Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50936 del 28/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 50936 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

Data Udienza: 28/11/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RICCIO GIUSEPPE N. IL 11/05/1959
avverso la sentenza n. 9691/2010 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
02/05/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI
Udito il Procuratore Geperale in persona del Dott.
che ha concluso per ek

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

DÌ,

RITENUTO IN FATTO

13434/2013

1. Con sentenza del 2 maggio 2012 la Corte d’appello di Napoli, a seguito di appello proposto
da Riccio Giuseppe avverso sentenza del 16 luglio 2008 con cui il Tribunale di Napoli lo aveva
condannato per associazione a delinquere e per reati di contrabbando alla pena di anni due e
mesi sei di reclusione, dichiarava estinti per prescrizione i reati di contrabbando,
rideterminando la pena per il reato ex articolo 416 c.p. in anni due e mesi due di reclusione.
2. Ha presentato ricorso il difensore adducendo due motivi. Il primo denuncia violazione

reati di contrabbando dal gennaio 2001, ma ciò deve valere anche per il reato di associazione a
delinquere, non potendosi addurre il carattere permanente perché la condotta partecipativa si
è concretizzata ed esaurita nei reati-fine. Il secondo denuncia violazione degli articoli 133 e 62
bis c.p., perché una più corretta interpretazione conduce a sanzione più congrua tenendo conto
anche della risalenza dei precedenti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è infondato w-è-14.:
Il primo motivo è chiaramente fattuale, perché si basa sull’asserto che la partecipazione con
cui l’imputato avrebbe contribuito al reato ex articolo 416 c.p. si sarebbe limitata
esclusivamente al porre in essere le condotte di contrabbando. Anche a prescindere da tale
conformazione fattuale, poi, non può non rilevarsi l’illogicità intrinseca della doglianza, poiché,
se effettivamente – come il ricorrente prospetta – l’attività criminosa dell’imputato fosse
consistita soltanto nei reati di contrabbando, sarebbero stati sussistenti solo questi, e quindi
non come reati-fine, ma come unici reati ascrivibili all’imputato, che non avrebbe pertanto
commesso alcunché riconducibile all’articolo 416 c.p. L’imputazione del reato che, secondo la
doglianza, sarebbe estinto per prescrizione, peraltro, è inequivocamente descrittiva di una
condotta permanente e dunque non identificabile, né sotto l’aspetto del contenuto né sotto
l’aspetto puramente cronologico, con quella dei reati-fine (“nell’anno 2000 con condotta tuttora
perdurante”). Da ogni punto di vista, in conclusione, il motivo è privo di consistenza.
Il secondo motivo è anch’esso di natura fattuale, in quanto richiede al giudice di legittimità
una diversa valutazione dosimetrica per ottenere una sanzione ad avviso del ricorrente più
congrua; e alla natura fattuale si affianca una evidente genericità, limitandosi il ricorrente a
chiedere “un trattamento sanzionatorio più congruo ed adeguato alla concreta entità del fatto
nonché alla personalità dell’assistito “, neppure indicando le concrete dimensioni della pena che
a suo avviso la renderebbero più adeguata.
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile (il
che impedisce, non consentendo il formarsi di un valido rapporto processuale di impugnazione,
di valutare la presenza di eventuali cause di non punibilità ex articolo 129 c.p.p.: S.U. 22

dell’articolo 157 c.p. e vizio motivazionale: la sentenza impugnata ha dichiarato prescritti i

novembre 2000 n. 32, De Luca; in particolare, l’estinzione del reato per prescrizione è
rilevabile d’ufficio a condizione che il ricorso sia idoneo a introdurre un nuovo grado di giudizio,
cioè non risulti affetto da inammissibilità originaria come invece si è verificato nel caso de quo:

ex multis v. pure S.U. 11 novembre 1994-11 febbraio 1995 n.21, Cresci; S.U. 3 novembre
1998 n. 11493, Verga; S.U. 22 giugno 2005 n. 23428, Bracale; Cass. sez. III, 10 novembre
2009 n. 42839, Imperato Franca), con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi
dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio. Tenuto, poi, conto
della sentenza della Corte costituzionale emessa in data 13 giugno 2000, n.186, e considerato

determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma,
determinata in via equitativa, di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di €1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma il 28 novembre 2013

Il Consiglier Estensore

Il Pr i. nte

che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella

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