Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50892 del 13/11/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 1 Num. 50892 Anno 2013
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAMPOLO GIOACCHINO N. IL 02/09/1939
GATTO RENATA N. IL 05/06/1949
avverso la sentenza n. 136/2011 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 12/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MONICA BONI
Udito il Procuratore qenerale in persona del Dott. 5Jkk
che ha concluso per
GrW (“)-(PM-. •

Udito, per la

civile, l’Avv

Uditi difensor Avvrt,

,42b.

Data Udienza: 13/11/2013

Ritenuto in fatto

1.Con sentenza resa il 21 ottobre 2010 il G.U.P. del Tribunale di Reggio
Calabria dichiarava gli imputati Gioacchino Campolo e Renata Gatto responsabili dei
reati loro ascritti di detenzione illegale di munizioni (capo a) e di una pistola marca
Walther cal. 7.65 (capo b), di omessa custodia di due pistole e relative munizioni
(capo c), nonché il solo Campolo del delitto di falso ideologico per avere alterato la

(capo d); quindi li condannava: il Campolo per i capi a), b) e d) alla pena di anni
due e mesi quattro di reclusione, per il reato di cui al capo c) alla pena di mese uno
di arresto; la Gatto per i reati di cui ai capi a) e b) alla pena di anni uno, mesi
quattro e giorni dieci di reclusione, per quello di cui al capo c) ad un mese di
arresto. Disponeva altresì la confisca e la distruzione della pistola marca Walther e
delle munizioni in sequestro.
2. Con sentenza emessa il 12 giugno 2012 la Corte di Appello di Reggio
Calabria riformava parzialmente la pronuncia di primo grado, che confermava nel
resto, ed assolveva entrambi gli imputati dal reato ascritto al capo c) perchè il fatto
non sussiste; proscioglieva il Campolo dal reato ascritto al capo d) perchè estinto
per intervenuta prescrizione e rideterminava la pena nei suoi confronti in anni uno e
mesi sei di reclusione ed in mesi dieci di reclusione nei confronti della Gatto, cui
concedeva la sospensione condizionale.
3. Avverso detta sentenza hanno proposto distinti ricorsi per cassazione gli
imputati a mezzo dei loro difensori.
3.1 Gioacchino Campolo col ricorso a firma dell’avv.to Marazzita ha dedotto:
-mancanza o mera apparenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dei reati di cui ai capi a) e b)
dell’imputazione; la Corte territoriale non aveva indicato alcuna giustificazione circa
la sussistenza dei delitti di cui ai capi a) e b), avendo limitato la motivazione quanto
al capo d); aveva quindi valutato quale elemento di prova sfavorevole all’imputato
l’omessa esibizione da parte della Questura dell’originale della denuncia presentata
nel 1980 per l’avvenuta distruzione del relativo materiale cartaceo, mentre tale
emergenza rendeva insufficiente la prova in danno della tesi accusatoria ed
illogicamente aveva parificato il registro dell’ufficio di polizia e la denuncia
presentata dal privato, mentre l’esigenza di due distinte operazioni di registrazione
risiedeva nella necessità di un duplice riscontro. Inoltre, aveva escluso la possibilità
di qualificare il fatto ai sensi dell’art. 38 T.U.L.P.S. e dell’art. 58 del suo
regolamento di esecuzione, che riguarda la modifica della denuncia già presentata.

1

denuncia di detenzione di armi con l’aggiunta della pistola marca Walther cal. 7,65

-Inosservanza o erronea applicazione dell’art. 697 cod.pen. relativo al capo a) in
riferimento al mancato assorbimento della fattispecie nel reato sub b), nonché
mancanza, apparenza, contraddittorietà, ovvero manifesta illogicità della
motivazione: la sentenza impugnata non aveva reso alcuna giustificazione circa la
ritenuta sussistenza delle fattispecie di detenzione illegale dell’arma e delle
munizioni, né aveva considerato la capienza del caricatore della pistola Walther di
cui al capo b), rinvenuta con un colpo in canna.

