Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5078 del 18/12/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 5078 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: GRAMENDOLA FRANCESCO PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PARIS TOMMASO N. IL 23/03/1977
avverso l’ordinanza n. 12/2013 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 07/05/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO PAOLO
GRAMENDOLA;
19tte/sentite le conclusioni del PG Dott.3’‘ Ikutte,095.k.o
. 01) (1)t.”ki-d? ue-ol4o

e-4ecuo M 001Udit i difensor Avv.;
MA.c9-WW0–11i, d11/2- ,k;C(–,34,119

Data Udienza: 18/12/2013

!

1.

Osserva in:
FATTO E DIRITTO

Con ordinanza in data 7/5/2013 il Tribunale del Riesame di Reggio
Calabria, adito da Paris Tommaso in sede di appello, confermava
l’ordinanza del Tribunale in sede, che aveva rigettato la
richiesta di dissequestro della ditta individuale, intestata
all’imputato, formulata sul presupposto dell’intervenuta modifica

Riteneva il Tribunale, condividendo la motivazione dell’ordinanza
impugnata, che la documentazione, depositata dalla difesa,
comprensiva di una consulenza tecnica, da verbali di udiene
dibattimentali e verbali assunti dalla difesa ex art.391/bis
cpp., non fossero idonei ad elidere il “fumus commissi delicti”
in ordine al reato contestato ex art.12/quinquies legge 356/1992,
fondante il sequestro preventivo della ditta individuale, atteso
che essi non potevano essere valutati in modo frammentario,
occorrendo attendere l’esito del giudizio di merito in corso,
affinché potessero essere valutati nell’ambito dell’intero quadro
probatorio. Non dubitava poi né del “periculum in mora”, né della
confiscabilità del bene, alla stregua delle argomentazioni
fornite dal giudice di primo grado.

Contro tale decisione ricorre l’imputato a mezzo del suo
difensore, il quale nell’unico motivo a sostegno della richiesta
di

annullamento dell’impugnata decisione, ne denuncia l’erronea

applicazione della legge processuale in riferimento all’art.321
cpp. e il vizio di motivazione, censurando l’errore del giudice
del gravame nell’avere proceduto all’accertamento del “fumus”,
omettendo di valutare con estremo rigore le contestazioni
difensive sull’esistenza della fattispecie criminosa dedotta e
esaminando l’integralità dei presupposti che legittimavano il
processo, in contrasto con la consolidata giurisprudenza di
legittimità, richiamata in motivazione e non applicata. Quanto al

2

del quadro indiziario.

”periculum in mora”, segnala l’assoluta assenza di motivazione in
ordine a tale requisito, che la medesima consolidata
giurisprudenza di legittimità esigeva essere valutato alla
stregua di una pluralità di elementi oggettivi e soggettivi, tra
cui la natura del bene la sua connessione strumentale con il
reato, la personalità dell’imputato e le modalità dell’impiego

Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza, oltre che
ripetitivo delle doglianze formulate nell’atto di appello.

Ed invero inconsistente si ravvisa il denunciato vizio di
legittimità in ordine al requisito del “fumus”, che il Tribunale
ha valutato, ricordando come già in sede cautelare personale il
giudice di merito avesse annullato la misura applicata per vizi
di forma e non sotto il profilo della gravità indiziaria, che
rimane tale e rappresenta un quid pluris rispetto al “fumus”.
Nè a scardinare tale quadro potevano incidere gli elementi
risultanti dalla documentazione prodotta, ritenuti inidonei a
provare la sussistenza del meccanismo simulatorio, che aveva
coinvolto l’indagato, ed in ogni caso da valutarsi in sede di
giudizio di merito all’esito dell’istruttoria dibattimentale.
Le censure in ordine agli altri requisiti, legittimanti il
sequestro, si ravvisano assertive e prive di specificità, e non
si confrontano con la motivazione dell’ordinanza impugnata, che,
dopo avere ricordato la natura di “prodotto del reato” del bene,
ex art.240/1 cp., e confiscabile ex art.321/2 cpp., in linea con
la consolidata giurisprudenza di questa Corte,

giustifica

ampiamente la disposta misura coercitiva sotto il profilo della
necessità di evitare che l’indagato, attraverso la libera
disponibilità del bene, possa reiterare la condotta ascrittagli,
ovvero aggravare o protrarre le conseguenze del reato,
continuando ad assumere il ruolo di prestanome di una ditta di
fatto amministrata e gestita da sodalizio criminoso.

3

della stessa.

Segue alla declaratoria di

inammissibilità la condanna del

ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento
in favore della cassa delle ammende della somma, ritenuta di
giustizia ex art.616 cpp, di E 1.000,00.

P.

Q

M.

pagamento delle spese processuali e della somma di E 1.000,00 in
favore della cassa delle ammende.
Così deciso i Roma 18/12/2013
j,T gliere

I Prcsdente

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al

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