Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50837 del 26/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 50837 Anno 2015
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: CAPOZZI ANGELO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DE GIORGI PIERO N. IL 04/07/1955
TABAI JILANI N. IL 10/05/1964
avverso la sentenza n. 3646/2009 CORTE APPELLO di TORINO, del
16/12/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELO CAPOZZI;

Data Udienza: 26/11/2015

23760/15
MOTIVI DELLA DECISIONE
Gli imputati DE GIORGI Piero e TABAI Mani ricorrono a mezzo del rispettivo difensore contro
l’indicata sentenza della Corte d’Appello di Torino che, in parziale riforma di quella emessa dal
GIP del locale Tribunale in data 26.11.2009, appellata dagli stessi imputati, ha riconosciuto i
predetti responsabili in ordine a due reati di cui agli artt. 110 c.p., 73 comma 5 d.P.R. n.
309/90, rideterminando la pena inflitta.

I ricorsi si rivelano inammissibili in quanto entrambi generici ed in fatto rispetto alla
correttamente motivata dosimetria della pena oltre il limite edittale ed alla sostanziale
equiparazione delle rispettive condizioni soggettive.
All’inammissibilità delle impugnazioni segue, come per legge, la condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento di una somma in favore della
cassa delle ammende, che stimasi equo quantificare in euro 1.000,00 (mille).
P. Q. M.

dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e
ciascuno della somma di Euro 1.000,00 (mille) in favore della cassa delle ammende.
Roma, 26.11.2015

Il DE GIORGI deduce violazione dell’art. 73 d.P.R. n. 309/90 e mancanza di motivazione in
ordine alla determinazione della pena, rilevante rispetto ai limiti edittali.
Il TABAI deduce vizio della motivazione in ordine alla determinazione della pena individuata in
misura uguale per entrambi gli imputati senza tenere conto della diversa e distinta statuizione
in primo grado e della condizione personale relativamente alla recidiva, potendosi ravvisare
una reformatio in pejus non consentita a carico del ricorrente.

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