Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50906 del 13/11/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 50906 Anno 2013
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CANNAVALE MARIO N. IL 10/01/1965
avverso l’ordinanza n. 6578/2012 TRIB. SORVEGLIANZA di
NAPOLI, del 04/12/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. M NICA BONk,
lette/semite le conclusioni del PG Dott.
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(VG(no

Uditi difensgt Avv.;

Data Udienza: 13/11/2013

Ritenuto in fatto
1.Con ordinanza resa il 4 dicembre 2012 il Tribunale di Sorveglianza di Napoli
revocava nei confronti del condannato Mario Cannavale la misura alternativa della
detenzione domiciliare, per essersi costui reso responsabile del reato di evasione per
essere stato sorpreso dalle forze dell’ordine presso l’abitazione del cognato Luigi Polito,
a sua volta detenuto agli arresti domiciliari e pregiudicato per reati associativi.
2.Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’interessato a
mezzo del suo difensore, il quale ha dedotto contraddittorietà ed illogicità manifesta
della motivazione: il Tribunale di Sorveglianza non aveva considerato che egli con

domicilio per alcune ore, per cui quando era stato controllato dai carabinieri presso
l’abitazione del cognato era ancora legittimato a trattenersi al di fuori del luogo di
espiazione della pena e che la sua presenza a casa del cognato era giustificata dal
fatto che quel giorno si era verificato l’omicidio di altro congiunto, Salvatore Polito,
altro fratello della propria moglie, avvenuto proprio sotto la sua abitazione e quella di
Luigi Polito, fra loro contigue.
3. Con requisitoria scritta del 14 giugno 2013 il Procuratore Generale, dr. Nicola
Lettieri, ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.
Il gravame all’odierno esame prospetta questioni di fatto in ordine alle
circostanze, per le quali il ricorrente il giorno 11 settembre 2012 si era trovato al di
fuori della sua abitazione, luogo di espiazione della pena nelle forme della detenzione
domiciliare. Si assume, infatti, che egli, in forza di un provvedimento emesso dal
Tribunale di Sorveglianza di Roma, poteva beneficiare dell’autorizzazione a lasciare
l’abitazione dalle ore 10.00 alle ore 12.00 di ogni giorno per provvedere alle proprie
indispensabili esigenze di vita e che l’ora del controllo rientrava nell’ambito di tale
permesso: è però agevole replicare che, secondo quanto dedotto nello stesso ricorso,
gli era stato consentito di lasciare il domicilio in orario ben delimitato e per specifiche
finalità, ossia per soddisfare le necessità di sostentamento e di cura della sua persona,
non certamente per fare visita ai parenti, ancorchè vicini di casa, né per compiangere
un congiunto ucciso in agguato camorristico. In altri termini, le finalità
dell’autorizzazione accordatagli ed il suo contenuto non si estendevano a
ricomprendere la frequentazione di pregiudicati, a loro volta sottoposti agli arresti
domiciliari, né l’incontro con altri parenti, anche se in occasione di un lutto familiare,

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apposito provvedimento del Tribunale di Roma era stato autorizzato ad uscire dal

per cui risulta ineccepibile la valutazione operata dal Tribunale circa l’avvenuta
violazione consapevole delle prescrizioni impostegli e l’incompatibilità tra tale
comportamento e la prosecuzione della misura alternativa per la dimostrata
inaffidabilità nell’attenersi alle limitazioni impostegli e la proclività a violare la legge,
antinomica al reinserimento sociale, cui la misura concessagli è diretta.
Per tali ragioni il ricorso va dichiarato inammissibile con la conseguente
condanna del proponente al pagamento delle spese processuali e, in relazione ai profili

favore della Cassa delle Ammende, che si stima equo determinare in euro 1.000,00.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 13 novembre 2013.

di colpa insiti nella presentazione di siffatta impugnazione, di una somma di denaro in

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