circostanze attenuanti generiche ed al mancato contenimento della pena nei minimi
edittali, basati sulla considerazione degli stessi elementi necessari per ricostruire i
fatti di reato e del separato procedimento per intestazione fittizia, che però non si
era ancora concluso con sentenza passata in giudicato e per il quale non era stata
contestata la circostanza aggravante di cui all’art. 7 d.l. n. 152/91.
3.2 Con il ricorso a firma dell’avv.to Calabrese nell’interesse di entrambi gli
imputati è stato dedotto:
– violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 110, 697 cod.pen.,
2 e 7 L. 494/1974 ed in relazione ancora all’art. 192 ed all’art. 546 cod.pen.: la
motivazione della sentenza impugnata aveva omesso di prendere in considerazione
le argomentazioni critiche prospettate con l’appello in ordine al delitto di detenzione
abusiva di arma da sparo circa l’insufficienza probatoria del registro delle denunce
detenuto dalla Questura di Reggio Calabria, che non copriva il lasso temporale
compreso tra l’11/6/1980 ed il 13/1/2009 e l’assenza di validi motivi per omettere
la denuncia della pistola Walther, risultata di legittima provenienza perché
acquistata da armiere e perciò tracciabile. Inoltre, anche per la posizione della
Gatto era censurabile la ritenuta consapevolezza in capo alla stessa della presenza
della pistola nell’abitazione, desunta dalle modalità di conservazione.
-Vizio di motivazione in relazione agli artt. 62 bis e 133 cod.pen.: il diniego delle
circostanze attenuanti generiche non era stato correttamente motivato, dal
momento che non aveva tenuto conto della non giovane età, dell’incensuratezza
degli imputati, del loro regolare comportamento processuale ed aveva in modo
erroneo considerato quale elemento negativo la contestazione in separato
procedimento del delitto di intestazione fittizia della circostanza aggravante di cui
all’art. 7. L. 203/91.
3.3 Nell’interesse della sola Gatto l’avv.to Domenico Falanga ha proposto
ulteriore ricorso per lamentare:
– la nullità della sentenza per manifesta illogicità, in quanto la Corte di Appell
aveva fondato il giudizio di responsabilità a carico della ricorrente in ordine

2

– Mancanza, oppure apparenza della motivazione in ordine al diniego delle

all’abusiva detenzione della pistola Walter e delle cartucce per il solo fatto del
rapporto di convivenza col marito, che ne era l’esclusivo proprietario e che aveva
redatto la denuncia, mentre nulla indicava che ella fosse stata a conoscenza della
falsità dell’annotazione nella predetta denuncia, presentata dal coniuge.
-Nullità della sentenza per manifesta mancanza o illogicità della motivazione in
ordine alla denegata concessione delle attenuanti generiche, giustificata con mere
formule di stile e non sulla scorta di concreti elementi di valutazione, non potendo

