Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50953 del 03/12/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 50953 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: PRESTIPINO ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1.De Finis Antonio n. il 16.3.1991
2. Andolfi Fabiano n. il 5.9.1985
avverso la SENTENZA della Corte di Appello di Bari
del 7.11.2012
udita la relazione del consigliere dr. Antonio Prestipino
sentito il Procuratore Generale, in persona del dr. Eduardo Scardaccione, che ha concluso per il
rigetto del ricorso. Sentita, per il De Finis, l’avvocatessa Geraldine Florence Pagano, del foro di
Roma, in sostituzione dell’avv. Filippo Castellaneta, che ha concluso per l’accoglimento del
ricorso.

Data Udienza: 03/12/2013

In fatto e in diritto
Hanno proposto ricorso per cassazione De Finis Antonio e Andolfi Fabiano, avverso la sentenza della Corte di
Appello di Bari del 7.11.2012 che confermò la sentenza di condanna pronunciata nei loro confronti dal locale
tribunale il 17.11.2011, all’esito di giudizio abbreviato, per i reati di rapina aggravata e altro.
Deduce il De Finis, con un unico motivo, il vizio di violazione di legge ex art. 606 lett. b) c.p.p., in relazione
all’art. 178 co 1 lett. b) e all’art. 605 co 1 c.p.p.
Lamenta in concreto, il ricorrente, la mancata citazione, per il giudizio di appello, di uno dei suoi due
difensori di fiducia, l’aw. Mauro Todisco, nominato dopo la conclusione del giudizio di primo grado in
aggiunta all’avv. Filippo Castellaneta. Il De Finis ha depositato motivi aggiunti con i quali sostiene che in
realtà aveva nominato per l’appello esclusivamente l’avv. Castellaneta e non anche l’aw. Mauro Todisco.
A sua volta il Pandolfi deduce il vizio di violazione di legge e il difetto di motivazione della sentenza, ai sensi
del ‘art. 606 lett. c) ed e) c.p.p., in relazione alla mancata rilevazione della nullità del giudizio di appello per
la sua mancata traduzione in udienza, per quanto sollecitata via fax dagli uffici della Casa Circondariale di
Foggia.
In subordine, rileva l’illegittima valorizzazione nei suoi confronti degli atti di riconoscimento effettuati dalle
persone offese, sia per la mancanza agli atti dell’originale del verbale di individuazione fotografica, acquisito
soltanto in fotocopia in bianco e nero, che per l’esito dei riconoscimenti che a suo dire “non avevano affatto
dato esito positivo”.
I ricorsi sono infondati.
Quanto alle censure di legittimità del De Finis, nel ricorso principale lo stesso ricorrente ricorda di avere
adibito per il giudizio di appello due difensori di fiducia. La mancata citazione di uno solo di essi
comporterebbe quindi una nullità soltanto relativa, che avrebbe dovuto essere fatta valere davanti alla Corte
territoriale, mentre nemmeno il ricorrente deduce che l’eccezione sia stata tempestivamente sollevata. I
motivi aggiunti modificano confusamente il quadro delle nomine defensionali, con l’indicazione dell’aw.
Castellaneta come unico difensore nel giudizio di appello. Non solo, però, dal fax della casa circondariale di
Trani prodotto dalla difesa risulta soltanto la volontà di impugnazione del ricorrente e comunque non si
evince la revoca di nomine precedenti (né la deduce il ricorrente, che si limita a rilevare che sarebbe
desumibile piuttosto la conferma dell’aw. Castellaneta), ma nel ricorso principale si sottolinea che l’aw.
Castellaneta aveva regolarmente ricevuto l’avviso per il giudizio di appello, senza che il ricorrente abbia
corretto l’indicazione.
Le deduzioni dell’Andolfi sulla sua mancata traduzione all’udienza di appello, sono prive di riferimenti
processuali, assertive e non documentate; in punto di responsabilità, non tengono conto della circostanza
che la sua identificazione come concorrente nella rapina è più che logicamente affermata dai giudici di
merito essenzialmente sulla base del controllo di polizia effettuato nei confronti di entrambi i ricorrenti subito
dopo il fatto, quando entrambi vennero sorpresi a bordo della Mercedes sottratta alla persona offesa e
tentarono la fuga .
Alla stregua delle precedenti considerazioni i ricorsi devono essere rigettati, con la condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso ir Roma, nella camera di consiglio, il 3.12.2013

k

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