Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5074 del 19/12/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 5074 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: PETRUZZELLIS ANNA

SENTENZA
sui ricorsi proposti da
1. Ilenia Pancaldi, nata a Ferrara il 15/08/1974
2. Tiziano Pancaldi, nato a Ferrara 24/04/1973
avverso la sentenza del 29/01/2013 della Corte d’appello di Bologna
visti gli atti, il provvedimento denunziato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Petruzzellis;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Massimo Galli,
che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Bologna con sentenza del 29/01/2013, ha
confermato la condanna di Ilenia e Tiziano Pancaldi pronunciata dal Tribunale di
Ferrara i115/12/2009 in relazione al reato di cui all’art. 369 cod. pen.
2. La difesa degli interessati ha proposto ricorso eccependo manifesta
illogicità del provvedimento impugnato.
Partendo dall’assunto secondo il quale l’autocalunnia realizzata dagli
imputati fosse stata funzionale a proteggere il fratello Airex dall’accusa di furto,
si lamenta che, in contrasto con i criteri logici, la Corte non avesse tratto alcuna
conseguenza dalla sopraggiunta assoluzione del favorito dal reato contestato,
oltre che dalla mancata identificazione degli autori del fatto illecito, elementi in
assenza dei quali non era possibile concludere in termini di certezza
sull’infondatezza delle indicazioni fornite da parte dei ricorrenti in ordine alla
propria responsabilità.

Data Udienza: 19/12/2013

Si rileva inoltre che anche la teste sulle cui affermazioni risulta fondato
l’accertamento di inaffidabilità delle assunzioni di responsabilità di Ileana per il
furto, non aveva saputo fornire indicazioni sulle reali modalità di svolgimento dei
fatti, cosicché la prova da questa offerta risulta irrilevante al fine
dell’accertamento di sussistenza del reato ritenuto.
3. Si deduce illogicità della motivazione nella parte in cui ha valutato le

credibilità ai ricorrenti e massima affidabilità alla teste Pagani, le cui dichiarazioni
risultano viziate dall’evidente finalità di evitare le conseguenze dell’accusa per il
reato di furto, prospettando in alternativa tutte le incongruenze cui doveva
essere sottoposta la chiave di lettura posta a base della decisione.
4.

Analogo vizio argomentativo viene eccepito con riferimento alla

decisione di escludere il riconoscimento delle attenuanti generiche in favore di
Tiziano Pancaldi, malgrado la posizione di secondo piano rivestita dell’interessato
nel procedimento in esame.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono infondati.
2. La deduzione riguardante l’illogicità della motivazione non è giustificata in
quanto svolta isolando una parte della valutazione, attribuendole un ruolo
determinativo, che, al contrario, questa non assume né sul piano giuridico, né su
quello logico.
Elemento costitutivo del reato di autocalunnia è la falsità delle accuse
formulate a proprio carico, e nella specie risulta ampiamente argomentata la
dimostrazione di tale estremo, sulla base della ricostruzione dei fatti.
In particolare, nel provvedimento impugnato si segnala l’inaffidabilità delle
dichiarazioni rese dagli interessati per la mancata individuazione, a cura della
ricorrente, di modalità esecutive realistiche per l’apprensione ed il trasporto a

prove testimoniali acquisite nel diverso procedimento, attribuendo scarsa

sua cura dei beni, di natura estremamente ingombrante, risultati sottratti nei
giardini privati di terzi, e poi presenti nelle pertinenze esterne dell’abitazione
della famiglia della ricorrente; per la mancata capacità della donna di
individuazione dei luoghi ove questi erano stati appresi; per l’erronea
individuazione dell’epoca delle sottrazioni; per la smentita fornita dalla pretesa
complice, che ha dichiarato, in senso contrario, di essere stata sollecitata
dall’amica a proporre la medesima versione, richiesta alla quale non aveva
acceduto.
Si osservava da ultimo la particolare incredibilità della pretesa
collaborazione della terza nell’illecito, preclusa da una sua invalidità funzionale

