Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 510 del 17/11/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 510 Anno 2016
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DE LISO GUIDO N. IL 04/12/1972
avverso l’ordinanza n. 7/2015 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
19/05/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;
lette/site le conclusioni del PG Dott. )1447.tuA,0
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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 17/11/2015

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza resa in data 19 maggio 2015 la Corte d’appello di Napoli rigettava
la dichiarazione di ricusazione presentata dall’imputato Guido De Liso nei confronti del
dott. Domenico Zeuli, Presidente del Collegio della quarta sezione penale della Corte
d’assise d’appello di Napoli, investito della cognizione del procedimento penale n.
835/2013 R.G. App., nell’ambito del quale il predetto De Liso è chiamato a rispondere del

1.2 La Corte osservava che non sussistevano i presupposti per l’accoglimento della
ricusazione, atteso che, sebbene il dr. Zeuli avesse composto il collegio che aveva
giudicato per i medesimi fatti di reato i coimputati, che, a differenza del De Liso, avevano
scelto di definire il procedimento nelle forme del rito abbreviato, nessuna valutazione era
stata espressa per la sua posizione nella precedente sentenza, tale da rivelare una
convinzione precostituita.
2. Avverso il suddetto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione a mezzo
del difensore il De Liso, il quale ne ha chiesto l’annullamento per mancanza di
motivazione in relazione alla dedotta ricorrenza della causa di incompatibilità di cui alla
sentenza della Corte costituzionale nr. 371/96 o, in via subordinata, della speciale causa
di ricusazione di cui alla sentenza della stessa Corte nr. 283/2000.
Il fondamento dell’istanza di ricusazione era ravvisabile nel passaggio della
sentenza n. 9/12 della quarta sezione della Corte d’Assise di Appello di Napoli che aveva
giudicato Pietro Lago, Rosario Marra, Salvatore Racise e Michele Pompeo in ordine ai
medesimi delitti ascritti al ricorrente, laddove si era fatto rinvio per la ricostruzione dei
fatti criminosi alla sentenza di primo grado, la quale aveva sviluppato un iter
argomentativo, fondato sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, riguardante tutti i
soggetti accusati di avervi concorso, compreso il De Liso, le modalità esecutive e la
complessa preventiva organizzazione. In tal modo si era operato un implicito
riconoscimento della responsabilità anche di imputati che avevano optato per il rito
ordinario, il che permette di ravvisare la causa di incompatibilità introdotta
nell’ordinamento con la sentenza nr. 371/96 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato
l’incostituzionalità dell’art. 34 cod. proc. pen. nella parte in cui non prevede che non
possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato
o concorso a pronunciare una precedente sentenza nei confronti di altri nella quale la
posizione di quello stesso imputato sia stata comunque valutata; in alternativa, sussiste
la causa di incompatibilità, introdotta con la sentenza n. 283/2000.
La contraria decisione impugnata si è basata sulla considerazione parziale dei dati
documentali per l’omessa valutazione della sentenza del G.U.P. del Tribunale di Napoli,

1

delitto di omicidio e dei connessi reati in materia di armi.

richiamata nella sentenza emessa dalla Corte di Assise di Appello del 7/2/2012, e si
risolve in una motivazione apparente.
3. Con requisitoria scritta depositata in data 14 settembre 2015 il Procuratore
Generale presso la Corte di Cassazione, dr. Massimo Galli, ha chiesto l’annullamento con
rinvio dell’ordinanza impugnata, condividendo i motivi di ricorso.

