Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50741 del 16/10/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 50741 Anno 2015
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: AMATORE ROBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da :
Procuratore generale della Repubblica di Catania avverso la
sentenza del 23.01.2014 Giudice di Pace di Catania dichiarativa di
non doversi procedere nei confronti dell’imputato Aiello Fabio,
nato a Catania il 15.6.1979, per intervenuta estinzione dei reati
per remissione di querela in ordine alle fattispecie delittuose di
cui agli artt. 594 e 612 cp ;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso ;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Luigi Birritteri che ha concluso per l’annullamento
con rinvio della sentenza impugnata ;
RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza impugnata il Giudice di Pace di Catania aveva
dichiarato non doversi procedere nei confronti del predetto
imputato per i reati previsti dagli artt. 594 e 612 cp per
estinzione degli stessi determinata dalla tacita remissione della
querela della persona offesa che, non comparendo in giudizio,
avrebbe con il suo comportamento inequivoco manifestato la sua
volontà di non coltivare l’azione punitiva nei confronti del detto
imputato.
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Data Udienza: 16/10/2015

Il ricorso proposto dalla pubblica accusa deduce violazione o
erronea applicazione della legge penale da parte del giudice
impugnato, e più in particolare la violazione dell’art. 152,
secondo comma, cp. Deduce la parte ricorrente che, anche sulla
scorta degli insegnamenti delle Sezioni Unite di questa Corte, al
di fuori dei casi previsti, per la competenza del giudice di pace,
dal D.lgs. n. 274/2000, non è possibile rintracciare ipotesi di
remissioni tacita di querela desumibile dal comportamento
processuale della persona offesa, giacché la predetta fonte
normativa individua tale possibilità solo nella ipotesi in cui si
proceda per reati per i quali è previsto il ricorso immediato al
giudice sottoscritto dalla persona offesa o dal suo legale
rappresentante o difensore.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso presentato dall’Ufficio della Procura generale è in
realtà fondato.
2. Giova ricordare che, in subiecta materia, è intervenuta la
giurisprudenza a Sezioni Unite di questa Corte, le cui statuizioni
hanno definitivamente chiarito, per quanto qui interessa, che nel
procedimento davanti al giudice di pace instaurato a seguito di
citazione disposta dal PM, ex art. 20 D.Lgs. n. 274 del 2000, la
mancata comparizione del querelante – pur previamente avvisato che
la sua assenza sarebbe stata ritenuta concludente nel senso della
remissione tacita della querela – non costituisce fatto
incompatibile con la volontà di persistere nella stessa, sì da
integrare la remissione tacita, ai sensi dell’art. 152, comma
secondo, cod. pen. ( Cass., Sez. U, n. 46088 del 30/10/2008 – dep.
15/12/2008, P.M. in proc. Viele ).
Sotto un profilo d’ordine generale, va ricordato che – prima di
esaminare gli specifici aspetti normativi in parte qua introdotti
dal D. Lgs.vo 28 agosto 2000, n. 274 (disposizioni sulla
competenza penale del giudice di pace), nel cui contesto,
peraltro, si inserisce la fattispecie processuale in esame – la
giurisprudenza di questa Suprema Corte ha costantemente (e senza
rinvenibile contrasto alcuno) ritenuto che “la remissione tacita
di querela deve consistere in una inequivoca manifestazione di
volontà, che si concreti in un comportamento del querelante,
incompatibile con la volontà di persistere nella querela”, e che
non può ritenersi concretizzare siffatta inequivoca volontà “la
mera omessa comparizione dello stesso all’udienza dibattimentale
relativa al processo pendente a carico del querelato” (così, Cass.
Sez. V, 27 ottobre 1999, n. 5191, P.M. in proc. Zampieri ),
chiarendosi così che, “per aversi remissione tacita della querela
2

Avverso la detta sentenza ricorre il Procuratore generale
distrettuale, affidando la sua impugnativa ad un solo motivo di
ricorso.

