Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50819 del 26/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 50819 Anno 2015
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: CAPOZZI ANGELO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
AIGBONOHAN SUNDAY N. IL 24/11/1986
avverso la sentenza n. 355/2015 TRIBUNALE di PARMA, del
12/03/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELO CAPOZZI;

Data Udienza: 26/11/2015

23132/15 RG
Motivi della decisione

Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale di Parma ha applicato a AIGBONOHAN SUNDAY,
ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., la pena concordata per il reato di cui all’ art. 73 comma 5
d.P.R. n. 309/90 ed altro.
Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, personalmente, deducendo
violazione della legge penale in relazione alla qualificazione giuridica della condotta ed al
trattamento sanzionatorio in relazione alla determinazione della pena ed al suo scostamento
dai limiti minimi.

Il motivo sulla qualificazione giuridica è completamente generico.
Quello sulla pena è proposto per motivi non consentiti.
In presenza di richiesta di applicazione di pena ex art. 444 cod. proc. pen., il giudice adempie
all’obbligo di motivazione indicando le ragioni per le quale ritiene conforme a legge la
qualificazione giuridica data dalle parti al fatto di reato, assente ogni causa di non punibilità e
adeguata l’entità della pena indicata, esulando da tale suo obbligo ogni accertamento, e
conseguente motivazione, sulla prova del reato e dei suoi elementi costitutivi, in quanto
l’imputato, richiedendo lo speciale rito di cui all’art. 444 cod. proc. pen., ha rinunciato ad ogni
contestazione probatoria rispetto a quanto sul punto dedotto dal pubblico ministero (Sez. 1, n.
1480 del 24/02/1997, Magelli, Rv. 207216). Inoltre, nel ricorso per cassazione, avverso
sentenza che applichi la pena nella misura patteggiata tra le parti, non è ammissibile proporre
motivi concernenti la misura della pena, a meno che si versi in ipotesi di pena illegale. La
richiesta di applicazione della pena e l’adesione alla pena proposta dall’altra parte integrano,
infatti, un negozio di natura processuale che, una volta perfezionato con la ratifica del giudice
che ne ha accertato la correttezza, non è revocabile unilateralmente, sicché la parte che vi ha
dato origine, o vi ha aderito e che ha così rinunciato a far valere le proprie difese ed eccezioni,
non è legittimata, in sede di ricorso per cassazione, a sostenere tesi concernenti la congruità
della pena, in contrasto con l’impostazione dell’accordo al quale le parti processuali sono
addivenute.(Sez. 3, n. 18735 del 27/03/2001 Ciliberti Rv. 219852).
Il giudice, nell’applicare la pena concordata, si è conformato alle indicazioni di questa Corte
regolatrice e, adeguandosi a quanto contenuto nell’accordo tra le parti ed esplicitando
l’effettuazione dei controlli a lui demandati, ha soddisfatto in maniera adeguata all’obbligo di
motivazione, calibrato in rapporto alla speciale natura dell’accertamento in sede di applicazione
della pena su richiesta delle parti (Cass. Sez. U del 27/03/1992, Di Benedetto; Sez. U del
27/09/1995, Serafino; Sez. U del 25/11/1998, Messina) laddove ha giudicato congrua la pena
concordata.

All’inammissibilità dell’impugnazione segue, come per legge, la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della cassa delle
ammende, che stimasi equo quantificare in euro 1.500,00 (millecinquecento).
P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di Euro 1.500,00 (millecinquecento) in favore della cassa delle ammende.
Roma, 26.11.2015

Tanto premesso, si osserva che l’impugnazione si rivela inammissibile perché generica quando
non manifestamente infondata.

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