Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50831 del 21/10/2016

Penale Sent. Sez. 5 Num. 50831 Anno 2016
Presidente: NAPPI ANIELLO
Relatore: CAPUTO ANGELO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
A.A.

avverso la sentenza del 04/03/2014 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/10/2016, la relazione svolta dal Consigliere
ANGELO CAPUTO
Udito il Procuratore Generale in persona del LUIGI ORSI
che ha concluso per

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 21/10/2016

Udito il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte
di cassazione dott. L. Orsi, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso. Udito
altresì per il ricorrente l’avv. P. Riccio, che ha concluso per l’accoglimento del
ricorso.
RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza deliberata il 04/03/2014, la Corte di appello di Napoli ha
confermato la sentenza del 25/05/2009 con la quale il Tribunale di Napoli aveva

terzo comma, cod. pen. (per aver offeso la reputazione di Elisa La Torre,
affiggendo nei locali della scuola in cui insegnava volantini riproducenti una
missiva indirizzata dalla La Torre al dirigente scolastico ed apponendo in calce
alla missiva stessa la parola “l’ignoranza”: fatto commesso il 19/05/2006) e lo
aveva condannato alla pena di euro 900 di multa e al risarcimento dei danni in
favore della parte civile.

2. Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Napoli ha proposto
ricorso per cassazione A.A., attraverso il difensore avv. P. Riccio,
articolando due motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1,
disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Il primo motivo denuncia inosservanza o erronea applicazione dell’art.
595 cod. pen. e vizi di motivazione. Le dichiarazioni della persona offesa T.T., del dirigente scolastico D.D. e del prof. F.F., sulle quali si
fonda l’affermazione di responsabilità del ricorrente, sono inaffidabili, smentite
da dati oggettivi, illogiche e dettate da malanimo nei confronti di A.A.. Le
sentenze di merito non hanno valutato le contraddizioni e la falsità che viziano le
dichiarazioni della persona offesa, con particolare riguardo all’episodio iniziale
della vicenda (sul quale il suo racconto è stato smentito dalla testimonianza della
prof. Guarino), alla data delle presunta affissione (indicata in giorni diversi
nell’invito/diffida indirizzato al dirigente scolastico, nella querela e nella
testimonianza dibattimentale), nonché al momento e alle modalità attraverso le
quali ha avuto contezza dell’esistenza dei manifesti. La persona offesa non è
stata vittima di un’aggressione verbale da parte di A.A., che, invece, aveva solo
censurato il fatto che fumava a scuola. Quanto alla provenienza dei fogli, le
dichiarazioni della persona offesa contrastano con quelle del dirigente De
Vincenzo, che, nel corso delle indagini, ha riferito che le espressioni “ignoranza”
e “conoscenza” erano scritte a mano, mentre in dibattimento ha sostenuto che
erano scritte a macchina; inoltre, De Vincenzo ha raccontato di aver svolto
un’inchiesta interna per individuare l’autore dell’affissione, senza saper indicare i

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dichiarato A.A. colpevole del reato di diffamazione ex art. 595, primo e

professori sentiti e ha mentito in ordine al significato della sigla rinvenuta sui
volantini: all’epoca del fatto, De Vincenzo aveva avuto un forte contrasto con
A.A., sfociato in sede giudiziaria. F.F. è l’unico teste che asserisce di aver
visto l’imputato attaccare i manifesti (come si desume dai tre testi citati dalla
difesa), ma non è in grado di spiegare come faccia a ricordare con precisione la
data del fatto e perché non aveva denunciato subito l’accaduto, né la circostanza
che il bagno in cui ha riferito di essersi recato era molto distante dall’aula in cui
teneva lezione; inoltre, la dichiarazione autografa consegnata al dirigente

