Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50688 del 07/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 50688 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ANNI MOHAMED N. IL 01/03/1975
RATIB REDOUANE N. IL 18/01/1971
avverso la sentenza n. 8385/2011 GIP TRIBUNALE di VERONA, del
11/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO PAOLONI;

Data Udienza: 07/11/2013

R. G. 10795 / 2013

Con atti di impugnazione personali di uguale contenuto espositivo gli imputati
cittadini marocchini Mohamed Anni e Redouane Ratib ricorrono per cassazione contro
la sentenza del g.u.p. del Tribunale di Verona indicata in epigrafe, con cui -su loro
richieste, assentite dal p.m.- sono state ad essi applicate ai sensi dell’art. 444 c.p.p. le
pene, concesse le attenuanti generiche al solo Anni, di sei mesi di reclusione (con pena
sospesa) per Anni e di sette mesi di reclusione per Ratib in relazione ai reati, avvinti da
continuazione, di concorso in resistenza e in lesioni volontarie a p.u. (violenta reazione
con colluttazione nei confronti degli agenti di polizia intervenuti in locale pubblico in cui
entrambi rifiutavano di pagare le consumazioni e disturbavano gli altri avventori).
Con i rispettivi ricorsi i due imputati deducono difetto di motivazione in merito
all’asserita mancata verifica della sussistenza di cause di non punibilità ad essi
applicabili ai sensi dell’art. 129 c.p.p.
I ricorsi, generici, sono inammissibili per indeducibilità delle addotte ragioni di
censura, non indicando in alcun modo le evenienze per cui, in presenza di richieste di
pene patteggiate provenienti dagli stessi imputati, tali da presupporre rinuncia implicita
a questioni sulla colpevolezza, il decidente giudice di merito avrebbe dovuto eludere le
richieste per giungere ad una decisione liberatoria basata sull’evidenza della inesistenza
dei reati o della non colpevolezza degli imputati, palesemente smentite dalle emergenze
connesse al loro arresto in flagranza di reato richiamate in sentenza.
All’inammissibilità segue per legge la condanna dei ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e individualmente al versamento della somma, stimata equa, di euro
1.500,00 (millecinquecento) ciascuno alla cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno a quello della somma di euro millecinquecento in favore della
cassa delle ammende.
Roma, 7 novembre 2013

Motivi della decisione

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