Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50951 del 26/11/2013
Penale Sent. Sez. 2 Num. 50951 Anno 2013
Presidente: CASUCCI GIULIANO
Relatore: GALLO DOMENICO
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Sirufo Giuseppe, nato a Paola il 5/4/1983,
avverso la sentenza 26/9/2012 della Corte d’appello di Catanzaro, I sezione
penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenico Gallo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Luigi Riello, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.
Con sentenza in data 26/9/2012, la Corte di appello di Catanzaro,
confermava la sentenza del Tribunale di Paola, in data 21/12/2011, che
aveva condannato Sirufo Giuseppe alla pena di anni tre di reclusione ed €.
450,00 di multa, per il reato di tentativo di estorsione aggravato dal
metodo mafioso, in concorso con Serpa Salvatore.
2.
La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello,
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Data Udienza: 26/11/2013
e confermava le statuizioni del primo giudice, ritenendo accertata la penale
responsabilità degli imputati in ordine ai reati loro ascritti, ed equa la pena
inflitta.
3.
Avverso tale sentenza propone ricorso Sirifo Giuseppe per mezzo del
suo difensore di fiducia, sollevando due motivi di gravame con i quali
deduce:
Violazione di legge e vizio della motivazione, dolendosi del mancato
riconoscimento della circostanza esimente della desistenza, di cui al III
comma dell’art. 56. Al riguardo eccepisce che il prevenuto volontariamente
aveva arrestato la condotta attiva, desistendo dalla tentata estorsione.
3.2
Insussistenza dell’aggravante speciale di cui all’art. 7 L. 203/91,
dolendosi di motivazione apodittica, frutto di un intollerabile quanto odioso
pregiudizio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.
Il ricorso è infondato
2.
Per quanto riguarda il primo motivo, le censure del ricorrente sono
infondate in quanto la Corte d’appello ha specificamente motivato
sull’inesistenza dei presupposti della desistenza con osservazioni in fatto
pienamente coerenti con i principi di diritto ripetutamente affermati da
questa Corte. Nel caso di specie la Corte d’appello ha escluso, in fatto, che
la condotta dell’agente si sia arrestata prima del completamento dell’azione
esecutiva. Orbene non v’è dubbio che non sia configurabile la desistenza
quando gli atti posti in essere integrano già gli estremi del tentativo (Cass.
Sez. 1, Sentenza n. 43036 del 23/10/2012 Ud. (dep. 07/11/2012 ) Rv.
253616). Del resto la volontarietà della desistenza non coincide con la
semplice cessazione delle richieste estorsive, quando queste non siano
andate a buon fine per il rifiuto opposto dalla vittima o quando la vittima,
come nel caso di specie, si sia rivolta alle forze dell’ordine per stroncare il
tentativo di estorsione (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 18385 del 05/04/2013
Ud. (dep. 24/04/2013) Rv. 255919).
3.
Ugualmente infondate sono le censure in punto di applicazione
dell’aggravante speciale di cui all’art. 7 L. 203/1991. Secondo
3.1
l’insegnamento di questa Corte, infatti, la circostanza aggravante prevista
dall’art. 7 D.L. 13 maggio 1991 n. 152, convertito in legge 12 luglio 1991 n.
203 (aver commesso il fatto avvalendosi delle condizioni previste dall’art.
416-bis cod. pen. ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni
previste dallo stesso articolo) è legittimamente desumibile di per sé, sul
piano indiziario, dalla appartenenza degli autori del fatto ad un sodalizio di
stampo camorristico, salvo che non ricorrano elementi indicativi della
(Cass. Sez. 2, Sentenza n. 47404 del 30/11/2011 Cc. (dep. 21/12/2011 )
Rv. 251607 ). Nel caso di specie la Corte territoriale correttamente ha
applicato l’aggravante in parola, osservando che il metodo mafioso si
desume da <
4.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso, il 26 novembre 2013
Il Consigliere estensore
Il Presidente
riconducibilità degli episodi ad un alveo “intimidatorio” di tutt’altra natura