2.2. Il secondo motivo denuncia inosservanza o erronea applicazione
dell’art. 595 cod. pen. con riferimento alla sussistenza dell’elemento psicologico
del reato e vizi di motivazione. La sigla “FP” (fascicolo personale) riportata sulla
missiva è irrilevante posto che entrambe le missive erano già state pubblicate
nella bacheca scolastica. Quanto al termine “l’ignoranza”, esso deve essere
valutato considerando che evidenziava solo la mancata conoscenza da parte
della La Torre della normativa antifumo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Il primo motivo è inammissibile, per plurime, convergenti, ragioni. A
giustificazione della conferma della decisione dì condanna, il giudice di appello ha
valorizzato le convergenti dichiarazioni della persona offesa, del dirigente
scolastico D.D. e del docente F.F., nonché
l’argomento logico incentrato sull’interesse specifico del solo A.A. a diffondere il
contenuto della lettera e a commentarla nei termini di cui all’imputazione:
argomento, quest’ultimo, rispetto al quale il ricorrente non articola alcun rilievo
critico.
Nel percorso argomentativo della sentenza impugnata un particolare rilievo
è attribuito alle deposizioni dei testi D.D. e F.F.. Quanto alla
prima, la Corte distrettuale ha rilevato che il dirigente scolastico ha riferito di
aver ricevuto i documenti da un docente (il prof. D’Agostino, secondo quanto
riportato dalla sentenza di primo grado) e di avere immediatamente tentato di
far rientrare la vicenda con la richiesta all’imputato di porgere le sue scuse alla
persona offesa: al riguardo, il ricorrente denuncia vari profili che dovrebbero
inficiare, sul piano dell’attendibilità, la testimonianza, ma omette di confrontarsi
con il contenuto complessivo della stessa, così come valorizzata dal giudice dì
appello e, segnatamente, con il racconto dell’immediata attivazione da parte del

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scolastico non faceva alcun riferimento ai contenuti dei manifesti.

preside per chiudere, in termini conciliativi, la vicenda, sollecitando A.A. a
scusarsi con la persona offesa. Iniziativa che, risultando svincolata dai successivi
sviluppi della vicenda, mette in luce l’immediata identificazione, da parte del
dirigente scolastico, dell’imputato quale autore dell’affissione: il che rende
ragione, per un verso, della aspecificità delle doglianze, articolate in termini
carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla
decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (Sez. 4, n.
18826 del 09/02/2012 – dep. 16/05/2012, Pezzo, Rv. 253849) e, per altro verso,

dal giudicante, determinando al suo interno radicali incompatibilità, così da
vanificare o da rendere manifestamente incongrua o contraddittoria la
motivazione (Sez. 1, n. 41738 del 19/10/2011 – dep. 15/11/2011, Pmt in proc.
Longo, Rv. 251516); conclusione, questa, riferibile anche ai rilievi del ricorrente
circa pregresse vicende asseritamente dimostrative del “malanimo” verso
l’imputato, vicende, peraltro oggetto di censura non compiutamente correlata ad
atti processuali fatti valere (Sez. 6, n. 9923 del 05/12/2011 – dep. 14/03/2012,
S., Rv. 252349). D’altra parte, la Corte di appello ha espressamente valutato
alcune delle doglianze riproposte, rilevando, con argomentazioni immuni da vizi
logici, l’irrilevanza della mancata protocollazione dei volantini e delle difformi
indicazioni circa il carattere – scritto a macchina oppure, correttamente, a penna
– della scritta “l’ignoranza” e la plausibilità del fatto che, considerata la modesta
dimensione dell’episodio e l’opportunità di non dare ad essa ulteriore clamore, il
dirigente scolastico avesse interpellato solo alcuni dei docenti della scuola,
restando, all’evidenza, priva di decisività, in ordine all’affidabilità della
testimonianza, la mancata indicazione dei professori consultati, tanto più che il
ricorrente omette di dar conto, nei termini necessari ad assicurare la specificità
della censura, del fatto che il teste sia stato puntualmente esaminato sul punto.
In ordine all’apposizione della sigla “FP”, la Corte di appello ha richiamato quanto
dichiarato dal teste Restifo circa il fatto che lo scritto “pubblicizzato”
dall’imputato riguardava “rimostranze personali da parte di un docente alla
dirigenza”, sottolineando come l’apposizione di tale sigla anche su documenti
destinati alla diffusione non dimostra che la missiva in questione dovesse essere
affissa in ambiente scolastico e dovesse essere interpolata con il gratuito
commento di cui all’imputazione: rilievi, questi, puntualmente correlati al
compendio probatorio (al contrario, non compiutamente preso in considerazione
dal ricorrente) e idonei a dar conto della manifesta infondatezza delle censure
difensive. Le ulteriori doglianze articolano, al più, questioni di merito e, così
come per alcune delle censure esaminate, risultano carenti di specificità, in
quanto, offrendo al giudice dì legittimità frammenti probatori o indiziarì,

