12452 del 04/03/2008, Rv. 239745) che il delitto di
ricettazione (art. 648 cod. pen.) e quello di commercio di prodotti con segni falsi
(art. 474 cod. pen.) ‘possono concorrere, atteso che le fattispecie incriminatrici
descrivono condotte diverse sotto il profilo strutturale e cronologico, tra le quali
non puo’ configurarsi un rapporto di specialita’, e che non risulta dal sistema una
diversa volontà espressa o implicita del legislatore.
Egualmente inammissibile il quarto motivo di ricorso: secondo il consolidato
orientamento di questa Corte (per tutte, Sez. 2, n. 3188 dell’8 gennaio 2009,
Galli, RV. 242667; Sez. 6, n. 7554 del 2 febbraio 2011, Marfe’, RV. 249226) in
tema di ricettazione, ai fini della configurabilita’ dell’ipotesi attenuata, non rileva
esclusivamente il valore della cosa ricettata, ma devono considerarsi anche tutti
gli elementi previsti dall’art. 133 cod. pen., ivi compresa la capacita’ a delinquere
dell’imputato, che la corte ha desunto evidentemente dal numero di supporti a
disposizione dell’imputato che denotavano una specifica inclinazione a
delinquere.
Il quinto motivo è inammissibile, sia in quanto dalla lettura della sentenza
d’appello non si evince che la questione avesse formato oggetto di specifico
motivo di impugnazione, sia in quanto comunque il giudizio espresso dalla Corte,
con motivazione che ha richiamato le valutazioni del giudice di primo grado,
condividendole nei loro presupposti, non è censurabile in questa sede come più
volte statuito dalla giurisprudenza di legittimità.
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte, il ricorso deve essere
dichiarato inammissibile (il che impedisce, non consentendo il formarsi di un
valido rapporto processuale di impugnazione, di valutare la presenza di eventuali
cause di non punibilità ex articolo 129 cod. proc. pen., quale l’intervenuta

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marchio. Si tratta, pertanto, di un reato di pericolo, per la cui configurazione non

prescrizione del reato: Sez. Unite, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci,
Rv. 266818); ne consegue là condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost.
13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che ritiene equa, di euro
tremila a favore della cassa delle ammende.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di tremila euro alla cassa delle
ammende.
Così deciso il 21/11/2017

Il Consiglier
Sergi

stensore

fr j aola

Il Pr
Ugo

P.Q.M.

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