Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50949 del 13/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 50949 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: GALLO DOMENICO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da
Tafuri Maurizio, nato a Palermo il 17/2/1959
Carra Antonino, nato a Palermo l’ 8/9/1959
avverso la sentenza 1/10/2012 della Corte d’appello di Palermo, II sezione
penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenico Gallo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Luigi Riello, che ha concluso per il rigetto del ricorso del Tafuri e
l’inammissibilità del ricorso del Carra. Non si oppone all’acquisizione della
sentenza Gup di Torino ex art. 238 bis cod. proc. pen.;
udito per entrambi i ricorrenti, l’avv. Salvatore Modica, che ha concluso per
l’accoglimento dei ricorsi, depositando sentenza Gup di Torino emessa in
data 14/11/2012;

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza in data 1/10/2012, la Corte di appello di Palermo, in

1

Data Udienza: 13/11/2013

I

parziale riforma della sentenza del Gup presso il Tribunale di Palermo, in
data 3/7/2009, dichiarato prescritto il reato di truffa, rideterminava in anni
due, mesi nove di reclusione ed C. 700,00 di multa la pena inflitta a Tafuri
Maurizio per il reato di riciclaggio e rideterminava in anni tre e mesi quattro
di reclusione la pena inflitta a Carra Antonino per il reato di bancarotta
fraudolenta.

Tafuri Maurizio veniva riconosciuto colpevole del reato di riciclaggio

perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso,
sostituiva con denaro contante assegni bancari e circolari provenienti da
delitto non colposo ed almeno sette assegni (dell’importo complessivo di
C.83.569,69) dal reato di usura commesso da Morreale Giuseppe, cambiando
tali titoli presso l’apposita cassa del “Casino de la Vallée” di Saint Vincent in
modo da ostacolarne l’identificazione della provenienza delittuosa.
3.

Carra Antonino veniva riconosciuto colpevole del reato di bancarotta

fraudolenta perché, essendo stato dichiarato fallito, nella qualità di titolare
della ditta individuale “Autotrasporti Carra Antonino”, distraeva, occultava o
dissimulava i beni dell’azienda, trasferendoli fittiziamente alla società “New
Line transport s.r.l.” di cui lui stesso era titolare occulto e dissipava in parte il
patrimonio aziendale, contraendo debiti per dedicarsi all’attività di gioco
d’azzardo.

3.

Avverso tale sentenza propongono ricorso entrambi gli imputati per

mezzo dei rispettivi difensori di fiducia.
4.

Tafuri Maurizio deduce violazione di legge in relazione all’art. 648 bis

cod. pen. e vizio della motivazione.
4.1

Sotto il primo profilo deduce che le sentenze di merito hanno

omesso di affrontare la tematica inerente alla prova logica della
provenienza illecita del denaro ed eccepisce che agli stessi inquirenti
risultava ignoto il momento genetico dell’illecito arricchimento del Morreale
nel senso che il denaro poteva provenire o da attività delittuosa (usura) o
dal gioco d’azzardo. In quest’ultima ipotesi non sarebbe ipotizzabile il reato
di riciclaggio, essendo il gioco d’azzardo un reato di natura
contravvenzionale, né le sentenze hanno indicato elementi concreti per
dedurre che il denaro derivasse dal delitto di usura.
4.2

Sotto il secondo profilo si duole di motivazione mancante e

2.

contraddittoria in ordine alle ragioni che avevano guidato il comportamento
del Tafuri il quale, fin dal primo momento, aveva dichiarato che gli assegni
gli venivano versati al fine di “ottenere l’ospitalità” cioè di poter usufruire
del vitto e dell’alloggio offerti dal Casino de la Vallée a fronte del
versamento di una somma di denaro, pari ad €.10.000, che ogni giocatore
doveva versare per ottenere per usufruire del benefit. Eccepisce che nelle
sentenza di merito manca ogni motivazione in ordine all’origine del denaro

tale origine nella sfera psicologica dell’imputato. Osserva, inoltre, che il
Morreale per cinque anni, dal 1996 al 2001 aveva giocato versando
centinaia di milioni al Casinò de la Vallée, in particolare emettendo 47
vaglia cambiari in favore della casa da gioco valdostana, con fondi tratti dal
suo c/c acceso presso la banca di Sicilia, senza che nessuna accusa di
riciclaggio venisse elevata nei suoi confronti. Di conseguenza il Morreale
non aveva bisogno del Tafuri per effettuare operazioni illecite e, del resto,
eccepisce la difesa, che non esiste una sola intercettazione ambientale o
telefonica da cui emergano accordi fra il Tafuri ed il Morreale in ordine a
presunte attività illecite da perpetrare. Si duole, inoltre, del pretermesso
esame della telefonata intercorsa fra Maiorana e Duroux, in assoluta
distonia con la tesi del riciclaggio. In essa il Duroux, responsabile
dell’ufficio cassa ed assegni del Casinò contesta al suo interlocutore che vi
sono dei soggetti che attraverso un trucco, avvalendosi della collaborazione
della moglie, riescono a cambiare due volte la stessa somma di 10.000
euro, facendo figurare di avere cambiato 20.000 euro. In conclusione
osserva che i titoli di credito che il Tafuri ha versato alle Casse del Casinò
sono tratti dal c/c acceso dal Morreale presso il banco di Sardegna ed
eccepisce che il denaro non proveniva da delitto in quanto proveniva
dall’Istituto di credito e che non sussiste alcuna certezza in ordine alla
genesi dei guadagni del Morreale e che il Tafuri fosse a conoscenza della
provenienza illecita di tale denaro.
Successivamente la difesa del Tafuri ha depositato istanza chiedendo
l’acquisizione, ex art. 238 bis cod. proc. pen. della sentenza 14/11/2012
del Gup di Torino emessa nei confronti dei coimputati del medesimo reato
ascritto al Tafuri, giudicati separatamente ed all’odierna udienza la
sentenza è stata acquisita.
5.

