Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50952 del 26/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 50952 Anno 2013
Presidente: CASUCCI GIULIANO
Relatore: GALLO DOMENICO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da
Telli Daniele Guglielmo, nato a Reggio Calabria il 15/4/1974
avverso la sentenza 23/1/2013 della Corte d’appello di Reggio Calabria
sezione penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenico Gallo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Luigi Riello, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza in data 23/1/2013, la Corte di appello di Reggio

Calabria, confermava la sentenza del Tribunale della medesima città, in data
10/11/2008, che aveva condannato Telli Daniele Guglielmo alla pena di anni
due e mesi sei di reclusione ed €. 3.000,00 di multa per il reato di
ricettazione di un assegno bancario provento di furto.

2.

La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello,

1

Data Udienza: 26/11/2013

P

in punto di sussistenza dell’elemento soggettivo, e confermava le statuizioni
del primo giudice, ritenendo accertata la penale responsabilità
dell’imputato in ordine ai reati a lui ascritti, ed equa la pena inflitta

3.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato per mezzo del suo

difensore di fiducia, sollevando quattro motivi di gravame.
Con il primo motivo deduce mancanza di motivazione per non avere la

difensive sollevate con l’atto d’appello.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge per avere i giudici di
merito ritenuto sussistente l’elemento soggettivo del reato.
Con il terzo motivo deduce violazione del principio della colpevolezza al di
là di ogni ragionevole dubbio.
Con il terzo motivo deduce la mancata assunzione di una prova decisiva per
non avere i giudici di merito ammesso l’esame testimoniale di Avellone
Vittorio, soggetto che – in tesi della difesa – avrebbe consegnato l’assegno
in questione all’imputato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Il ricorso è fondato.

2.

In punto di diritto è pacifico che la sussistenza dell’elemento

soggettivo nel reato di ricettazione

(vale a dire la conoscenza della

provenienza delittuosa della cosa) può desumersi da qualsiasi elemento,
anche indiretto, e quindi anche dal comportamento dell’imputato e dalla
mancata – o non attendibile – indicazione della provenienza della cosa
ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento,
logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede (Cass. Sez. 2^,
27.2/13.3.1997, n. 2436, Rv.207313; conf. Sez. 2, Sentenza n. 25756 del
11/06/2008 Ud. (dep. 25/06/2008 ) Rv. 241458; Sez. 2, Sentenza n.
29198 del 25/05/2010 Ud. (dep. 26/07/2010) Rv. 248265).

3.

Proprio alla luce di tale indiscusso orientamento giurisprudenziale

che consente di desumere l’elemento soggettivo nel reato di ricettazione dal

sentenza impugnata fornito alcuna risposta alle specifiche doglianze

comportamento dell’imputato e dalla mancata o non attendibile indicazione
della cosa ricevuta, è onere del giudicante, qualora l’imputato fornisca una
giustificazione del possesso del titolo, che non appaia a prima vista
implausibile, verificare in concreto la fondatezza della giustificazione fornita
nel contesto del comportamento tenuto dall’agente.

4.

Nel caso di specie la Corte non ha minimamente preso in

comportamento dell’imputato, che ha versato l’assegno provento di furto sul
suo conto corrente postale, ed ha respinto la giustificazione fornita dal Telli
in ordine alla provenienza del titolo senza effettuarne un reale controllo.
L’imputato, infatti, ha fornito una specifica giustificazione della provenienza
del titolo, dichiarando di aver ricevuto l’assegno in questione da tale
Avallone Antonio, soggetto del quale ha indicato le generalità, che risulta
apparentemente aver apposto la firma di traenza sul titolo. Pertanto la
sentenza impugnata è affetta da un palese vizio di illogicità avendo
giudicato inverosimile la giustificazione fornita dall’imputato sulla base di
una debole massima di esperienza (secondo cui un rivenditore commerciale
di vernici non può sparire da un giorno all’altro), pur potendo facilmente
verificare se Avallone Antonio sia soggetto effettivamente esistente e
disporne la citazione come teste. In tal modo la sentenza risulta viziata
anche ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. d) per mancata assunzione di
una prova decisiva. Non può dubitarsi, infatti, che la verifica della
giustificazione fornita dall’imputato costituisca prova decisiva ai fini della
sussistenza dell’elemento soggettivo del reato.

5.

Di conseguenza si impone l’annullamento della sentenza impugnata

con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Reggio Calabria che nel
nuovo giudizio si atterrà al principio di diritto sopra delineato.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte
d’appello di Reggio Calabria per nuovo giudizio.
Così deciso, il 26 novembre 2013
Il Consigliere estensore

Il Presidente

considerazione, ai fini della valutazione dell’elemento soggettivo, il

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