Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50684 del 07/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 50684 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LA MANNA RAFFAELE N. IL 12/03/1987 parte offesa44e1
-pfaserliaaato
RUFINO CRISTINA N. IL 27/04/1988 parte offesa nel procedimento
c/
CANDELA SALVATORE N. IL 15/09/1951
CANDELA GIOVANNI N. IL 25/11/1976
SIRIGNANO ANNUNZIATA N. IL 21/02/1950
avverso il decreto n. 10897/2012 GIP TRIBUNALE di NOLA, del
21/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO PAOLONI;

Data Udienza: 07/11/2013

R. G. 10698 /2013

Aderendo alla richiesta del procedente p.m., il g.i.p. del Tribunale di Nola con decreto
in data 21.12.2012, emesso de plano ai sensi dell’art. 410 co. 2 c.p.p., ha dichiarato
inammissibile l’opposizione alla richiesta di archiviazione proposta dai denuncianti-persone
offese Raffaele La Manna e Cristina Rufmo nel procedimento penale iscritto nei confronti
di Salvatore Candela, Giovanni Candela e Antonietta Sirignano per il reato di calunnia.
Il decidente g.i.p. ha valutato prive di pregio le censure rivolte agli argomenti definitori
del p.m. e deficitarie le generiche integrazioni istruttorie delle persone offese, avuto riguardo
alla già raggiunta compiutezza ricostruttiva dei fatti oggetto di indagine e, dunque, alla
inutilità di eventuali ulteriori dati informativi. Ciò con riguardo alla rilevata mancanza di dati
per una eventuale proiezione dibattimentale della vicenda oggetto di indagine, caratterizzata
da un’insanabile divaricazione delle confliggenti tesi dei protagonisti della vicenda, essendo
ancora in corso, per altro, i procedimenti scaturiti dalle loro rispettive reciproche denunce.
Il La Manna e la Rufino mediante il difensore ricorrono contro il decreto, denunciando
carenza di motivazione e illegittimità per violazione delle norme sul procedimento camerale e
sugli elementi costitutivi del reato di calunnia, in particolare censurando l’incongrua
anticipazione di un giudizio di merito da parte del decidente, sommariamente enunciante
l’infondatezza della notizia di reato. Apprezzamento che una meditata analisi degli atti
acquisiti e delle dichiarazioni rese da indagati e denunciante avrebbe dovuto condurre verso
la sostenibilità in giudizio dell’accusa di calunnia proveniente dalle persone offese.
I ricorsi sono inammissibili per manifesta infondatezza.
Le doglianze dei ricorrenti si concentrano sulla delibata infondatezza della notizia di
reato, prima che sulla stessa inammissibilità dell’opposizione, ma il giudizio del g.i.p. esprime
la trasparente completezza del vaglio effettuato dal giudice in merito a rilevanza e pertinenza
(cioè inerenza al thema decidendum) dei prospettazioni accusatorie enunciate dal ricorrente.
La connessa inconferenza, ai fini della definizione del quadro di analisi, degli enunciati
censori dei ricorrenti non inficia i contorni di una condotta degli indagati insuscettibile di
condurre ad apprezzabili esiti dibattimentali. Ne discende che la decisione adottata dal g.i.p. è
del tutto aderente al dettato normativo ed in linea con lo stabile orientamento interpretativo
delineato in materia da questa Corte regolatrice (cfr., ex pluribus: Cass. Sez. 5, 8.2.2007 n.
11524, P.O. in proc. Giovanardi, rv. 236520; Cass. Sez. 6, 13.11.2012 n. 6579/13, P.O. in proc.
Febbo, rv. 254869; Cass. Sez. 6, 3.4.2013 n. 21226, P.O. in proc. Sangiorgi, rv. 255676). Né è
dubitabile che l’inammissibilità dell’opposizione delle persone offese ritenuta dal g.i.p. in base
alla carenza delle condizioni previste dal i° comma dell’art. 410 c.p.p. in rapporto alla vagliata
infondatezza della notizia di reato (ostativa ad ulteriori indagini) consente senz’altro al g.i.p.
di disporre l’archiviazione degli atti de plano, senza la fissazione dell’udienza camerale ex art.
409 CO. 2 c.p.p.
All’inammissibilità dei ricorsi segue per legge (art. 616 c.p.p.) la condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di ciascuno a quello del versamento di una
somma alla cassa delle ammende, che stimasi equo fissare in euro 500,00 (cinquecento) pro
capite.
P. Q. M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno a quello della somma di euro cinquecento in favore della cassa delle
ammende.
Roma, 7 novembre 2»1 3

Motivi della decisione

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