Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5087 del 11/12/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 5087 Anno 2015
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: ROCCHI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DI GIOIA CLAUDIO N. IL 01/10/1967
avverso l’ordinanza n. 1755/2013 TRIB. SORVEGLIANZA di
FIRENZE, del 12/12/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI;

Data Udienza: 11/12/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 12/12/2013, il Tribunale di Sorveglianza di Firenze,
provvedendo sull’istanza di Di Gioia Claudio di affidamento in prova al servizio
sociale e di detenzione domiciliare, rigettava la prima domanda e concedeva la
misura della detenzione domiciliare. Il Tribunale rilevava che il richiedente non
disponeva di attività lavorativa, svolgendo attività di volontariato; non accettava
la condanna, ritenendosi vittima di un processo ingiusto e frettoloso e
sottolineando di avere per molti anni svolto l’attività di carabiniere: mancava,

2.

Ricorre per cassazione il difensore di Di Gioia Claudio, deducendo

violazione di legge e vizio di motivazione, sia con riferimento al rigetto
dell’istanza di affidamento in prova, sia per le modalità di svolgimento della
detenzione domiciliare: Di Gioia, infatti, non era stato autorizzato ad uscire dalla
propria abitazione per provvedere alle proprie esigenze di vita e per quelle
familiari, pur avendo tre figli in età scolare, né a svolgere l’attività di
volontariato.
Il ricorrente sottolinea che la mancanza di una concreta ed attuale attività
lavorativa non può determinare il rigetto dell’istanza di affidamento in prova al
servizio sociale, atteso che anche l’attività di volontariato può apportare un
impegno rieducativo. Per di più, il mancato esperimento di attività lavorativa
derivava dalla professione di carabiniere del condannato che, avendo proposto
ricorso al T.A.R. contro l’espulsione dall’Arma, non poteva svolgere attività
lavorativa diversa.
La motivazione era, altresì, illogica in quanto, da una parte il Tribunale di
Sorveglianza pretendeva una rivisitazione critica da parte del condannato per la
concessione dell’affidamento in prova, dall’altra negava ogni percorso possibile di
sostegno psicologico, non concedendo alcun permesso per il regime di
detenzione domiciliare. In ogni caso, avendo il condannato manifestato la
disponibilità ad un sostegno psicologico, necessario per una rivisitazione critica,
alla luce degli altri parametri, la misura avrebbe dovuto essere concessa.
Il ricorrente conclude per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

Il provvedimento del Tribunale di Sorveglianza è coerente con il principio di
2

quindi, un percorso di rivisitazione critica.

gradualità delle misure alternative alla detenzione e si fonda su argomentazioni
non manifestamente illogiche e nemmeno sostanzialmente contestate dal
ricorrente.

Le censure mosse in ricorso sollecitano questa Corte ad una rivalutazione
nel merito della decisione adottata, con una sovrapposizione su quella espressa
dal giudice della cognizione, operazione preclusa in questa sede; né la mancata
autorizzazione ad uscire dall’abitazione costituisce sintomo dell’illogicità della

conseguenza di specifiche istanze del condannato.

2. Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue ex lege, in
forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al versamento della somma, tale
ritenuta, di euro 1.000 (mille) in favore delle Cassa delle Ammende, non
esulando profili di colpa nel ricorso palesemente infondato (v. sentenza Corte
Cost. n. 186 del 2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 1.000 alla Cassa delle
Ammende.

Così deciso 111 dicembre 2014

Il Consigliere estensore

motivazione, ben potendo l’autorizzazione essere rilasciata successivamente in

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