Il ricorso è fondato e merita dunque accoglimento.
1.A seguito della declaratoria di parziale illegittimità dell’art. 37 cod.proc.pen.,
comma 1, nella parte in cui non prevede che possa essere ricusato dalle parti il giudice
che, chiamato a decidere sulla responsabilità di un imputato, abbia espresso in altro
procedimento, anche non penale, una valutazione di merito sullo stesso fatto nei
confronti del medesimo soggetto (cfr. Corte Costituzionale sentenza n. 283 del 2000), è
stata introdotta nell’ordinamento giuridico una nuova causa di ricusazione. Nella
motivazione della pronuncia la Consulta ha precisato che resta affidato all’elaborazione
giurisprudenziale il compito di definire i vari casi di applicazione della predetta causa di
ricusazione, così come è avvenuto per le altre cause di astensione e ricusazione già
previste dal codice. Con tale affermazione la Corte Costituzionale non ha invitato il
giudice ordinario ad un’interpretazione estensiva delle ipotesi di ricusazione, ma ha
soltanto ribadito che egli deve individuare i casi concreti di ricusazione, nell’ambito del
quadro generale delineato dalla legge. Sulla base di questa premessa generale è evidente
che, affinché sussista l’ipotesi di ricusazione sopra richiamata, occorre che vi sia stata
una precedente valutazione di merito sullo stesso fatto e nei confronti dello stesso
soggetto.
In aderenza a siffatti rilievi, la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che il
giudice, il quale abbia definito la posizione di un coimputato con il giudizio abbreviato,
che tratti successivamente anche la parte del procedimento che è proseguita con il rito
ordinario non è sempre e comunque incompatibile ai sensi dell’art. 34 cod.proc.pen.;
l’incompatibilità non sussiste se, nel decidere la posizione processuale definita con il rito
abbreviato, non abbia espresso valutazioni sul merito dell’accusa nei confronti dei
coimputati che hanno scelto il processo ordinario giacché, in tema di incompatibilità, la
mera conoscenza da parte del giudice del dibattimento degli atti contenuti nel fascicolo
del pubblico ministero, senza che vi sia poi alcuna considerazione di merito, non
impedisce la partecipazione al giudizio (Cass. sez. 3, n. 33591 del 24/04/2015, D’Aluiso
ed altri, rv. 264247; Sez. 5, n. 6797 del 16/01/2015, Sarli, rv. 262730; vedi anche Sez.
U, n. 36847 del 26/06/2014, Della Gatta e altro, rv. 260094 in riferimento alla pronuncia
di sentenza di patteggiamento a carico del coimputato per lo stesso reato).

2

Considerato in diritto

1.111 provvedimento impugnato, con motivazione stringata e poco esplicativa, si è
limitato a rilevare che il magistrato ricusato nella precedente sentenza non aveva
effettuato alcuna “cognizione e valutazione …in merito alla posizione processuale di De
Liso Guido”, per cui è pervenuto ad escludere convinzioni precostituite, derivanti dal
giudizio già definito, in grado di comprometterne l’obiettività. Ha però giustificato tale
asserzione sulla base del dichiarato raffronto comparativo tra le imputazioni elevate nei
due processi e dell’esame della sentenza emessa dalla quarta sezione penale della Corte

raggiunte con concreti riferimenti ai contenuti decisori ed argomentativi della citata
sentenza.
1.2 In tal modo non si è avveduto, quanto al primo elemento di riferimento, che i
reati giudicati erano i medesimi e che rispetto ad essi l’accusa postulava la partecipazione
concorsuale dei rispettivi imputati, il che già di per sé poneva il tema della possibile
interferenza, nell’ambito dell’accertamento del fatto e delle sue caratteristiche oggettive
di commissione, dell’apprezzamento dell’apporto offerto da ciascuno con l’affermazione
della responsabilità degli altri in una vicenda processuale sostanzialmente unitaria, che,
in assenza di scelte diverse operate dagli imputati quanto al rito processuale, avrebbe
dovuto essere definita nel medesimo contesto giudiziale. Quanto al secondo elemento
preso in esame, la Corte di merito ha omesso di considerare che l’istanza di ricusazione
aveva espressamente indicato quale fattore incidente sulla libertà ed obiettività di
giudizio del presidente del collegio, chiamato a celebrare il processo a carico del De Liso,
l’avvenuto recepimento, in funzione integratrice della motivazione della sentenza
d’appello che aveva concorso ad assumere, della sentenza di primo grado, nella quale il
G.U.P. aveva esposto una completa ricostruzione fattuale delle vicende legate all’omicidio
di matrice camorristica di Gaetano Avolio, aveva considerato il movente e tutti gli aspetti
esecutivi dal mandato conferito dal capoclan, alle fasi della programmazione ed
organizzazione, all’esecuzione materiale. Tale deduzione difensiva aveva devoluto la
verifica del già avvenuto l’apprezzamento degli stessi elementi di prova e del ruolo svolto
da tutti i partecipi all’omicidio, compreso il De Liso: la Corte di Appello non ha tenuto
conto di tale prospettazione, che di per sé è idonea a rappresentare una situazione
concreta in cui una precedente valutazione sul merito dell’imputazione esplica effetto
pregiudicante perché anticipatoria di quella successiva da assumere a carico del
coimputato in separato procedimento. E’ dunque incorsa nel vizio di omessa motivazione,
il che importa l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio alla Corte di
Appello di Napoli per nuovo esame della richiesta di ricusazione, che dovrà compiersi in
base ai rilievi esposti e colmando le lacune riscontrate.

P. Q. M.

3

di Assise di Appello di Napoli in data 7/2/2012, senza peraltro illustrare le conclusioni

annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di Appello di
Napoli.

Così deciso in Roma, il 17 novembre 2015.

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