Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50940 del 28/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 50940 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BOSCOLO DANILO “GALLO” N. IL 27/02/1941
avverso la sentenza n. 100139/2007 TRIB.SEZ.DIST. di CHIOGGIA,
del 17/01/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI
Udito il Procuratore Generale
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 28/11/2013

16742/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 17 gennaio 2012 il Tribunale di Venezia, sezione distaccata di Chioggia,
condannava Boscolo Danilo alla pena di € 11.000 di ammenda e al risarcimento dei danni alla
parte civile per il reato di cui agli articoli 51, comma 1, lettera a), d.lgs. 22/1997 e 256,
comma 1, d.lgs. 152/2006, per avere scaricato senza autorizzazione, nell’area di proprietà di
una Srl di cui era legale rappresentante, diciotto tonnellate di rifiuti da demolizione.
2. Ha presentato appello alla Corte d’appello di Venezia il difensore adducendo che dalle

materiale non consisteva in rifiuti, ma tutt’al più in sottoprodotto, e che comunque non era
stato abbandonato essendo intenzione dell’imputato di riutilizzarlo nella costruzione di una
rampa. Assumeva altresì l’assenza di prova del danno alla parte civile. Convertita
l’impugnazione in ricorso, gli atti sono stati trasmessi a questa Suprema Corte.
CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è infondato u4.1A44:ke-r 1–0.-txte.(4.d •
(

prove raccolte (in particolare dalle dichiarazione dei testi Regine e Tiozzo) risulterebbe che il

J

Come emerge già dalla sintesi appena tracciata del suo contenuto, questo sarebbe stato, in
effetti, compatibile con l’appello, trattandosi unicamente di contestazioni sugli esiti probatori,

che esigono una cognizione di merito preclusa al giudice di legittimità. Viene chiesto infatti di
accertare la natura del materiale che era stato riversato nell’area, nonché le intenzioni – di
riutilizzazione anziché di abbandono – dell’imputato riguardo al materiale suddetto. Altresì
viene richiesto di accertare che non sarebbe stato esistente alcun danno alla parte civile.
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile
(il che impedisce, non consentendo il formarsi di un valido rapporto processuale di
impugnazione, di valutare la presenza di eventuali cause di non punibilità ex articolo 129
c.p.p.: S.U. 22 novembre 2000 n. 32, De Luca; in particolare, l’estinzione del reato per
prescrizione è rilevabile d’ufficio a condizione che il ricorso sia idoneo a introdurre un nuovo
grado di giudizio, cioè non risulti affetto da inammissibilità originaria come invece si è
verificato nel caso de quo: ex multis v. pure S.U. 11 novembre 1994-11 febbraio 1995 n.21,
Cresci; S.U. 3 novembre 1998 n. 11493, Verga; S.U. 22 giugno 2005 n. 23428, Bracale; Cass.
sez. III, 10 novembre 2009 n. 42839, Imperato Franca), con conseguente condanna del
ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale emessa in data 13 giugno 2000,
n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza
“versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il
ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1000,00 in favore della Cassa
delle ammende.

5

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di €1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma il 28 novembre 2013

Il Consigliere Estensore

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