Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50903 del 13/11/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 50903 Anno 2013
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ALOUY MOHAMED N. IL 30/09/1980
avverso l’ordinanza n. 5678/2012 TRIB. SORVEGLIANZA di
TORINO, del 18/12/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;
lette/seet4eJe conclusio i del PG Dott. N,
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c).i e/t

Uditi difensor

Data Udienza: 13/11/2013

Ritenuto in fatto

1.Con ordinanza resa il 18 dicembre 2012 il Tribunale di Sorveglianza di Torino
rigettava il reclamo, proposto da Mohamed Alouy, avverso il provvedimento del
Magistrato di Sorveglianza di Alessandria del 4 ottobre 2012, che aveva respinto la
sua istanza diretta ad ottenere l’ammissione alla detenzione presso il domicilio ai
sensi della legge n. 199/2010.
1.1 n Tribunale fondava la decisione sul rilievo dell’avvenuto rigetto di analoga
richiesta con due propri precedenti provvedimenti del 27 aprile 2011 e del 22
maggio 2012 e sulla ritenuta insufficienza dell’intenzione, manifestata dal
condannato, una volta libero, di non abbandonare il paese e di darsi a lavoro

sua fuga per sottrarsi all’espulsione dal territorio nazionale.
2.Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso l’interessato a mezzo del
suo difensore, il quale lamenta manifesta illogicità, contraddittorietà e carenza della
motivazione in ordine alla mancata concessione del beneficio richiesto, in quanto:
-la pericolosità sociale del condannato era stata desunta dall’episodio criminoso
giudicato, ritenuto recentissimo, ma in realtà risalente al 2010 e comunque dalle
considerazioni, effettuate dal giudice in sede di cognizione, circa l’inserimento
dell’Alouy in una rete organizzativa di spaccio, consolidata e di elevato livello, tali da
non costituire elemento sufficiente per negare la misura richiesta;
-il pericolo di fuga era stato dedotto dall’interesse a sottrarsi all’esecuzione
dell’ordine di espulsione, che però egli aveva impugnato ed il relativo procedimento
potrebbe anche risolversi nell’eliminazione del relativo provvedimento
amministrativo, mentre i propositi di vita regolare dovevano essere considerati
positivamente nell’ambito del percorso graduale di rieducazione del condannato.
3.Con requisitoria scritta depositata il 20 giugno 2013 il Procuratore della
Repubblica presso la Corte di Cassazione, dr. Roberto Aniello, ha chiesto il rigetto
del ricorso perché infondato.

Considerato in diritto

Il ricorso è privo di fondamento e va dunque rigettato.
1.11 provvedimento impugnato ha respinto il reclamo proposto dal ricorrente
sulla scorta di una corretta analisi della sua posizione giuridica e di altrettanto
corretta interpretazione delle norme giuridiche di riferimento. Ha rilevato, infatti, la
sussistenza delle condizioni ostative all’applicazione della detenzione presso il
domicilio, previste dall’art. 1, comma 2 lett. d), della legge n. 199/2010, ossia la
attuale pericolosità sociale del richiedente, intesa quale giudizio prognostico circa
l’elevata probabilità di ricaduta nel crimine e desunta dalla natura e dalla prossimità
nel tempo del delitto commesso, per il quale aveva riportato condanna in espiazione
ed il concreto pericolo di fuga. Sotto il primo profilo il Tribunale, richiamando
1

onesto, propositi inidonei a smentire la sua pericolosità sociale ed il pericolo di una

specificamente la motivazione dell’ordinanza oggetto di reclamo, ha considerato che,
secondo quanto emerso dalla pronuncia di condanna, egli in data 10 maggio 2010
aveva detenuto e trasportato a fini di spaccio un quantitativo consistente di cocaina
in un contesto operativo che lasciava intendere detto comportamento non fosse
stato episodico ed isolato, ma verosimilmente frutto del suo inserimento in
un’organizzazione dedita stabilmente al narcotraffico.
Quanto al pericolo di fuga, i giudici di merito hanno rilevato che l’intervenuta
revoca del permesso di soggiorno e l’emissione del decreto di espulsione dal
territorio nazionale, nonché l’istruttoria in corso per procedere all’espulsione ai sensi
dell’art. 16 del D.Lgs. 286/1998, ancorchè il provvedimento amministrativo già
emesso sia stato impugnato al T.A.R., danno concretezza all’interesse del

1.1Ebbene, nel percorso giustificativo che sorregge la decisione impugnata non
è rintracciabile alcun vizio giuridico o logico, perché la relativa motivazione dà conto
in modo compiuto, analitico e coerente delle ragioni della decisione, fondate su dati
di fatto incontestabili, rispetto ai quali il ricorso pretende una diversa e più
favorevole valutazione da parte di questa Corte, che è preclusa nel giudizio di
legittimità.
1.1.1 In particolare, non è in sé rilevante l’epoca di commissione del reato già
giudicato per formulare il giudizio di pericolosità sociale, ma tale profilo rientra nella
valutazione degli elementi di fatto riguardanti la situazione del condannato, sulla
base dei quali poter prevedere ragionevolmente che egli possa commettere nuovi
reati, prognosi che l’impugnazione non contrasta con specifici argomenti e che il
Magistrato di Sorveglianza nel provvedimento confermato dal Tribunale, mediante il
richiamo alle precedenti ordinanze reiettive, ha altresì ancorato al fatto che il reato
è stato commesso nonostante il responsabile fosse all’epoca ancora dotato delle
“risorse”, costituite dalla regolarità della sua posizione in Italia, dal possesso di un
lavoro stabile e di alloggio, le prime due delle quali sono al momento attuale venute
meno.
1.1.2 Al riguardo le intenzioni del ricorrente di reperire altro lavoro lecito e di
alloggiare presso il fratello, una volta ottenuto l’annullamento del decreto di
espulsione, sono state considerate insufficienti a garantire l’astensione futura dal
crimine proprio perché in precedenza ed in tempi recenti rispetto alla decisione
impugnata la loro disponibilità non lo aveva trattenuto dal violare la legge penale,
pericolo che nulla indica non potrebbe nuovamente concretizzarsi.
Per le considerazioni esposte l’ordinanza in verifica ha motivato il ricorso va
respinto con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

P. Q. M.

2

condannato a dileguarsi per non essere soggetto all’esecuzione dell’espulsione.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 13 novembre 2013.

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