Può soggiungersi che tale principio è stato costantemente espresso
da questa Suprema Corte anche per quanto riguarda il processo
attribuito alla competenza del giudice di pace (Sez. V, 16
dicembre 2003, n. 2667, Pravato; Sez. V, 24 febbraio 2004, n.
15093, Cataldo; Sez. V, 6 dicembre 2004, P.G. in proc. Cottone).
Deve, dunque, ritenersi definitivamente assodato che sul punto
concernente la inidoneità della semplice omessa presentazione del
querelante nel processo a concretizzare la remissione tacita della
querela non sussiste alcun contrasto giurisprudenziale. Il
contrasto è invece insorto ( e poi risolta dalla sopra richiamata
sentenza resa a Sezioni Un. ) in riferimento alla specifica
ipotesi in cui la mancata comparizione del querelante consegua ad
un espresso invito in tal senso rivoltogli dal giudice, il cui
mancato accoglimento possa essere configurato, come nell’invito
stesso preannunciato, come remissione tacita della querela.
L’indirizzo dominante ritiene che la mancata presentazione del
querelante anche a seguito di avviso in tal senso del giudice non
possa concretizzare una remissione tacita di querela (Sez. V, 8
marzo 2000, n. 8372, Di Piazza, cit.; Sez. V, 15 febbraio 2005, n.
12861, P.G. in proc. Marcangeli; Sez. V, 12 dicembre 2005, n.
6771, P.M. in proc . Longo; Sez. V, 2 luglio 2007, n. 28573, P.G.
in proc. Bertocchi; Sez. IV, 13 marzo 2008, n. 17663, P.G. in
proc. Faraci; Sez. V, l aprile 2008, n. 28152, P.G. in proc. De
Nisi), tra l’altro rilevandosi che “l’omessa comparizione del
querelante dinanzi al giudice di pace nonostante l’avviso
previamente notificatogli con l’avvertimento che la sua assenza
sarebbe stata interpretata come remissione tacita della querela
non integra gli estremi della remissione tacita di cui all’art.
152 cod. pen.”, giacché essa “è prevista solo con riguardo alla
remissione extraprocessuale, con la conseguenza che un
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la manifestazione di volontà non deve essere equivoca e cioè il
querelante deve compiere fatti incompatibili con la volontà di
persistere nella querela; deve, perciò, porre in essere fatti
commissivi, mentre la mera omessa comparizione all’udienza
dibattimentale della persona offesa dal reato è un fatto
chiaramente equivoco che non rivela la volontà di rinunciare alla
punizione del querelato”. Peraltro, è stato sempre affermato che
la mancata presentazione anche reiterata, al dibattimento è
“comportamento non necessariamente incompatibile con la volontà di
persistere nella querela”, potendo essere ricondotto ad altre
ragioni ed essendo, comunque, privo del carattere della univocità,
non sorretta la circostanza “da alcun altro elemento idoneo
all’interpretazione della reale volontà maturata dall’interessato”
(Cass., Sez. V. 24 settembre 1997, n. 9688, Chiaberge; Sez. H, 8
ottobre 2003, n. 45632, P.G. in proc. Mazzoleni; Sez. V, 28
novembre 1997 n. 1452, Panza; Sez. V, 19 dicembre 2005, n. 46808,
Ilari; Sez. V, 25 gennaio 2005, n. 34089, Coccia; Sez. IV, 1
dicembre 2004, n. 5815, P.G. in proc. Marcoionni; Sez. VI, 29
gennaio 2003, n. 13620, P.G. in proc. Manzi; Sez. VI, 15 gennaio
2003, n. 7759, Sagace; Sez. V, 8 marzo 2000, n.8372, Di Piazza).

