Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50890 del 13/11/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 50890 Anno 2013
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: BONI MONICA

Data Udienza: 13/11/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
IERACI FRANCESCO N. IL 13/06/1952
avverso la sentenza n. 1154/2011 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 29/11/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MONICA BONI
Udito il Procuratore Gene sale in persona del D tt.
che ha concluso per ,Q Atk aktALW

Udito, per la parte

ile, l’Avv

Uditi difensor Avv. -t 41914.‘tt)C, (aetr;
hocu WtlimAp
et

r-GO-e

p2-7

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Ritenuto in fatto

1.Con sentenza resa in data 10 marzo 2011 all’esito al giudizio abbreviato, il
G.U.P. del Tribunale di Reggio Calabria dichiarava Francesco Ieraci colpevole dei
reati ascrittigli di detenzione e porto abusivi e di ricettazione di un fucile cal. 12 del
tipo doppietta con canne mozzate e matricola punzonata, arma clandestina, di
porto abusivo di un bastone di legno lungo cm. 85 e di lesioni personali in danno
della figlia Caterina Ieraci, colpita varie volte alle gambe col predetto bastone, che
le aveva cagionato degli ematomi, e, unificati i reati nel vincolo della

ed euro 800,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e di custodia
in carcere.
1.1 La Corte di Appello di Reggio Calabria, investita dell’appello proposto
dall’imputato, con sentenza del 29 novembre 2011 riformava parzialmente la
pronuncia di primo grado ed assolveva l’imputato dal reato ascrittogli al capo E)
della rubrica di porto abusivo di arma clandestina perché il fatto non sussiste,
rideterminando la pena per i residui reati in anni due e mesi sei di reclusione ed
euro 1.200,00 di multa.
2. Avverso detta sentenza ha interposto ricorso per cassazione l’imputato a
mezzo del suo difensore, il quale ha dedotto con un unico motivo mancanza e
manifesta illogicità della motivazione in ordine al rigetto del secondo motivo di
gravame. Con tale censura si era sostenuto l’assenza di prova circa le lesioni
aggravate commesse in danno della figlia e la necessità di derubricare l’illecito in
quello di percosse, rispetto al quale l’azione penale era improcedibile per difetto di
querela, mentre i giudici di appello avevano sostenuto in modo illogico ed
incongruo che il motivo si risolveva nella proposizione di un’eccezione processuale
di nullità della contestazione per mancata specificazione della durata della
malattia, conseguita alla condotta lesiva, eccezione ritenuta intempestiva e sanata
dalla richiesta di rito abbreviato avanzata dall’imputato.

Considerato in diritto

Il ricorso è infondato e va dunque respinto.
1.11 ricorrente contesta la correttezza e congruità logica della motivazione
della sentenza impugnata con esclusivo riferimento al rigetto del secondo motivo di
appello. Per quanto risponda al vero che con tale gravame si era dedotta
l’insussistenza di prova circa le lesioni personali, cagionate alla parte lesa per
l’assenza di un certificato medico che le attestasse e, in via subordinata, la più
opportuna ed adeguata riconduzione della condotta alla fattispecie di percosse, per
la quale era richiesta la condizione di procedibilità della querela, la considerazione

1

continuazione, lo aveva condannato alla pena di anni due e mesi nove di reclusione

delle argomentazioni contenute nella sentenza impugnata smentisce l’assunto
difensivo di un’omessa pronuncia sulle questioni sollevate.
1.1 Invero, la Corte territoriale ha rilevato che la materialità della condotta
era dimostrata dalle dichiarazioni rese e citate testualmente da Caterina Ieraci, la
quale aveva riferito di essere stata raggiunta dal padre mentre si era trovata
all’interno dell’edificio scolastico frequentato dalla propria figlia, intenta ad un
colloquio con la dirigente, e di essere stata più volte colpita alle gambe dal padre
con un oggetto legnoso, che aveva tenuto nascosto all’interno di un sacchetto di
plastica e che ella, sebbene non fosse stato estratto, aveva egualmente individuato

ematomi. Pertanto, nonostante la mancata acquisizione di certificazione sanitaria
sulle conseguenze pregiudizievoli patite in conseguenza del gesto aggressivo
dell’imputato, i giudici di appello hanno ritenuto egualmente presente la prova
delle lesioni subite, ematomi conseguenza delle bastonate inflittele dall’imputato,
avendola ricavata dalle dichiarazioni della persona offesa, sulla cui attendibilità né
l’appello, né il ricorso all’odierno esame muovono alcuna censura. Resta dunque
escluso che la Corte di Appello abbia ignorato la censura difensiva, per averla
affrontata e risolta in senso reiettivo sulla scorta delle emergenze probatorie
acquisite nel corso delle indagini preliminari.
1.2 Quanto all’altro profilo della mancanza della condizione di procedibilità
dell’azione penale, la soluzione offerta dai giudici di appello in ordine alla
procedibilità d’ufficio del delitto di lesioni, ancorchè lievi, in relazione alla
contestazione e sussistenza della circostanza aggravante di aver commesso il fatto
con un’arma impropria, risulta corretta e rispettosa delle risultanze di fatto e del
testo dell’art. 585 cod. pen..
1.2.1 Si ricorda, infatti, che in tema di lesioni personali volontarie, sussiste la
circostanza aggravante del fatto commesso con armi quando il soggetto agente
utilizzi, ad esempio un manico di scopa, un pezzo di legno, un randello, tutti
oggetti che costituiscono armi improprie secondo la nozione dettata dall’art. 4,
comma secondo, legge n. 110 del 1975, il quale annovera nella categoria, non
soltanto gli strumenti da punta e taglio e gli altri oggetti specificamente indicati,
ma anche qualsiasi strumento, che, nelle circostanze di tempo e di luogo in cui sia
portato, può essere utilizzato quale corpo contundente ed essere idoneo ad
offendere la persona (Cass. sez. 5, n. 27768 del 15/04/2010, P.G. in proc, Casco,
rv. 247888; sez. 5, n. 4405 del 05/12/2008, P.G. in proc. Ramaj, rv. 242617; sez.
5, n. 28622 del 28/05/2008, P.G. in proc. Iacobone, rv. 240431; sez. 5, n. 682
del 13/12/2006, Badolato e altro, rv. 235776; sez. 5, n. 9388 del 09/02/2006,
Romano, rv. 233896).
1.2.2 Non rileva dunque l’erroneità del rilievo circa la preclusione, discendente
dalla scelta del rito abbreviato, della possibilità di contestare completezza e
specificità dell’accusa per l’omessa precisazione della durata della mala
2

per i colpi che le aveva inferto alle gambe, ove tale azione le aveva provocato degli

A

cagionata dal comportamento dell’imputato, dal momento che la Corte di Appello
ha comunque esaminato nel merito la questione dedotta dalla difesa, relativa alla
carenza della condizione di procedibilità dell’azione penale, risolta poi nei termini
sopra esposti.
Per le considerazioni svolte il ricorso va respinto con la conseguente
condanna del proponente al pagamento delle spese processuali.

P. Q. M.

processuali.
Così deciso in Roma, il 13 novembre 2013.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

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