Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50907 del 13/11/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 50907 Anno 2013
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PELLE SALVATORE N. IL 04/12/1957
avverso l’ordinanza n. 280/2012 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 12/02/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. M ICA BONA
lette/seSite le conclusioni del PG Dott. (1( a4

Uditi difens,àr Avv.;

Data Udienza: 13/11/2013

Ritenuto in diritto

1.Con ordinanza resa il 12 febbraio 2013 la Corte di Appello di Reggio
Calabria, pronunciando quale giudice dell’esecuzione, respingeva l’istanza
proposta da Salvatore Pelle, diretta ad ottenere la sospensione dell’esecuzione
della sentenza di condanna, emessa a suo carico il 31 gennaio 2007 dalla
stessa Corte di Appello, per nullità della notificazione dell’estratto contumaciale
della sentenza e la conseguente restituzione in termini per proporre ricorso per
cassazione.
1.1 La Corte territoriale fondava la propria decisione sul rilievo della

primo grado, perché recapitatogli al suo domicilio con consegna a mani della
figlia convivente, di cui non vi era prova dell’età infraquattordicenne, nonché
dell’altrettanto rituale notificazione del decreto di citazione per il giudizio di
appello e dell’estratto della sentenza contumaciale di appello, compiuta ai sensi
dell’art. 157 cod. proc. pen., comma 8-bis, con consegna al difensore di fiducia,
il quale aveva effettivamente proposto ricorso per cassazione con atto del 19
marzo 2007, instaurando il giudizio di legittimità, nel corso del quale il Pelle
aveva effettuato la nomina di diversi difensori con ciò dimostrando di avere
avuto conoscenza della sentenza di appello e dell’ulteriore gravame proposto
nel suo interesse.
2.Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione
l’interessato a mezzo del suo difensore, il quale ha dedotto la violazione
dell’art. 606 cod. proc. pen., comma 1 lett. b), c) ed e) in relazione agli artt.
670, 157-161, 175 cod.proc.pen..: l’ordinanza impugnata aveva erroneamente
ritenuto corretta la notifica del decreto di citazione per il giudizio in appello e
dell’estratto contumaciale della sentenza presso il difensore di fiducia ai sensi
dell’art. 157 cod. proc. pen., comma 8-bis, per assenza di espressa elezione di
domicilio da parte dell’imputato, circostanza non dirimente nel caso, dal
momento che nel corso del giudizio di primo grado tutte le notificazioni erano
avvenute presso il luogo di residenza anagrafica, sicchè anche il decreto di
citazione per il giudizio di appello e l’estratto contumaciale della sentenza resa
dalla Corte d’appello avrebbero dovuto notificarsi presso la stessa residenza.
Soltanto in caso di inidoneità di tale luogo, si sarebbe potuto ricorrere alla
procedura seguita.
3. Con requisitoria scritta depositata il 17 giugno 2013 il Procuratore
Generale presso la Corte di Cassazione, dr. Oscar Cedrangolo, ha chiesto il
rigetto del ricorso.

1

corretta notificazione all’imputato del decreto di citazione per il giudizio di

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.
1.11 ricorrente censura il provvedimento impugnato con esclusivo
riferimento alla ritenuta ritualità della notificazione del decreto di citazione per
il giudizio di appello e della sentenza contumaciale, conclusiva di tale grado,
sostenendo che il procedimento di notificazione di entrambi gli atti era irrituale
anche in assenza di elezione di domicilio, in quanto avrebbero dovuto essere
seguite le modalità di notifica adottate nel corso del giudizio di primo grado con

tutelavano in modo più efficace il diritto di difesa del destinatario e garantivano
la sua reale conoscenza effettiva degli atti da notificare.
1.1 In tal modo il ricorrente trascura l’esistenza nell’ordinamento della
disposizione di cui all’art. 157 cod. proc. pen., comma 8-bis, introdotta dalla
legge 22 aprile 2005 n. 60, la quale stabilisce che le notificazioni successive a
quella del primo atto processuale avvengano mediante consegna al difensore di
fiducia dell’imputato quando questi abbia provveduto a nominarlo ai sensi
dell’art. 96 cod. proc. pen.. In tal modo il legislatore ha stabilito la piena
equiparazione di effetti tra la notifica eseguita presso la persona dell’imputato e
quella compiuta con recapito al difensore di fiducia, che è divenuta la forma
ordinaria di notificazione, valida per tutti gli atti dell’intero procedimento,
successivi al primo e la stessa, in assenza di contrarie indicazioni, quali il rifiuto
del legale designato di ricevere l’atto o la dimostrata interruzione del rapporto
professionale, fornisce una prova attendibile di effettiva conoscenza in capo al
destinatario (Cass. sez. 6, n. 785 del 12/12/2006, Iannicelli ed altri, rv.
236000; sez. 1, n. 19127 del 16/05/2006, Gdoura, rv. 233920; sez. 5, n.
13310 del 14/02/2013, L., rv. 254982; sez. 6, n. 43791 del 10/07/2008,
Giglia, rv. 242039).
1.2 Per contro, la pretesa del ricorrente che anche nel giudizio di appello
le notificazioni fossero eseguite con consegna al luogo di residenza, perché ciò
era avvenuto nel primo grado ed in altri distinti procedimenti, non ha alcun
fondamento giuridico: l’art. 157 cod. proc. pen., comma 8-bis, non impone il
previo tentativo di notificazione alla persona o presso il suo domicilio effettivo
per poter fare luogo alla consegna al difensore di fiducia, ma subordina tale
adempimento alla sola condizione che l’atto non sia il primo del procedimento.
1.3 Nel caso di specie, non soltanto il difensore di fiducia del Pelle aveva
ricevuto il decreto di citazione e l’estratto contumaciale, ma non aveva
sollevato alcuna contestazione al riguardo né rifiutato la consegna, avendo
dimostrato nei fatti l’operatività del mandato professionale e la concreta
possibilità per il suo assistito, odierno ricorrente, di avere conoscenza degli atti
così notificati.

2

il recapito al luogo della sua residenza anagrafica, in quanto le stesse

2. Oltre a ciò il ricorrente preferisce ignorare che, come puntualmente
osservato nell’ordinanza impugnata, a seguito del rituale compimento del
procedimento di notifica il legale di fiducia in data 19 marzo 2007 nel suo
interesse aveva tempestivamente presentato ricorso per cassazione avverso la
sentenza contumaciale di appello ed egli aveva dato prova di essere a
conoscenza del giudizio di legittimità così instaurato, tanto da avere
provveduto a depositare la nomina di altri difensori. Pertanto, ne è stato
dedotto che la consapevolezza di tale gravame e della sentenza con lo stesso
contestata rendeva tardiva l’istanza di restituzione in termini per proporre
ricorso per cassazione, perché presentata oltre il termine di cui all’art. 175 cod.

Deve concludersi che la decisione reiettiva assunta con l’ordinanza
impugnata ha correttamente risolto le questioni devolute alla cognizione del
giudice dell’esecuzione dall’istanza del ricorrente, fornendo puntuale
applicazione delle norme giuridiche di riferimento ed altrettanto attenta analisi
degli atti processuali, mentre il ricorso è palesemente infondato ed aspecifico,
perché svincolato dal percorso argomentativo del provvedimento gravato.
Ne discende la declaratoria d’inammissibilità dell’impugnazione con la
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e,
in relazione ai profili di colpa insiti nella proposizione di siffatta impugnazione,
di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si stima equo
determinare in euro 1.000,00.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 13 novembre 2013.

proc. pen..

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