Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50680 del 20/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 50680 Anno 2015
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: MICHELI PAOLO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GJEGJI ALFRED N. IL 26/06/1986
GJONAI EMIRJON N. IL 02/02/1991
VATA VILSON N. IL 16/02/1992
avverso la sentenza n. 3212/2014 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di BOLZANO, del 02/07/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PAOLO MICHELI;

Data Udienza: 20/11/2015

FATTO E DIRITTO
Il 02/07/2014, il Gup del Tribunale di Bolzano pronunciava sentenza ex art. 444 del
codice di rito nei confronti (anche) di Alfred Gjegji, Emirjon Gjonaj e Vilson Vata, imputati
di associazione per delinquere (i primi due) e di vari reati contro il patrimonio (tutti, con
addebiti distinti).
Propongono ricorso:
l’Avv. Pasquale Fabio Crea, difensore del Gjegji, che lamenta carenza della

di proscioglimento dell’imputato;
l’ulteriore difensore del Gjegji, Avv. Nicola Nettis, che deduce difetto di
motivazione per essersi il giudicante limitato a recepire l’accordo intervenuto fra le
parti, senza una autonoma analisi della regiudicanda (attraverso la quale, fra
l’altro, sarebbe emersa una ipotesi di collaborazione da parte del prevenuto);
lo stesso Avv. Nettis, con distinto atto di impugnazione ma di contenuto
sovrapponibile, anche nell’interesse del Gjonaj;
il Vata, unitamente al proprio difensore, che lamenta difetto di motivazione
sull’omessa applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen., nonché sulla ravvisabilità
dell’ipotesi di cui all’art. 624-bis cod. pen. e dell’attenuante prevista dall’art. 62 n.
4 dello stesso codice.
Il nuovo difensore del Gjegji e del Gjonaj, Avv. Fabio Rocco, ha fatto pervenire
memorie nell’interesse dei suoi assistiti, con cui ribadisce le censure già evidenziate e
segnala inoltre che la pronuncia non rispetta l’obbligo di motivazione in punto di
qualificazione giuridica degli addebiti, come pure in ordine alla indicazione del computo
della pena e dei passaggi attraverso i quali si è pervenuti al trattamento sanzionatorio
finale.
I ricorsi sono inammissibili, per manifesta infondatezza.
Osserva il Collegio che la motivazione contratta, avuto riguardo alla speciale natura
dell’accertamento in sede di sentenze ex art. 444 cod. proc. pen., deve solo dare
contezza della correttezza della qualificazione giuridica, dell’insussistenza di cause di
proscioglimento e della congruità della pena oggetto dell’accordo. Nel caso di specie,
deve rilevarsi che le pene prospettate nelle varie istanze rientrano nei limiti legali, e va
ricordato che in caso di patteggiamento «la valutazione di congruità della pena oggetto
dell’accordo tra le parti deve aver riguardo alla pena indicata nel risultato finale,
indipendentemente dai singoli passaggi interni, in quanto è unicamente il risultato finale
che assume valenza quale espressione ultima e definitiva dell’incontro delle volontà delle
parti» (Cass., Sez. III, n. 28641 del 28/05/2009, Fontana, Rv 244582). Peraltro, il
computo delle pene patteggiate risulta indicato in epigrafe alla pronuncia (v. pagg. 3537).

motivazione per non essere state evidenziate le ragioni della insussistenza di cause

Inoltre, l’esclusione dell’applicabilità dell’art. 129 del codice di rito si fonda su un
complessivo richiamo agli atti processuali ed al contenuto di precedenti provvedimenti in
tema di misure cautelari personali e reali, così soddisfacendo lo standard motivazionale
per tale genere di decisioni, atteso che «nella motivazione della sentenza di
patteggiamento, il richiamo all’art. 129 cod. proc. pen. è sufficiente a far ritenere che il
giudice abbia verificato ed escluso la presenza di cause di proscioglimento, non
occorrendo ulteriori e più analitiche disamine al riguardo» (Cass., Sez. VI, n. 15927 del
01/04/2015, Benedetti, Rv 263082).

delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità, in quanto riconducibile alla loro volontà (v. Corte Cost.,
sent. n. 186 del 13/06/2000) – al versamento in favore della Cassa delle Ammende della
somma di € 1.500,00, così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi, e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 20/11/2015.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna dei ricorrenti al pagamento

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