Orbene, le Sez. un. hanno ritenuto convintamente di dover far
proprio il primo, maggioritario, indirizzo giurisprudenziale
suindicato. Ed invero, la sanzione della improcedibilità per la
mancata presenza del querelante nel processo è positivamente
disciplinata nell’ordinamento nel solo caso previsto dal D. Lgs.vo
n. 274/2000 (disposizioni sulla competenza penale del giudice di
pace). Tale testo normativo prevede, com’è noto, oltre alla
citazione a giudizio da parte del pubblico ministero (art. 20, a
seguito della novella normativa di cui all’art. 17 della L. n.
155/2005: in precedenza da parte della polizia giudiziaria sulla
base dell’imputazione formulata dal pubblico ministero), anche
(art. 21), per i reati procedibili a querela, il ricorso immediato
al giudice, sottoscritto dalla persona offesa o dal suo legale
rappresentante e dal difensore. L’art. 28, poi, in tema di
“pluralità di persone offese”, dopo aver premesso (1 ° comma) che
“il ricorso presentato da una fra più persone offese non impedisce
alle altre di intervenire nel processo”, reca (3 0 comma) che “la
mancata comparizione delle persone offese, alle quali il decreto
sia stato regolarmente notificato ai sensi dell’art. 27, comma 4,
equivale a rinuncia al diritto di querela ovvero alla remissione
della querela, qualora sia stata già presentata”. E soggiunge
l’art. 30.1 (udienza di comparizione a seguito di ricorso al
giudice da parte della persona offesa) che “la mancata
comparizione all’udienza del ricorrente o del suo procuratore
speciale non dovuta ad impossibilità a comparire per caso fortuito
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espressione
costituire
non
può
processuale
comportamento
dell’intento di remissione dell’istanza punitiva …” (Sez. V. n.
12861/2005, cit.). Invece, il diverso minoritario divisamento è
stato inizialmente espresso da Sez. V, 25 giugno 2001, n. 31963,
P.G. in proc. Pompei, la quale affermava che “l’omessa
comparizione in udienza del querelante costituisce remissione
tacita di querela nell’ipotesi in cui essa sia stata preceduta
dall’avvertimento, formulato dal giudice, che la sua assenza
all’udienza successiva sarebbe stata interpretata in tal modo”.
Premesso che “l’assenza, anche ripetuta, della parte lesa dal
dibattimento può dipendere anche da valutazioni non abdicative e
remissorie”, si è rilevato in tale sentenza che “nella fattispecie
concreta, è stata interpretata come remissione tacita della
querela non già di per sé solo la ripetuta mancata presentazione
del querelante al dibattimento, quanto piuttosto e soprattutto la
circostanza che, sebbene esplicitamente preavvertita delle
conseguenze che si sarebbero tratte da un perdurante atteggiamento
di massima inerzia e quindi ben posta in grado di valutarle
appieno, la persona offesa ha ciò nonostante preferito di non
assicurare la propria reclamata presenza in giudizio:
comportamento ritenuto avere, nel suo complesso, sicuro carattere
di contraddizione logica alla volontà di ottenere la punizione
dell’imputato manifestata con la querela”; e s’è ritenuto che
“siffatta interpretazione, in quanto sorretta da un argomentare
plausibile, comunque non manifestamente illogico, non è
censurabile nella presente sede di legittimità”.

Dunque, la mancata comparizione del querelante nel processo
comporta la (sopravvenuta) improcedibilità solo nella ipotesi
disciplinata dall’art. 21, non anche in quella prevista dall’art.
20 dello stesso testo legislativo. E ciò, del tutto logicamente,
si spiega con la considerazione che nel caso di ricorso immediato
al giudice da parte della persona offesa-querelante, questa assume
iniziative di impulso non solo genericamente procedimentali, ma
anche specificamente processuali, ed il venir meno dell’impulso
processuale da parte di chi, per sua diretta iniziativa,
geneticamente lo ha posto in essere e, nondimeno, non intenda più
coltivarlo, giustifica appieno la conseguente improcedibilità
dell’azione penale, non sussistendo più alcun interesse, né da
parte dello Stato né da parte della persona offesa-querelante,
all’ulteriore proseguimento del processo ( così, Sez. un., cit. ).
Ne discende l’accoglimento del ricorso.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Giudice di Pace di
Catania per il giudizio.
Così deciso in Roma, il 16.10.2015

o forza maggiore determina l’improcedibilità del ricorso, salvo
che l’imputato o la persona offesa intervenuta e che abbia
presentato querela chieda che si proceda al giudizio”.

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