Considerato in diritto

I ricorsi sono infondati e vanno pertanto respinti.
1. In primo luogo va rilevato che la sentenza impugnata ha ricostruito le
condotte illecite ascritte agli imputati sulla scorta degli esiti della perquisizione
domiciliare, eseguita in data 6 febbraio 2009 presso la loro comune abitazione col
rinvenimento all’interno di una cassapanca in una stanza chiusa a chiave, aperta
dalla Gatto, presente all’atto dell’adempimento perché sottoposta a misura
cautelare domiciliare per altra vicenda processuale, di due pistole e 26 cartucce,
ossia di un revolver Smith & Wesson cal. 7,65 con 14 cartucce e di una pistola
Walther stesso calibro con 12 cartucce, di cui una in canna. L’illiceità della
detenzione di quest’ultima arma e delle munizioni è stata affermata da entrambe le
sentenze di merito in base al rilievo dell’avvenuta presentazione da parte del
Campolo in data 11/6/1980 di denuncia all’autorità di pubblica sicurezza soltanto
per la pistola Smith & Wesson, in quanto la menzione dell’altra arma nella denuncia
dallo stesso conservata era stata aggiunta a penna con grafia riconducibile allo
stesso imputato dopo la sua sottoscrizione e sopra l’impronta del timbro dell’ufficio
ricevente.
1.1 Tale rilievo, chiaramente esposto nella sentenza di primo grado, che, per
la sua conferma sul punto da parte di quella d’appello, ne integra la motivazione,
formando un corpo unitario, oggetto di altrettanto unitaria considerazione ai fini che
qui rilevano, priva di fondamento le obiezioni difensive, che lamentano l’illogicità
del percorso argomentativo esposto dai giudici di appello: risponde al vero che
l’originale della denuncia presentata dal Campolo non era stato rinvenuto presso gli
uffici della Questura di Reggio Calabria perché non più conservato, stante il tempo
trascorso, sicchè era mancato al processo il termine di raffronto dal quale desumere
l’avvenuta alterazione dell’atto, ma è innegabile che le conclusioni raggiunte dai
giudici di merito circa la falsificazione del documento in possesso degli imputati per

3

essere validamente utilizzate le indagini di polizia riguardanti altro processo.

l’aggiunta postuma dell’indicazione di arma non presente nella denuncia originaria
sono state logicamente dedotte dalle modalità di inserimento dell’annotazione,
manoscritta, quindi redatta in un momento diverso rispetto al testo soprastante, e
collocata dopo la sottoscrizione ed immediatamente prima del timbro di ricevuta.
Inoltre, i giudici di merito hanno considerato altro elemento capace di
dimostrare l’avvenuta interpolazione, ossia l’indicazione nel registro delle denunce,
tenuto dalla Questura di Reggio Calabria, di un sola pistola, la Smith & Wesson,

tale arma da parte dell’imputato. Sul punto le difese si sono dilungate nel
contestare la rilevanza probatoria di tale circostanza, ma la sua convergenza con le
caratteristiche materiali di contraffazione rende immune da censure, logiche o
giuridiche, la relativa deduzione della prova dell’illecita detenzione della pistola
Walther, in realtà mai denunciata all’autorità di polizia. Né valida smentita
all’assunto accusatorio può derivare dall’obiezione, secondo la quale il registro della
Questura di Reggio Calabria non copriva l’intero lasso temporale, compreso tra
1’11/6/1980 ed il 13/1/2009, dal momento che in esso era stata certamente
annotata la presentazione della denuncia del Campolo al nr. progressivo 80, sicchè
era in grado di offrire rilevanti elementi di valutazione.
1.2 Non ha fondamento nemmeno la censura che lamenta l’omessa
motivazione circa la responsabilità in ordine al delitto di detenzione illegale di cui al
capo b), dal momento che quanto rilevato circa la falsità della denuncia illustra
efficacemente anche le ragioni per le quali tale addebito è stato ritenuto
sussistente.
1.3 Quanto alla qualificazione giuridica della condotta, che la difesa del
Campolo vorrebbe ricondotta alla fattispecie contravvenzionale di cui agli artt. 38
T.U.L.P.S. e 58 r.d. n. 635/1940, la soluzione contraria, esposta nella sentenza
impugnata, è giuridicamente corretta e congruamente motivata.
1.3.1 Invero, la disposizione di cui all’art. 38 del cit. T.U. riguarda la omessa
denuncia iniziale dell’arma, sanzionata ai sensi degli artt. 2 e 7 I. 474 del 1994,
mentre l’art. 58 del regolamento di esecuzione, approvato con R.D. n. 635 del
1940, incrimina condotte materiali differenti, sanzionate dal R.D. 18 giugno 1931,
n. 773, art. 221; infatti il suo terzo comma recita testualmente: “La denuncia è
fatta nelle forme indicate dall’art. 15 del presente regolamento e deve contenere
indicazioni precise circa le caratteristiche delle armi, delle munizioni e delle materie
esplodenti; con le stesse forme deve essere denunciata qualsiasi modificazione
nella specie e nella quantità. Non è ammessa la detenzione di bombe cariche.
In caso di trasferimento del detto materiale da una località all’altra del regno, salvo
l’obbligo di cui alla L. art. 34, comma 2, il possessore deve ripetere la denuncia
4

