Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 510 del 07/01/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 510 Anno 2015
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: GALLO DOMENICO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da
Carrino Pancrazio, nato a Mesagne il 24/4/1982,
avverso la sentenza 16/10/2013 della Corte d’appello di Lecce, I sezione
penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenico Gallo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Massimo Galli, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza in data 16/10/2013, la Corte di appello di Lecce,

confermava la sentenza del Tribunale di Brindisi, in data 9/5/2012, che
aveva condannato Carrino Pancrazio alla pena di anni dieci di reclusione ed
€.3.000,00 di multa per i reati di lesioni personali gravi, rapina aggravata,
porto e detenzione illecita di armi.

2.

La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello,

Data Udienza: 07/01/2015

e confermava le statuizioni del primo giudice, ritenendo accertata la penale
responsabilità dell’imputato in ordine ai reati a lui ascritti ed equa la pena
inflitta.

3.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato per mezzo del suo

difensore di fiducia, sollevando un unico motivo di gravame con il quale
deduce violazione di legge, dolendosi della qualificazione giuridica del fatto
come rapina consumata, anziché tentata. Al riguardo eccepisce che dalle

rapinatore, prima di fuggire, sia riuscito ad impossessarsi di alcune
banconote tratte dalla busta la la vittima aveva scagliato a terra; richiama
al riguardo la deposizione del coimputato, Begher, giudicato separatamente
il quale ha escluso che i rapinatori siano riusciti a prendere i soldi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi non consentiti

nel giudizio di legittimità.

2.

Invero il ricorrente, pur avendo formalmente denunciato il vizio di

violazione di legge in ordine alla qualificazione giuridica del fatto, ha,
tuttavia, nella sostanza, svolto ragioni che costituiscono una critica del
logico apprezzamento delle prove fatto dal giudice di appello con la finalità
di ottenere una nuova valutazione delle prove stesse; e ciò non è consentito
in questa sede.
3.

Nel caso di specie la Corte territoriale ha specificamente motivato sul

punto della consumazione del reato di rapina osservando che l’aggressore
«riuscì comunque ad arraffare alcune banconote cadute per terra per poi
salire a bordo della moto con cui era arrivato e allontanarsi insieme al
complice>>. Pertanto la Corte d’appello ha legittimamente escluso che il
reato sia rimasto allo stato di tentativo, richiamando circostanze di fatto che
non possono essere oggetto di diversa valutazione in sede di legittimità. È il
caso di aggiungere che la sentenza impugnata va necessariamente
integrata con quella, conforme nella ricostruzione dei fatti, di primo grado,
derivandone che i giudici di merito hanno spiegato in maniera adeguata e
logica, le risultanze confluenti nella certezza della responsabilità
2

dichiarazioni della parte offesa non è possibile desumere la prova che il

dell’imputato per i reati contestati.

4.

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che

dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una
somma che, alla luce del díctum della Corte costituzionale nella sentenza n.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Così deciso, il 7 gennaio 2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

186 del 2000, si stima equo determinare in euro 1.000,00 (mille! 00).

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