Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50921 del 27/11/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 50921 Anno 2013
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI LIETO SALVATORE N. IL 06/08/1977
avverso l’ordinanza n. 6863/2011 TRIB. SORVEGLIANZA di
MILANO, del 14/11/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. -p’tog
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Uditi dife or Avv.;

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Data Udienza: 27/11/2013

Ritenuto in fatto

1.Con ordinanza resa il 14 novembre 2012 il Tribunale di Sorveglianza di
Milano, rigettava le istanze, avanzate dal condannato Salvatore Di Lieto di
ammissione ai benefici penitenziari dell’affidamento in prova, della semilibertà e
della detenzione domiciliare, rilevando che dagli atti acquisiti e dalla relazione di
sintesi non era dato evincere la formulazione di valutazioni positive in ordine alla
sussistenza dei presupposti per l’accesso a misure alternative o ai permessi premio,

detenuto con la detenzione carceraria.
2.Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso l’interessato a mezzo del
suo difensore, il quale lamenta l’omessa e manifesta illogicità della motivazione in
relazione al rigetto della richiesta di concessione dell’affidamento in prova e della
semilibertà: la decisione impugnata contiene il riferimento alla mancata proposta,
da parte degli operatori penitenziari, di ammissione del Di Lieto ad alcun beneficio
senza procedere ad un’autonoma valutazione dei presupposti applicativi dei relativi
istituti, senza considerare la concreta offerta di lavoro da parte di uno studio legale
di Salerno e con l’assegnazione alla relazione di sintesi di un valore che le norme di
legge non prevedono.
3.Con requisitoria scritta depositata il 4 luglio 2013 il Procuratore della
Repubblica presso la Corte di Cassazione, dr. Enrico Delehaye, ha chiesto
dichiararsi inammissibile il ricorso.
4. In data 16 ottobre 2013 l’interessato ha fatto pervenire alla cancelleria di
questa Corte una memoria, con la quale ha illustrato i motivi di gravame,
sostenendo che dalla stessa relazione di sintesi emergeva la sensibile attenuazione
della propria pericolosità sociale per l’attiva partecipazione all’opera rieducativa e
che comunque il Tribunale non aveva proceduto allo scioglimento del cumulo
giuridico delle pene, operazione dalla quale avrebbe potuto verificare la già
avvenuta espiazione della sanzione inflitta per il reato ostativo e l’esecuzione in
corso soltanto per reati “comuni”, che non pregiudicavano la possibilità di essere
ammessi ai benefici richiesti.

Considerato in diritto

Il ricorso è infondato e va respinto.
1.11 provvedimento impugnato è oggetto di censure con esclusivo riferimento
al diniego di ammissione ai benefici dell’affidamento in prova e della semilibertà e,
per quanto corredato da motivazione formulata in termini di estrema sintesi, non
può dirsi inficiato dall’omessa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto a
1

mentre la relazione sanitaria indicava la compatibilità delle condizioni di salute del

sostegno dell’assunta decisione. In particolare, il Tribunale ha richiamato con
funzione integrativa della propria motivazione per farne propri gli argomenti e le
conclusioni, quanto riportato nella relazione di sintesi, redatta dagli operatori
penitenziari ed indicata nei suoi elementi identificativi, quindi resa accessibile e
verificabile anche per la difesa; da tale atto era emerso come, pur prendendo in
considerazione le informazioni trasmesse dalla D.D.A. di Salerno e l’opportunità
lavorativa, con riguardo alla posizione del Di Lieto le uniche proposte che potevano
essere formulate riguardavano la declassificazione dal circuito “alta sicurezza”,

colloqui con gli operatori. In altri termini, le indicazioni e le valutazioni contenute
nella relazione di sintesi sono state recepite e fatte proprie dai giudici di merito, che
le hanno condivise, non perchè prodromiche e vincolanti per la decisione da
assumere, ma perché riassuntive dei risultati dell’osservazione, condotta nel corso
dell’esecuzione in ambito penitenziario, attestante la necessità di disporne la
protrazione e di un più approfondito esame sulla personalità del condannato e
quindi per implicito indicative dell’inopportunità dell’ammissione ai benefici richiesti,
come del resto riconosciuto anche nella memoria depositata dal ricorrente il 16
ottobre 2013.
1.1 L’impugnazione, invece, assume che nell’ordinanza sarebbe del tutto
carente l’apparato giustificativo, ma non considera la già affermata legittimità del
ricorso alla motivazione “per relationem” anche per i provvedimenti assunti dal
Tribunale di sorveglianza con riferimento a informazioni fornite dal personale dei
servizi sociali, recepite e fatte proprie dal giudice, possibilità che resta subordinata
alla condizione che il provvedimento espliciti in modo preciso la fonte delle
informazioni ricevute e gli estremi dell’atto nel quale esse sono versate, in modo da
renderle conoscibili e criticabili con l’eventuale impugnazione da parte del
destinatario della decisione (Cass. sez. 1, n. 4581 del 03/11/1993, P.G. in proc.
Maugeri, rv. 195784).
1.2 Inoltre, il ricorso si limita a censurare l’omissione di qualsiasi pronuncia da
parte dell’equipe penitenziaria e della considerazione della possibilità di svolgere un
lavoro presso uno studio legale, opportunità in realtà già valutata nella relazione di
sintesi, il che comporta la deduzione di argomenti aspecifici e quindi inammissibili.
2. Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi quanto alle deduzioni contenute
nella memoria redatta dal condannato personalmente: l’affermata attenuazione
della pericolosità sociale è stata già oggetto di valutazione allorchè si è proposta la
declassificazione del detenuto, mentre le censure all’omessa proposta di
ammissione a benefici più ampi si basano su “altri elementi idonei al superamento
delle condizioni ostative alla fruizione di misure alternative e di permesso premio”
che non sono state esplicitate, ma restano una generica affermazione priva di

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f?-.- –

l’inserimento in attività lavorativa in ambiente inframurario e la protrazione dei

contenuto. Parimenti svincolata dal percorso giustificativo dell’ordinanza in verifica
è la doglianza circa l’omesso scioglimento del cumulo giuridico: il Tribunale non ha
affatto respinto le istanze del Di Lieto in ragione del titolo dei reati per i quali questi
sta espiando pena detentiva, ma per l’incompletezza dell’osservazione e
l’insufficienza dei risultati conseguiti, richiedenti un percorso tratta-mentale da
approfondire e protrarre, oggetto di valutazione discrezionale, che ha un aggancio
dimostrativo proprio nella relazione di sintesi richiamata per “relationem”.
Per le considerazioni svolte il ricorso, siccome infondato, va respinto; ne

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 27 novembre 2013.

consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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