Carra Antonino deduce violazione di legge in relazione al delitto di

bancarotta fraudolenta e vizio della motivazione. Al riguardo contesta che

3

in possesso del Morreale in uno alla consapevolezza della conoscenza di

sussistano gli estremi della condotta punibile in ordine alla vendita del
patrimonio sociale allo scopo di ripianare i debiti dell’azienda in difficoltà ed
eccepisce che non vi sono prove che egli abbia dissipato una parte del
patrimonio recandosi presso un casinò negli anni antecedenti la
dichiarazione di fallimento. Si duole, inoltre, della mancata concessione

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Tafuri Maurizio. In punto di fatto la sentenza appellata ha evidenziato

che Morreale Giuseppe ed i suoi familiari avevano movimentato in assegni e
contanti, fra il 1996 ed il 2002 oltre 2 milioni di euro ed emergeva che lo
stesso Morreale aveva negoziato presso il Casinò di Saint Vincent, dal 2002
al 2004, assegni per un importo rilevante. Osserva la Corte territoriale che:
«i proventi usurari sono stati impiegati dal Morreale per emettere
centinaia di assegni bancari sui propri conti correnti ed ottenere assegni
circolari in favore della società che gestiva il Casinò de la Vallée di Saint
Vincent, ove i suddetti titoli venivano scambiati da un gruppo di soggetti
facenti capo allo stesso Morreale ed a Maiorana Michele, porteur presso il
Casinò (per un importo complessivo fra il febbraio 1997 e l’agosto 2002 pari
ad oltre 2 milioni di euro)>>. Tali assegni venivano consegnati dal Morreale
o per il tramite di Maiorana ad un gruppo di abituali frequentatori che,
facendo finta di giocare, li cambiavano in fiche, che poi venivano
monetizzate. Dalle indagini bancarie emergeva che il Tafuri aveva negoziato
presso il Casinò di Saint Vincent 7 assegni per un importo di complessivi
€.83.569,69, provenienti dal Morreale, emessi fra il 16 luglio 2001 ed il
31/12/2003. La Corte trova conferma del fatto che anche il Tafuri
partecipasse all’attività di riciclaggio da una conversazione fra il Morreale ed
il Maiorana, intercettata il 12/2/2004 alle h. 17,50, confutando
esplicitamente la diversa lettura di tale conversazione proposta dalla difesa.
La Corte quindi rileva che il Tafuri ha sostanzialmente riconosciuto la
condotta materiale contestata

«ammettendo che, prima di iniziare a

giocare, egli “restituiva la somma del valore dell’assegno circolare in fiches”
>> aggiungendo che gli assegni circolari negoziati al Casinò, oggetto di
contestazione, gli venivano consegnati direttamente dal Morreale o
attraverso il Maiorana.

delle attenuanti generiche.

2.

In punto di diritto occorre rilevare che la sentenza appellata e quella

di appello, quando non vi è difformità sulle conclusioni raggiunte, si
integrano vicendevolmente, formando un tutto organico ed inscindibile, una
sola entità logico- giuridica, alla quale occorre fare riferimento per giudicare
della congruità della motivazione. Pertanto, il giudice di appello, in caso di
pronuncia conforme a quella appellata, può limitarsi a rinviare per