cosa spiegabile unicamente con l’avvenuta segnalazione della sola detenzione di

cui all’art. 38 della legge, nella località dove il materiale stesso è stato trasportato.
Chi denuncia un’arma deve anche indicare tutte le altre armi di cui è in possesso e
il luogo dove si trovano, anche se sono state precedentemente denunciate “.
1.3.2 Ebbene, la chiara formulazione della norma induce a ritenere che i suoi
precetti impongano di rinnovare la denuncia in caso di trasferimento dell’arma da
un luogo ad altro quando la stessa sia stata già in precedenza presentata o
comunque di segnalare le intervenute variazioni nella specie o nel numero di armi e

aggiornata conoscenza da parte delle forze dell’ordine della localizzazione di quei
dispositivi e delle variazioni degli stessi per effetto di eventi sopravvenuti
all’originaria denuncia. In altri termini, essa riguarda i casi di omessa
comunicazione delle modifiche dei dati già rappresentati all’autorità di polizia con
l’originario atto di segnalazione, mentre rientra nell’ambito di applicazione della
previsione dell’art. 38 T.U.L.P.S. la diversa condotta consistita nella mancata
denuncia dell’arma e delle munizioni entro i termini prescritti dal momento della
loro acquisizione (Cass. sez. 1, n. 40173 del 01/10/2009, Chiri, rv. 245188; sez. 1,
n. 5841 del 17/01/2011, Guarini, rv. 249393; sez. 1, n. 2775 del 16/01/1998,
Turriano, rv. 210000), situazione verificatasi nel caso in esame con riferimento alla
pistola marca Walther ed alle cartucce, la cui detenzione non è mai stata portata a
conoscenza delle autorità di pubblica sicurezza.
1.3.3 Le difese contestano poi la plausibilità e verosimiglianza della condotta
di falsificazione di cui al capo d), sostenendo che, poiché l’arma era regolare ed era
stata legittimamente acquistata da un armiere, non vi era alcuna ragione di
ometterne la denuncia: al riguardo, il primo giudice ha rilevato come
dall’alterazione del documento già presentato il Campolo poteva trarre il vantaggio
di disporre e di utilizzare arma non direttamente a lui riconducibile, ma comunque
giustificabile come legalmente detenuta in caso di rinvenimento da parte delle forze
dell’ordine nel corso di un’eventuale perquisizione. A parte tale fondato e del tutto
ragionevole rilievo, va aggiunto che il delitto di falso richiede per la sua
configurazione il dolo generico, ossia la coscienza e volontà di immutare il vero e
prescinde completamente dai motivi che hanno indotto ad agire e, quindi, esime da
ogni accertamento in ordine alla sua volontà di favorire se stessi, oppure altri
(Cass. sez. 5, n. 6820 del 24/01/2005, P.C.in proc. Incaminato, rv. 231427; sez. 6,
n. 1051 del 22/05/1998, Tritta ed altri, rv. 213908).
2. Quanto al delitto di cui al capo a), non risulta che la disponibilità delle
munizioni sia mai stata oggetto di denuncia da parte degli imputati ed il numero di
cartucce detenute, per quanto di calibro corrispondente alle due pistole unitame e
ad esse conservate, deve ritenersi certamente eccedente la notoria dotazieffle

