Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50901 del 27/11/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 50901 Anno 2013
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BOUFESSAS RACHID N. IL 21/04/1983
avverso la sentenza n. 2647/2012 CORTE APPELLO di TORINO, del
15/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MONICA BONI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 4kprk’e
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che ha concluso per ,e f ,(2,, outuo39-5,1G-W-V .10 ,

Udito, per la parte civ . e, l’Avv
Uditi difensor2k,viv.

Data Udienza: 27/11/2013

Ritenuto in fatto

1.Con sentenza resa il 15 novembre 2012 La Corte di Appello di Torino confermava la
sentenza emessa dal G.U.P. del Tribunale di Biella che, all’esito del giudizio celebrato nelle
forme del rito abbreviato, aveva dichiarato l’imputato Rachid Boufessas responsabile del delitti
di tentato omicidio aggravato (capo a), commesso in danno di Denis Silverio, Matteo Gaio, Ugo
Orsini, Francesco Sità e Andrea Sophie Panaro e della contravvenzione di guida in stato di

generiche, stimate equivalenti all’aggravante di cui agli artt. 577 n. 4 e 61 n. 1 cod.pen.,
esclusa quella di cui all’art. 577 n. 3 cod.pen., ritenuta la continuazione, lo aveva condannato
alla pena di anni cinque e mesi sei di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali,
alle pene accessorie di legge, al risarcimento dei danni subiti dalla parte civile costituita, da
liquidarsi in sede civile col riconoscimento della provvisionale immediatamente esecutiva di
euro 30.000,00, oltre accessori e spese di costituzione.
1.1 Entrambe le sentenze di merito fondavano il giudizio di colpevolezza su quanto
risultante dal verbale di arresto dell’imputato, su quanto riferito dalle persone offese, dalla
documentazione fotografica e dal filmato riproducente l’evento e dai referti medici circa le
lesioni riportate dalle persone rimaste ferite.
Ne avevano desunto che l’imputato, dopo una discussione con l’addetto alla sicurezza
della discoteca “Raod Runner” di Biella, avvenuta nelle prime ore del 9 gennaio 2011, per
avergli costui impedito l’accesso al locale, dopo avere richiesto l’intervento delle forze
dell’ordine e preannunciato al telefono ad un operatore di polizia l’intenzione di entrare ad ogni
costo nella discoteca, aveva imboccato con la sua autovettura, che aveva abbattuto due paletti
posti a protezione dell’accesso dalla strada, la discesa che conduceva all’ingresso del locale,
ove si erano trovate più di venti persone in attesa di entrare, travolgendo l’addetto alla
sicurezza ed altri avventori, ai quali cagionava le lesioni poi loro refertate dai sanitari, non
riuscendo nell’intento perseguito per essersi costoro spostati dalla sua traiettoria ed essere
finito contro il muretto di sinistra della rampa.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato a mezzo del suo
difensore per chiederne l’annullamento per la sua nullità per violazione di legge in relazione agli
artt. 56, 575 cod.pen. ed al disposto dell’art. 192 cod. proc. pen., comma 2 e contraddittorietà
della motivazione.
La sentenza impugnata aveva confermato totalmente quella di primo grado senza tenere
conto delle risultanze emergenti dalle riprese filmate dall’impianto di videosorveglianza della
discoteca, che aveva ripreso tutte le fasi dell’azione: ne era emerso che il veicolo dell’imputato,
dopo avere imboccato un vialetto lungo 15,20 metri e largo 3,50, si era trovato in posizione di

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ebbrezza (capo b), fatti commessi in Biella il 9 gennaio 2011 e, riconosciute le attenuanti

quiete nella sua parte centrale, in posizione leggermente obliqua con direzione verso l’ingresso
del locale distante mt. 4,800, senza si fosse verificato alcun urto contro un muretto, per cui
l’arresto del moto era avvenuto per effetto dell’azione frenante deliberata del conducente, la
cui velocità non era affatto né forte, né sostenuta, e che, dopo l’iniziale impulso di spaventare
l’addetto alla sicurezza, resosi conto di quanto stava per accadere, aveva fermato
volontariamente il mezzo, il che dimostra l’assenza del dolo alternativo, potendosi al più
ravvisare il dolo eventuale, incompatibile con il tentativo, ed il difetto di idoneità dell’azione a

