Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50957 del 03/12/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 50957 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da
Foriglio Salvatore, nato a Cinquefrondi in data 1.3.1989;
avverso la sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria, sezione 2^
penale, in data 18.12.2012.
Sentita la relazione della causa fatta dal consigliere Piercamillo Davigo.
Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, dott. Eduardo Vittorio
Scardaccione, il quale ha concluso chiedendo che la sentenza impugnata sia
annullata con rinvio.
Udito il difensore Avv. Giovanni Passalacqua in sostituzione dell’Avv. Maria
Teresa Caccamo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso,

Data Udienza: 03/12/2013

ritenuto in fatto

Con sentenza del 3.4.2012, il G.U.P. del Tribunale di Palmi dichiarò
Foriglio Salvatore responsabile del reato di tentata rapina aggravata e — con
la diminuente per il rito abbreviato — lo condannò alla pena di anni 2 mesi 2 di
reclusione ed € 1.000,00 di multa.
Avverso tale pronunzia l’imputato propose gravame ma la Corte

d’appello di Reggio Calabria, con sentenza del 18.12.2012, confermò la
decisione di primo grado.
Ad avviso dei giudici di merito l’imputato, munito di pistola giocattolo
priva di tappo rosso e parzialmente travisato, si era awicinato alla soglia del
supermercato Sosty Spesa, ma si era poi allontanato avendo visto lungo la
strada una pattuglia di Carabinieri. Il coimputato Auddino Francesco, alla
guida dell’auto, era stato assolto.
Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato deducendo violazione
di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta integrazione del
tentativo di rapina in quanto non sarebbero stati posti in essere atti idonei
diretti in modo non equivoco a perpetrare la rapina aggravata. Anche laddove
si volessero considerare tali gli atti preparatori, gli stessi non avrebbero avuto
nessuna efficacia causale a ledere il bene giuridico protetto dalla norma. Il
tentativo di rapina non sarebbe integrato neppure secondo la teoria
soggettiva, dal momento che l’imputato avrebbe potuto compiere solo un
sopralluogo. Neppure sarebbe corretta l’esclusione della desistenza in
quanto non spontanea per aver l’imputato visto una pattuglia di Carabinieri
intenta ad un normale controllo, sicché la desistenza sarebbe stata
comunque frutto di autonoma decisione dell’imputato.

Considerato in diritto

Il ricorso è infondato.
La Corte territoriale ha ritenuto che Foriglio, varcando la soglia del
supermercato con il bavero del giubbotto rialzato e la visiera del berretto
calata in modo da coprire il volto, nonché munito di pistola giocattolo alla
quale aveva tolto il tappo rosso, avesse compiuto atti idonei diretti in modo
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non equivoco a perpetrare una rapina nel supermercato e che la desistenza
non fosse volontaria siccome determinata dalla presenza dei Carabinieri.
Tale valutazione è conforma all’orientamento di questa Corte secondo il
quale per la configurabilità del tentativo rilevano non solo gli atti esecutivi veri
e propri, ma anche quegli atti che, pur classificabili come preparatori,
facciano fondatamente ritenere che l’agente, avendo definitivamente
approntato il piano criminoso in ogni dettaglio, abbia iniziato ad attuarlo, che

l’azione abbia la significativa probabilità di conseguire l’obiettivo
programmato e che il delitto sarà commesso, salvo il verificarsi di eventi non
prevedibili indipendenti dalla volontà del reo. (Cass. Sez. 2, Sentenza n.
46776 del 20/11/2012 dep. 04/12/2012 Rv. 254106. In applicazione di questo
principio, la Corte ha ritenuto che correttamente fosse stato configurato il
tentativo di rapina in un caso in cui gli agenti, in numero di tre, si erano
posizionati davanti ad un ufficio postale ed uno di essi si accingeva a
sfondare il vetro all’ingresso guidando un furgone puntato verso di esso e
rinforzato nella parte anteriore con tubi metallici).
Nello stesso senso si è espressa questa Corte affermando che hanno
rilievo, nell’ambito della fattispecie di tentativo, non solo gli atti esecutivi veri
e propri, ma anche quegli atti che, pur classificabili come preparatori, per le
circostanze concrete facciano fondatamente ritenere che l’azione abbia la
rilevante probabilità di conseguire l’obbiettivo programmato e che l’agente si
trovi ormai ad un punto di non ritorno nella realizzazione del delitto, e che
esso sarà commesso a meno che non risultino percepibili incognite che
pongano in dubbio tale eventualità, dovendosi, a tal fine, escludere solo
quegli eventi imprevedibili non dipendenti dalla volontà del soggetto agente.
(Cass. Sez. 2, Sentenza n. 36536 del 21/09/2011 dep. 11/10/2011 Rv.
251145)
La desistenza dall’azione delittuosa può ritenersi volontaria quando la
prosecuzione non sia impedita da fattori esterni che renderebbero
estremamente improbabile il successo di essa, e la scelta di desistere sia,
pertanto, operata liberamente. (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 32145 del
24/06/2010 dep. 20/08/2010 Rv. 248183. Fattispecie nella quale è stata
esclusa la volontarietà della desistenza perché l’uso di telecamere, installate
in prossimità dell’esercizio commerciale in danno del cui titolare doveva
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essere esercitata un’attività estorsiva, rendeva estremamente rischioso il
proseguimento dell’attività).
Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deliberato in data 3.12.2013.

P.Q.M.

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