Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50896 del 26/11/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 50896 Anno 2013
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: CAPRIOGLIO PIERA MARIA SEVERINA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DONATO FABIO N. IL 23/06/1966
avverso la sentenza n. 3329/2008 CORTE APPELLO di GENOVA, del
15/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PIERA MARIA SEVERINA CAPRIOGLIO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. e j„..„.„.t„
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che ha concluso per jAi i.142…

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

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Data Udienza: 26/11/2013

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 15.10.2012, la Corte d’appello di Genova confermava la
sentenza di condanna alla pena di mesi nove di reclusione ed euro 12.000 di multa, di
DONATO Fabio, per il reato di cui all’art. 22 c. 10 ( ora c. 12) d.lgs. 286/1998 poiché
in qualità di titolare della ditta ristorante AML, aveva occupato alle proprie dipendenze
Calderon Suarez Josè Louis e Salazar Aguiler Julio Benedicto, risultati privi del

La corte rilevava che nel caso di specie non era in discussione che i due lavoratori
fossero privi del permesso di soggiorno previsto per essere assunti regolarmente,
posto che lo stesso Salazar ( ancorchè munito di permesso di soggiorno ai fini di
ricongiunzione familiare) aveva rappresentato che il Donato gli aveva promesso di
metterlo in regola ( cosa che peraltro non fece), il che dimostrava che avesse ben in
mente l’illegalità della situazione. Parimenti il Calderon ebbe a riferire di aver chiesto di
essere regolarizzato, cosa che non era più in quel momento possibile fare. Non solo,
ma veniva evidenziato come l’imputato abbia tratto profitto dalla condizione di illegalità
dei due stranieri, tanto che potè retribuirli con compensi inferiori ai minimi contrattuali
(inferiori di un terzo e senza il pagamento dei contributi). Né veniva ritenuto dirimente
il fatto che con il comportamento tenuto il Donato abbia messo a rischio la
prosecuzione della gestione del ristorante presso un circolo nautico di proprietà di terzi.
Veniva ritenuta integrata l’ipotesi delittuosa, sia sotto il profilo oggettivo, che soggettivo
ed in particolare veniva reputato che l’imputato avesse, con la sua condotta, anche
favorito la permanenza del Calderon nel nostro Stato, perché privo del permesso di
soggiorno, al solo fine di trarne profitto (art. 12 c. 5 d.lgs 286/1998). Il ricorrente non
veniva ritenuto meritevole di un trattamento di miglior favore sotto il profilo
sanzionatorio, poiché aveva fatto registrare sei condanne, ancorchè per fatti non gravi,
ma significativi di una scarsa attenzione ai suoi doveri di datore di lavoro, circostanza
questa che rendeva non accoglibile l’istanza di un giudizio di bilanciamento in termini di
prevalenza (essendo state le circostanze attenuanti generiche a lui concesse con
giudizio di sola equivalenza alla recidiva) ed insussistenti i presupposti per fare luogo
alla concessione dei benefici di legge.

2.

Avverso tale decisione, ha interposto ricorso per cassazione l’imputato,

pel tramite del suo difensore, per dedurre inosservanza ed erronea applicazione della
legge penale: il giudice di seconde cure non avrebbe fatto altro che ripetere quanto
espresso nella prima sentenza; sul trattamento sanzionatorio la motivazione fu
ancorata al dato dei precedenti penali, nonché al deplorato comportamento
processuale, legato al fatto che il Donato non si presentò al processo, laddove per
contro egli aveva reso interrogatorio nelle fasi precedenti, ammettendo anche taluni
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permesso di soggiorno, così come era stato accertato in Genova, il giorno 8.9.2006.

contegni di natura colposa. Quanto alla mancata concessione del beneficio della
sospensione condizionale della pena, la difesa lamenta che unica pena detentiva
riportata era quella a quindici giorni di reclusione, con il che non sussistevano ragioni
ostative.

Considerato in diritto

specifici e comunque manifestamente infondati.
La corte territoriale ha dato conto che la ricostruzione dei fatti non fu oggetto di
contestazione nei due gradi di merito, laddove per quanto riguarda il profilo oggettivo
e soggettivo doveva considerarsi che entrambi i soggetti colti a lavorare per conto
dell’imputato, erano privi del permesso di soggiorno, tanto che gli stessi lavoratori
hanno dichiarato di aver sollecitato al Donato la regolarizzazione, il che offre la
inequivoca prova che egli ben conoscesse la situazione di irregolarità dei due stranieri
della cui opera si avvantaggiò, avendo potuto retribuirli, proprio perché operanti nel
sommerso e quindi senza possibilità di fare valere diritti, con compensi inferiori ai
minimi contrattuali. Tale motivazione , seppure rafforzativa di quella del primo giudice
è completa e si sottrae alle generiche doglianze avanzate in termini di inadeguatezza
del discorso giustificativo.
Quanto al profilo della sanzione, i giudici del merito hanno rilevato che per quanto
diversi precedenti penali registrati dall’imputato avessero riguardo a fatti
depenalizzati, risultava che il medesimo era stato già condannato per violazione alla
legge 638/1982 , il che lo connotava come soggetto poco incline al rispetto dei suoi
obblighi in qualità di datore di lavoro, di talchè il giudizio di bilanciamento non poteva
essere formulato in termini di miglior favore. Quanto alla mancata concessione del
beneficio della sospensione condizionale della pena, la Corte ha rilevato che pur in
presenza dei presupposti di legge, doveva essere formulata una prognosi non
favorevole, alla luce del fatto che per ben due volte era incorso in violazioni dello
stesso tipo, a danno di soggetti deboli. La valutazione operata rientra nell’ambito
della plausibile opinabilità di apprezzamento che non può essere censurata in detta
sede.
Si impone quindi la dichiarazione di inammissibilità del ricorso ; a tale
declaratoria, riconducibile a colpa del ricorrente, consegue la sua condanna al
pagamento delle spese del procedimento e di somma che congruamente si determina
in euro mille, a favore della cassa delle ammende, giusto il disposto dell’art. 616 cpp,
così come deve essere interpretato alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n.
186/2000.

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Il ricorso non raggiunge la soglia dell’ammissibilità, in quanto basato su motivi non

p.q.m.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al pagamento della somma di euro mille alla cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma, addì 26 Novembre 2013.

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