oggetto di specifiche censure (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4827 del
28/4/1994 (ud. 18/3/1994) Rv. 198613, Lo Parco; Sez. 6, Sentenza n.
11421 del 25/11/1995 (ud. 29/9/1995), Rv. 203073, Baldini). Inoltre, la
giurisprudenza di questa Suprema Corte ritiene che non possano giustificare
l’annullamento minime incongruenze argomentative o l’omessa esposizione
di elementi di valutazione che, ad avviso della parte, avrebbero potuto dar
luogo ad una diversa decisione, sempreché tali elementi non siano muniti di
un chiaro e inequivocabile carattere di decisività e non risultino, di per sè,
obiettivamente e intrinsecamente idonei a determinare una diversa
decisione. In argomento, si è spiegato che non costituisce vizio della
motivazione qualsiasi omissione concernente l’analisi di determinati
elementi probatori, in quanto la rilevanza dei singoli dati non può essere
accertata estrapolandoli dal contesto in cui essi sono inseriti, ma devono
essere posti a confronto con il complesso probatorio, dal momento che
soltanto una valutazione globale e una visione di insieme permettono di
verificare se essi rivestano realmente consistenza decisiva oppure se
risultino inidonei a scuotere la compattezza logica dell’impianto
argomentativo, dovendo intendersi, in quest’ultimo caso, implicitamente
confutati. (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 3751 del 23/3/2000 (ud. 15/2/2000),
Rv. 215722, Re Carlo; Sez. 5, Sentenza n. 3980 del 15/10/2003 (Ud.
23/9/2003) Rv.226230, Fabrizi; Sez. 5, Sentenza n. 7572 del 11/6/1999
(ud. 22/4/1999) Rv. 213643, Maffeis). Le posizioni della giurisprudenza di
legittimità rivelano, dunque, che non è considerata automatica causa di
annullamento la motivazione incompleta ne’ quella implicita quando
l’apparato logico relativo agli elementi probatori ritenuti rilevanti costituisca
diretta ed inequivoca confutazione degli elementi non menzionati, a meno
che questi presentino determinante efficienza e concludenza probatoria,
tanto da giustificare, di per sè, una differente ricostruzione del fatto e da
ribaltare gli esiti della valutazione delle prove.

5

relationem a quest’ultima sia nella ricostruzione del fatto sia nelle parti non

3.

In applicazione di tali principi, può osservarsi che la sentenza di

secondo grado recepisce in modo critico e valutativo la sentenza di primo
grado, correttamente limitandosi a ripercorrere e ad approfondire alcuni
aspetti del complesso probatorio oggetto di valutazione critica da parte della
difesa, omettendo, in modo del tutto legittimo in applicazione dei principi
sopra enunciati, di esaminare quelle doglianze degli atti di appello che

4.

In particolare non può riconoscersi alcun vizio di motivazione nel

pretermesso esame della conversazione intercettata fra il Maiorana ed il
Duroux del 4/3/2004. Tale conversazione attiene a delle doglianze del
Duroux nei confronti del Maiorana per il comportamento di alcuni giocatori
che duplicavano artificiosamente il versamento di C.10.000, in tal modo
scroccando al Casinò un beneficio doppio. In tale conversazione non
compare il Tafuri e non compaiono elementi contraddittori a quanto dal
Tafuri stesso dichiarato, vale a dire che egli restituiva in fichesil valore degli
assegni ricevuti dal Morreale. In realtà l’intercettazione richiamata dalla
difesa ricorrente non assume il carattere di determinante efficienza e
concludenza probatoria, tale da giustificare, di per sè, una differente
ricostruzione del fatto e da ribaltare gli esiti della valutazione delle prove. Di
conseguenza nessuna censura può essere mossa alla sentenza impugnata
per aver pretermesso tale elemento.

5.

Per quanto riguarda gli elementi costitutivi del delitto di riciclaggio,

sono destituite di fondamento le censure difensive in punto di mancata
prova del delitto presupposto, vale a dire il fatto che gli assegni provenienti
dal Morreale fossero frutto di una illecita locupletazione derivante da attività
delittuose. Secondo la giurisprudenza di questa Corte per integrare il delitto
di riciclaggio non è necessaria una prova specifica della provenienza del
denaro da delitto, essendo sufficiente anche una prova logica. Infatti questa
Corte ha statuito che, ai fini della configurabilità del reato di riciclaggio non
si richiede l’accertamento giudiziale del delitto presupposto, né dei suoi
autori, né dell’esatta tipologia di esso, essendo sufficiente che sia raggiunta
la prova logica della provenienza illecita delle utilità oggetto delle operazioni
compiute (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 36940 del 21/05/2008 Cc. (dep.
26/09/2008 ) Rv. 241581); ed ancora: ai fini della configurabilità del reato

6

avevano già trovato risposta esaustiva nella sentenza del primo giudice.

di riciclaggio non si richiede l’esatta individuazione e l’accertamento
giudiziale del delitto presupposto, essendo sufficiente che lo stesso risulti,
alla stregua degli elementi di fatto acquisiti ed interpretati secondo logica,
almeno astrattamente configurabile (Cass. Sez. 6, Sentenza n. 495 del
15/10/2008 Cc. (dep. 09/01/2009 ) Rv. 242374); ed ancora:l’affermazione
di responsabilità per il delitto di riciclaggio non richiede l’accertamento
dell’esatta tipologia del delitto non colposo presupposto e, in particolare, la

logica della provenienza delittuosa delle utilità oggetto delle operazioni
compiute, anche se il delitto presupposto sia delineato per sommi capi
quanto alle esatte modalità di commissione (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 546
del 07/01/2011 Ud. (dep. 11/01/2011 ) Rv. 249444).

6.

Nel caso di specie la Corte territoriale ha rilevato che: <

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