Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5089 del 11/12/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 5089 Anno 2015
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GENOVA FRANCESCO N. IL 09/12/1944
avverso l’ordinanza n. 32/2013 CORTE ASSISE APPELLO di
PALERMO, del 09/12/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 11/12/2014

Ritenuto in fatto

1.Con ordinanza emessa il 9 dicembre 2013 la Corte di Assise di Appello di
Palermo rigettava l’istanza, proposta dal condannato Francesco Genova, volta ad
ottenere l’applicazione del disposto dell’art. 666 cod. proc. pen. in relazione alla
pronuncia della Corte Costituzionale nr. 210 del 2013 e la riduzione della pena da
espiare con la riduzione prevista per il rito abbreviato.

l’interessato personalmente, chiedendone l’annullamento per avere la Corte di
merito liquidato la questione con brevi e non condivisibili annotazioni circa
l’anteriorità della sentenza di condanna rispetto all’entrata in vigore del disposto
dell’art. 7 d.l. 24 novembre 2000, senza considerare che egli aveva chiesto
tempestivamente, tramite i propri legali, di essere ammesso al giudizio abbreviato
senza avere potuto accedere all’istituto.

Considerato in diritto

L’impugnazione è inammissibile perché fondata su motivi aspecifici.
1.La Corte di Assise di Appello ha giustificato il diniego di rideterminazione in
termini più favorevoli della pena inflitta al ricorrente, previa applicazione della
diminuente per il rito abbreviato, in considerazione dell’anteriorità della sentenza di
condanna, emessa dalla stessa Corte in data 9 novembre 2000, rispetto all’entrata
in vigore del testo di legge, la cui applicazione era stata invocata dal condannato.
Inoltre, ha rilevato che eventuali errori nella decisione di rigetto dell’istanza di
ammissione dell’imputato al rito abbreviato, commessi in sede di cognizione, non
potevano essere fatti valere e riscontrati in sede esecutiva per l’avvenuta
formazione del giudicato, tanto più che nel caso specifico l’istante non aveva
nemmeno specificato i profili di erroneità denunciati.
1.1La decisione impugnata è immune da qualsiasi vizio. In primo luogo, va
precisato che, come la giurisprudenza di questa Corte ha affermato, il principio
discendente dalla sentenza della CEDU sul caso Scoppola c. Italia si può applicare
solo a coloro che abbiano ottenuto il rito abbreviato nel periodo di vigenza della L.
n. 479 del 1999, perché solo in quel caso -non generalizzabile- l’intervenuta
modifica legislativa, con l’introduzione del D.L. n. 341 del 2000, ebbe a creare un
irragionevole pregiudizio a carico dell’imputato (sul punto, assolutamente pacifico,
cfr. rv. 254524, 254212, 254096, 251857, 253093, 252211).
In particolare, va ricordato ancora come sui temi in questione, oggetto della
presente decisione, siano già intervenute due fondamentali decisioni delle Sezion .
Unite di questa Corte di Cassazione, entrambe pronunciate in data 19/04/2012
1

2. Avverso l’indicato provvedimento, ha proposto ricorso per cassazione

n. 34233, in proc. Giannone e la n. 34472, in proc. Ercolano, sentenze alle quali il
Collegio ritiene di doversi uniformare e che, aderendo all’interpretazione offerta da
questa Corte nella sua massima espressione nomofilattica, la norma di cui all’art.
442 cod. proc. pen. laddove stabilisce la riduzione di un terzo della pena costituisce
norma di diritto materiale.
1.2 Tutto ciò premesso e ritenuto, fondatamente è stata esclusa
l’applicazione dei principi che discendono dalla sentenza della CEDU in data

ottenuto in sede di cognizione l’ammissione al rito alternativo per essere stata
respinta la sua richiesta in tal senso. In adesione a quanto stabilito nella sentenza
Giannone delle SS.UU., la conversione della pena dell’ergastolo in quella di anni
trenta è dovuta, in sede esecutiva, nel solo caso in cui il rito abbreviato sia stato
ammesso nel periodo compreso tra il 2 gennaio ed il 24 novembre 2000, e cioè
nella vigenza della L. n. 479 del 1999, art. 30, comma 1, lett. b, che prevedeva la
sostituzione, in esito al rito speciale, all’ergastolo della pena di anni trenta di
reclusione quando la decisione definitiva fosse stata pronunciata dopo il 24/11/2000
con applicazione del D.L. n. 341 del 2000, che ripristinava l’ergastolo senza
isolamento diurno.
Né sulla situazione esecutiva del ricorrente può esplicare effetti favorevoli la
pronuncia della Corte Costituzionale nr. 210 del 2013, che ha dichiarato
incostituzionale l’art. 7 del D.L. nr. 341 del 2000, dal momento che la pronuncia di
condanna a suo carico era stata emessa prima dell’entrata in vigore della norma
dichiarata incostituzionale.
Per contro, il ricorso oppone l’ingiustizia genericamente intesa della decisione
e ribadisce la formulazione della richiesta di ammissione all’abbreviato, argomenti
inidonei a superare i puntuali e giuridicamente corretti rilievi dell’ordinanza in
verifica.
Pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile con la conseguente condanna
del proponente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di
colpa insiti nella proposizione di impugnazione di tale tenore, della somma che si
stima equa di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, 1’11 dicembre 2014.

17/09/2009 nel caso Scoppola c. Italia alla situazione del ricorrente, che non aveva

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