5

munizioni detenute e già denunciate allo scopo di garantire la costante e sempre

necessaria per il loro funzionamento, il che assume rilevanza per l’integrazione
della contravvenzione sanzionata dall’art. 697 cod. pen. ed impedisce di dare
attuazione al principio di diritto, invocato dalla difesa del Campolo, secondo il quale
“La detenzione contemporanea di un’arma da sparo e delle relative munizioni
concreta un’unica ipotesi di reato, in quanto resta assorbito nel reato di detenzione
illegale dell’arma quello di cui all’art.697 cod. pen. relativo alle munizioni, purché le
stesse non eccedano il quantitativo che ordinariamente si conserva e non siano di

contenuto in un caricatore” (Cass. sez. 6, n. 29719 del 27/05/2003, Orlandi, rv.
225870; sez. 1, n. 7702 del 04/12/1987, Ceccarelli, rv. 178764; sez. 1, n. 18376
del 28/03/2008, P.G. in proc. D’Urso, rv. 240280; sez. 1, n. 24506 del 09/06/2010,
Naccarato, rv. 247755).
3. In ordine alla posizione della Gatto le difese ripropongono censure di fatto
che sono state già esaminate e disattese dai giudici di appello, i quali hanno
rilevato che la presenza della ricorrente all’interno dell’abitazione ove erano
custodite armi e munizioni anche dopo la carcerazione del marito, iniziata il
13/1/2009, il possesso personale delle chiavi della stanza chiusa ove tali dispositivi
erano stati riposti, la pregressa convivenza col marito erano indicativi della
consapevolezza dell’esistenza di quegli oggetti non regolarmente denunciati e
dell’esercizio di un potere di fatto autonomo sugli stessi, sufficiente a fondare il
giudizio di responsabilità per la loro illecita detenzione a titolo concorsuale anche a
carico della stessa (Cass. sez. 1, n. 6547 del 05/02/2013, Sciortino, rv. 255140).
In tal modo i giudici di merito, in aderenza agli elementi probatori acquisiti, hanno
ritenuto che la Gatto, già consapevole della loro presenza all’interno dell’abitazione
familiare e della loro illegale detenzione, aveva da sè conservato, custodito e
gestito quei dispositivi in modo libero ed incondizionato, esercitando una signoria di
fatto al di fuori del controllo altrui e mantenendoli nel luogo di cui era resa edotta.
Deve dunque concludersi per la puntuale ricostruzione delle condotte criminose,
ritenute costituire un rilevante contributo concorsuale alla commissione dei delitti
contestati anche con riferimento all’elemento psicologico, desunto dai
comportamenti sopra descritti.
4. In punto di determinazione della pena, le difese hanno censurato il diniego
delle circostanze attenuanti generiche, ritenendo incongruo il riferimento alla
gravità del fatto ed al precedente giudiziario degli imputati. Sotto il primo profilo,
da ritenersi già in sé significativo e sufficiente a sostenere la decisione contestata,
si è fatto riferimento nella sentenza di primo grado all’avvenuta predisposizione
dell’arma detenuta illegalmente all’utilizzo immediato, perché conservata già carica,
in attività verosimilmente illecite senza che in senso contrario sia stato dedotto
alcunché dalle difese.

6

calibro diverso oppure non siano di numero superiore a quello che può essere

4.1 Si sostiene con i ricorsi che i giudici di appello avrebbero errato nel
considerare tale delitto, oggetto di contestazione in altro processo, come aggravato
ai sensi dell’art. 7 d.l. n. 152/91: ebbene, anche qualora la circostanza non fosse
rispondente al vero, cosa di cui i ricorrenti non offrono alcuna dimostrazione, resta
immutata la valenza giuridica e logica di tale elemento, in grado di qualificare
negativamente la personalità di entrambi gli imputati siccome inseriti in un contesto
di relazioni criminose più ampio e di maggior gravità.

momento che il terzo comma dell’art. 62-bis cod. pen. esclude la rilevanza
autonoma per la concessione delle invocate attenuanti della mera assenza di
precedenti condanne.
Per le considerazioni svolte i ricorsi vanno respinti perché privi di fondamento
con la conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P. Q. M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 13 novembre 2013.

4.2 Inoltre, non giova invocare lo stato di incensuratezza della Gatto, dal

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA