Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50941 del 28/11/2013
Penale Sent. Sez. 3 Num. 50941 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: GRAZIOSI CHIARA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
TIOZZO NADIA “PEZZOLI” N. IL 21/07/1944
avverso la sentenza n. 100140/2007 TRIB.SEZ.DIST. di CHIOGGIA,
del 17/01/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI
Udito il Procuratore Generale in persona del DottA.
che ha concluso per
Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.
Data Udienza: 28/11/2013
16744/2013
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 17 gennaio 2012 il Tribunale di Venezia, sezione distaccata di Chioggia,
condannava Tiozzo Nadia alla pena di C 13.000 di ammenda e al risarcimento dei danni alla
parte civile per il reato di cui agli articoli 51, comma 1, lettera a), d.lgs. 22/1997 e 256,
comma 1, d.lgs. 152/2006, per avere gestito senza autorizzazione attività di stoccaggio e
recupero di rifiuti da demolizione.
2. Ha presentato appello alla Corte d’appello di Venezia il difensore adducendo che il
Maffei – in rifiuti, ma tutt’al più in sottoprodotto, e che comunque non era stato abbandonato
avendo l’imputata intenzione di rivenderlo. Assumeva altresì l’assenza di prova del danno alla
parte civile. Convertita l’impugnazione in ricorso, gli atti sono stati trasmessi a questa
Suprema Corte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è infondato f tA4-~1.0-1.(-.PAA-GtAtje Come emerge già dalla sintesi appena tracciata del suo contenuto, questo sarebbe stato, in
effetti, compatibile con l’appello, trattandosi sostanzialmente di contestazioni sugli esiti
probatori, che esigono una cognizione di merito preclusa al giudice di legittimità. Viene chiesto
infatti di accertare la natura del materiale che era stato riversato nell’area – che secondo la
ricorrente sarebbe stato da ricondurre alla categoria del sottoprodotto – nonché le intenzioni
della imputata di non abbandonarlo, bensì di rivenderlo. Altresì viene richiesto di accertare che
non sarebbe stato esistente alcun danno alla parte civile.
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile
(il che impedisce, non consentendo il formarsi di un valido rapporto processuale di
impugnazione, di valutare la presenza di eventuali cause di non punibilità ex articolo 129
c.p.p.: S.U. 22 novembre 2000 n. 32, De Luca; in particolare, l’estinzione del reato per
prescrizione è rilevabile d’ufficio a condizione che il ricorso sia idoneo a introdurre un nuovo
materiale in questione non consisteva – tenuto conto anche delle dichiarazioni del testimone
grado di giudizio, cioè non risulti affetto da inammissibilità originaria come invece si è
verificato nel caso de quo: ex multis v. pure S.U. 11 novembre 1994-11 febbraio 1995 n.21,
Cresci; S.U. 3 novembre 1998 n. 11493, Verga; S.U. 22 giugno 2005 n. 23428, Bracale; Cass.
sez. III, 10 novembre 2009 n. 42839, Imperato Franca), con conseguente condanna della
ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale emessa in data 13 giugno 2000,
n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza
“versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che la
ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1000,00 in favore della Cassa
delle ammende.
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P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di €1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Il Consigliere Estensore
Così deciso in Roma il 28 novembre 2013