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che le avrebbe impedito l’esecuzione dei movimenti necessaria a spostare gli
oggetti sottratti dal luogo in cui li avevano collocati i legittime proprietari per
trasferirli nel giardino di pertinenza dell’alloggio della famiglia Pancaldi, peraltro
non occupato dalla ricorrente, accusatasi del furto.
Gli elementi di fatto esposti, del tutto ignorati nel ricorso, danno ragione in
maniera esauriente dell’individuazione a cura del giudice di merito degli elementi

stante la natura generica del dolo del reato richiesto.
Ne consegue che, se il movente dell’azione, altrimenti inspiegabile, è stato
individuato nella necessità di proteggere il fratello degli odierni ricorrenti,
gravato da precedenti ostativi alla concessione di benefici, per contro
l’assoluzione di quest’ultimo nel procedimento instaurato a suo carico, non priva
di sostegno la tesi accusatoria, in ragione degli univoci indizi acquisiti sugli
elementi costitutivi del reato.
Per completezza deve rilevarsi in fatto che la particolare finalità della
condotta non può dirsi esclusa sulla base dell’accertamento postumo di
estraneità al reato del fratello che si assume volersi favorire da parte degli
agenti, in quanto, quel che rileva, è la valutazione dei fatti che all’epoca degli
accertamenti potevano avere svolto gli odierni ricorrenti che, a fronte di una
situazione oggettivamente compromettente -quale la conclamata presenza di
oggetti rubati nel cortile dell’abitazione familiare- possono aver nutrito timori sul
coinvolgimento del loro familiare.
Il movente, irrilevante al fine della consumazione del reato ritenuto,
presuppone una valutazione di tipo soggettivo, rispetto alla quale è indifferente il
riscontro oggettivo sull’effettività degli elementi su cui è fondata, che ben
possono essere sconosciuti anche all’agente, il quale opera le sue personali
determinazioni sulla base delle cognizioni in suo possesso, ed è indubbio che
nella specie gli elementi oggettivi rimandavano alla presenza di un rilevante
interesse al possesso dei beni sottratti da parte degli occupanti dell’abitazione
ove erano custoditi.
3. Inammissibili sono le deduzioni operate in riferimento alla valutazione
della prova, che sono mirate a contestare singoli passaggi motivazionali della
sentenza, ignorandone il complessivo sviluppo; così la svalutazione per
inattendibilità della versione resa dalla teste Pagani, colei che avrebbe ricevuto la
richiesta di Ileana Pancaldi di addossarsi la responsabilità dell’accaduto
unitamente alla ricorrente, risulta formulata con esclusivo riferimento
all’interesse di questa a fornire tale versione, omettendo di considerare l’insieme
ulteriore degli elementi di accusa a carico dei ricorrenti, la coerenza logica di
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costitutivi del reato, ai quali è estranea l’individuazione delle finalità dell’azione,

quanto espresso dalla donna, oltre che l’affidabilità del suo narrato che ha
costituito base anche dell’accertamento penale assolutorio in favore di Airex
Pancaldi che si assume protetto dai ricorrenti, elementi tutti sui quali
approfonditamente si sofferma la sentenza impugnata, che risultano
completamente ignorati nel ricorso, ove genericamente si assume che nella
sentenza impugnata sia stata ingiustificatamente ritenuta la natura dirimente di

4. Inammissibile, in quanto involge una valutazione di merito in luogo che
segnalare specifici vizi motivazionali, è il motivo con il quale si contesta il
mancato riconoscimento delle attenuanti generiche in favore di Tiziano Pancaldi,
con il quale, ignorandosi le valutazioni esposte dal giudice di merito, si
contrappongono ulteriori elementi di fatto. In senso contrario, come più volte
affermato da questa Corte (per tutte Sez. 6, n. 41365 del 28/10/2010 – dep.
23/11/2010, Straface, Rv. 248737), le argomentazioni sul punto devono ritenersi
esaurienti ove il giudicante abbia posto in luce gli elementi che lo hanno
determinato in senso negativo, dovendosi intendere superate le valutazioni
opposte.
5. In applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen. i ricorrenti sono tenuti al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 19/12/2013.

tale testimonianza, argomentandosi per converso la sua inaffidabilità.

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