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile perché ripropone argomenti già ampiamente esaminati e
disattesi da entrambe le pronunce di merito con motivazione compiuta, logica e priva di
incongruenze.
1.La ricostruzione e la valutazione dei fatti contenute nella sentenza di appello devono
essere integrate, sotto il profilo descrittivo ed argomentativo, con quelle della sentenza di
primo grado che è richiamata integralmente da quella di appello, che ha reso conformi
statuizioni.
1.1Si è, infatti, rilevato che, secondo quanto concordemente riferito da tutti i testi escussi,
le cui dichiarazioni sono state riportate testualmente per estratto dalla sentenza di primo
grado, la condotta tenuta dall’imputato era nell’aver diretto la sua autovettura lungo il vialetto
di accesso alla discoteca, dalla quale era stato poco prima allontanato dall’addetto alla
sicurezza perché già affollata e per le sue condizioni di ebbrezza, nell’abbattere i paletti posti ai
lati dell’imbocco dalla strada e nel percorrere la via in discesa sino ad investire cinque persone
ivi presenti, il buttafuori Siviero ed altri quattro giovani avventori in attesa di fare ingresso nel
locale, così cagionando loro le lesioni descritte nell’imputazione, documentate dai referti medici
agli atti e perfettamente corrispondenti alla dinamica dei fatti descritta dalle parti lese e da altri
astanti. Costoro avevano riferito la forte velocità con la quale il veicolo aveva impattato contro
le persone investite e l’impatto finale contro il muretto che delimitava la rampa di accesso.
1.2 Si deve quindi escludere la irrazionalità del percorso argomentativo della sentenza
impugnata, che, al contrario, ha valutato il materiale probatorio a disposizione, in specie le
prove rappresentative dirette, provenienti dalle vittime e da altri testi oculari, concordanti e
riscontrate dai rilievi oggettivi e sottoposte ad attento ed esauriente vaglio critico.
1.3 Per contro, la difesa oppone che il moto del veicolo condotto dall’imputato non era
stato affatto veloce, né sostenuto e che la corsa non era finita per l’urto contro un muretto, ma
per l’azione frenante deliberata dallo stesso posta in essere: è stato già osservato dai giudici di
merito che, non soltanto tale comportamento è stato smentito da più fonti dichiarative, ossia

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cagionare la morte.

dai testi Bora, Destefanis e Fallanca, ma in ogni caso non esclude che al momento
dell’investimento la velocità fosse consistente, resa tale quanto meno dalla pendenza in discesa
della rampa, e che si fosse verificato l’impatto con gli inermi soggetti presenti lungo il tragitto
percorso. Per cui non assume alcuna rilevanza che il veicolo si fosse arrestato nella zona
mediana del vialetto, perché ciò era avvenuto dopo l’investimento, verificatosi per la condotta
volontaria dell’imputato che l’aveva impegnato proprio per colpire il buttafuori e con esso
quanti gli si erano trovati accanto.

