Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50964 del 13/11/2013
Penale Sent. Sez. 2 Num. 50964 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: GALLO DOMENICO
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Vranescu Valeriu, nato in Moldavia il 26/8/1975,
Panfil Igor, nato in Moldavia il 14/7/1988,
avverso la sentenza 15/2/2013 del Gip presso il Tribunale di Venezia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenico Gallo;
Letta la requisitoria del Pubblico Ministero in persona del Sostituto
Procuratore generale, dr. Oscar Cedrangolo, che ha concluso per
l’inammissibilítà del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1.
Con sentenza in data 15/3/2013, il Gip del Tribunale di Venezia
applicava, ex art. 444 c.p.p., a Vranescu Valeriu la pena di anni uno, mesi
otto di reclusione ed C. 600,00 di multa, a Panfil Igor la pena di anni uno,
mesi sei di reclusione ed C.520,00 di multa, per i reati di ricettazione di
capi d’abbigliamento e materiale elettronico provenienti da furto. Il Gip
Data Udienza: 13/11/2013
disponeva, altresì, la confisca del denaro giacente su un libretto in
sequestro, la confisca di un’autovettura Jeep Cherokee e degli oggetti di
gioielleria ancora in sequestro.
2.
Avverso tale sentenza propongono separati ed analoghi ricorsi
entrambi gli imputati deducendo violazione di legge e vizio della motivazione
in relazione alla mancata dichiarazione di non punibilità con riferimento ai
beni dei quali non era stata accertata la provenienza da furto e dolendosi
sequestrato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.
I ricorsi sono inammissibili.
2.
Le parti, una volta intervenuto l’accordo e la ratifica del giudice non
possono più recedere dal patteggiamento e non possono proporre eccezioni
o censure in ordine al merito delle valutazioni sottese al prestato consenso,
o ad eventuali nullità verificatesi nella fase procedimentale, alla sussistenza
ed alla soggettiva attribuzione del fatto, all’applicazione e comparazione
delle circostanze, all’entità e modalità di applicazione della pena (Cass. Sez.
I, Sentenza n. 6898/1997 e n. 6545/1998).
3.
L’applicazione concordata della pena presuppone la rinuncia a fare
valere qualunque eccezione di nullità, anche assoluta diversa da quelle
attinenti alla richiesta di patteggiamento ed al consenso ad essa prestato
(Cass. 5^ 1.4.99 n. 7262). Le parti che sono pervenute all’applicazione
della pena su loro richiesta non possono proporre in sede di legittimità
questioni incompatibili con la richiesta di patteggiamento formulata per il
fatto contestato e per la qualificazione giuridica risultante dalla
contestazione; l’accusa, come giuridicamente qualificata, non può essere
rimessa in discussione (Cass. 6^ 2.3.99 n. 2815, ud. 21.1.99, rv. 213471).
Occorre, poi, rilevare che l’obbligo di motivazione da parte del giudice è
assolto con la semplice affermazione dell’effettuata verifica e positiva
valutazione dei termini dell’accordo intervenuto tra le parti (Cass. 28.2.00,
P.M. in proc. Cricchi) e quindi dell’effettuato controllo degli elementi di cui
all’art. 129 cod. proc. peri, conformemente ai criteri di legge. Inoltre è
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della confisca dell’autovettura e del denaro portato dal libretto di risparmio
pacifico che: “in tema di patteggiamento, qualora sia concordata la misura
finale di una pena, oggetto del controllo affidato al giudice è la pena finale
così concordata, in quanto esprimente la sostanziale volontà delle parti,
indipendentemente da eventuali errori nei calcoli intermedi.” (Cass. Sez. 5,
Sentenza n. 5054 del 21/10/1999 Cc. (dep. 11/11/1999 ) Rv. 216373; Sez.
6, Sentenza n. 1705 del 06/05/1999 Cc. (dep. 16/06/1999) Rv. 214742).
Nel caso di specie il giudice ha correttamente adempiuto all’obbligo
della motivazione nei termini di cui sopra.
5.
Per quanto riguarda la confisca del denaro, dell’autovettura e degli
altri oggetti in sequestro, la confisca è stata correttamente disposta dal
giudice del patteggiamento, ai sensi dell’art. 12 sexies del D.L. 306/92, non
essendo stati i prevenutio in grado di giustificare la provenienza lecita, da
attività lavorativa di detti beni.
6.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, la parte che lo ha proposto deve essere
condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una
somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n.
186 del 2000, si stima equo determinare in euro 1.500,00 ciascuno.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro millecinquecento alla Cassa delle
ammende.
Così deciso, il 13 novembre 2013
Il Consigliere estensore
4.