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della manifesta inidoneità dei rilievi a disarticolare l’intero ragionamento svolto

sollecitano quest’ultimo ad una rivalutazione o ad una diretta interpretazione
degli stessi, anziché al controllo sulle modalità con le quali tali elementi sono
stati raccolti e sulla coerenza logica della interpretazione che ne è stata fornita
(Sez. 5, n. 44992 del 09/10/2012 – dep. 16/11/2012, P.M. in proc. Aprovitola,
Rv. 253774).
Rilievo, quest’ultimo, riferibile anche alle varie doglianze relative alla
deposizione del teste F.F., comunque manifestamente infondati in quanto
correlate a profili in fatto congruamente valutati dalla Corte distrettuale (la

ordine all’inaffidabilità delle dichiarazioni (ad esempio, la mancata indicazione del
“contenuto” dei manifesti nel documento indirizzato al dirigente scolastico).
Le convergenti testimonianze passate in rassegna confermano,
nell’argomentare dei giudici dì merito, la testimonianza della persona offesa,
rispetto alla quale ì rilievi del ricorrente circa l’episodio che precedette il fatto
non ne inficiano, all’evidenza, la ricostruzione confermata dai due testi indicati,
laddove le censure afferenti alla diversa indicazione della data dell’affissione e
alla conoscenza della stessa da parte di La Torre sono manifestamente infondate
in quanto investono aspetti del tutto periferici rispetto a nucleo essenziale dei
dati probatori valorizzati ai finì del decísum, ossia, come sottolinea la sentenza
impugnata, l’affissione dei manifesti nei luoghi più frequentati delle scuola e il
contento sostanziale degli stessi.

3. Anche il secondo motivo è inammissibile. La Corte distrettuale ha messo
in evidenza l’irrilevanza della questione concernente la normativa sul fumo,
rilevando che la scritta di cui all’imputazione ineriva ad una nota con la quale la
persona offesa, richiamando quanto accaduto il giorno prima (quando, secondo
la deposizione della teste B.B. riportata dalla sentenza di primo grado,
La Torre aveva richiamato A.A. ad un impegno di ufficio), invitava la dirigenza a
provvedere in ordine al ruolo del referente di classe: il ricorso omette il puntuale
confronto con le argomentazioni della Corte di merito, risultando, sotto questo
profilo, carente della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla
decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (Sez. 4, n.
18826 del 09/02/2012 – dep. 16/05/2012, Pezzo, Rv. 253849).

4. Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso, che preclude la rilevabilità
della prescrizione del reato che (considerato il periodo di sospensione del corso
della prescrizione, pari, complessivamente, a 161 giorni) sarebbe maturata
successivamente alla deliberazione della sentenza impugnata (Sez. U., n. 32 del
22/11/2000, dep. 21/12/2000, De Luca, Rv. 217266), consegue la condanna del

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distanza del bagno dall’aula scolastica) o del tutto privi di valenza dimostrativa in

ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle
ammende della somma, che si stima equa, di Euro 2.000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di euro 2.000 a favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso il 21/10/2016.

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