i testi abbiano riferito della sua intenzione di spaventare i presenti, specie il Siviero, con
un’azione meramente dimostrativa, ma anzi si è evidenziato come costoro avessero descritto
l’avvicinamento dell’imputato a bordo della sua vettura a velocità sostenuta ed in assenza di
qualsiasi accenno di frenata, per cui quanti se ne erano avveduti avevano appena avuto il
tempo di spostarsi verso la ringhiera laterale nel tentativo di sottrarsi all’impatto, venendo così
colpiti lateralmente agli arti, mentre il Siviero ed il Gaio erano stati travolti in pieno e gettati a
terra. Pertanto, la tesi difensiva offerta dall’imputato, riproposta col ricorso, è stata già ritenuta
incompatibile con le risultanze probatorie, ottenute dalle indagini preliminari, in base ad un
apprezzamento logico delle prove che non è contestabile in questa sede.
2. Anche in ordine alla ricostruzione dell’elemento soggettivo del delitto di omicidio
tentato le due sentenze di merito hanno proceduto alla corretta applicazione dei principi
giurisprudenziali consolidati in punto di idoneità e non equivocità degli atti posti in essere
dall’imputato, facendo riferimento alle caratteristiche oggettive dell’azione, ossia alla pendenza
in discesa della strada, tale da imprimere in sé un’accelerazione al veicolo, la ristrettezza del
luogo, l’elevato numero di persone presenti, l’assenza per le stesse di alcuna via di fuga,
l’assenza da parte dell’imputato di un’azione frenante o di manovre di deviazione prima
del’investimento, tutti elementi ritenuti idonei a dimostrare l’idoneità degli atti compiuti a
cagionare il ferimento ed anche la morte per effetto dell’impatto col veicolo e l’univoca
direzione della volontà dell’imputato, del resto già preannunciata al telefono agli operatori del
servizio 112, quando, dopo aver segnalato di non essere stato fitto entrare in discoteca, aveva
chiesto polemicamente “devo sapere se devo sfondare tutti con la macchina o ci dovete
pensare voi?”, come riportato nella pronuncia del G.U.P.. Ebbene, l’intenzione preannunciata a
parole, era stata subito dopo tradotta in atto nel palese proposito di farsi giustizia da sé e di
vendicarsi per l’affronto subito.
3.1 Pertanto, anche in punto di prova del dolo in ordine al tentato omicidio la Corte di
merito, con motivazione ragionevole e coerente, preso atto dell’assenza di ammissione da
parte dell’imputato, ha utilizzato gli elementi sintomatici ritenuti utili, secondo le regole di
esperienza e “l’id quod plerumque accidit” per la individuazione della direzione teleologica della
volontà dell’agente verso la morte delle vittime, quali la micidialità del mezzo scagliato a

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1.4 Al riguardo, per quanto riportato nelle due sentenze di merito, non risulta affatto che

velocità lungo la rampa, diretto contro i pedoni presenti, il particolare risentimento nutrito
contro il Siviero, enfatizzato dallo stato di ebbrezza e non contestato, tutti indicativi della
volontà del Boufessas di uccidere le parti lese o, quanto meno, del suo atteggiamento volitivo
di indifferenza per le conseguenze del proprio gesto, se causa di morte o del ferimento,
integrante il dolo alternativo.
3.2 La tesi difensiva che pone in discussione l’applicazione al caso di tale forma di dolo
diretto, fondata su una ricostruzione dei fatti priva di qualsiasi attendibilità, non può trovare

resa da questa Corte di legittimità, cui si aderisce, il dolo alternativo, ravvisabile ogni qual
volta il soggetto agente prevede e vuole, con scelta equipollente, l’uno o l’altro degli eventi
causalmente ricollegabili alla sua condotta cosciente e volontaria, ossia la morte o il ferimento
della vittima, ha natura di dolo diretto perché l’autore contempla entrambe le possibili
alternative, che restano per lui indifferenti, ma volute, mentre il dolo eventuale si caratterizza
per la previsione e l’accettazione del rischio di verificazione di un evento, non perseguito, senza
che ciò abbia trattenuto dal compiere l’azione determinante (Cass. S.U., n. 748 del
12/10/1993, Cassata, rv. 195804; S.U. n. 3571 del 14/02/1996, Mele, rv. 204167; sez. 1, n.
27620 del 24/5/2007, Mastrovito, rv. 237022; sez. 1, n. 11521 del 25/2/2009, D’Alessandro,
rv. 243487) Soltanto quest’ultima forma di volontà risulta incompatibile col requisito della
inequivocità della direzione degli atti a cagionare un evento, mentre lo è certamente il dolo
alternativo.
Per le considerazioni svolte la sentenza supera tutte le censure che le sono state mosse.
Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile con la conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, in relazione ai profili di colpa, insiti nella proposizione di
siffatta impugnata, al versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si
reputa equo determinare in euro 1.000,00.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 27 novembre 2013.

accoglimento. Invero, come sostenuto dai giudici di merito, secondo la lezione interpretativa

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