Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50673 del 20/11/2015
Penale Ord. Sez. 7 Num. 50673 Anno 2015
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: MICHELI PAOLO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
ABDU LAH MUSTAPHA N. IL 11/12/1979
avverso la sentenza n. 3426/2014 TRIBUNALE di TORINO, del
21/06/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PAOLO MICHELI;
Data Udienza: 20/11/2015
FATTO E DIRITTO
Il 21/06/2014, il Tribunale di Torino pronunciava sentenza ex art. 444 del codice di
rito nei confronti (anche) di Mustafa Abdulah, imputato di concorso in un furto con
strappo. L’Abdulah propone personalmente ricorso per cassazione, lamentando carenza
della motivazione, con riferimento alle previsioni degli artt. 448 e 546 cod. proc. pen.,
essendosi il giudice di merito «limitato a considerare la correttezza della qualificazione
giuridica del fatto e l’applicazione delle circostanze come prospettate dalle parti».
Osserva il Collegio che la motivazione contratta, avuto riguardo alla speciale natura
dell’accertamento in sede di sentenze ex art. 444 cod. proc. pen., deve solo dare
contezza della correttezza della qualificazione giuridica, dell’insussistenza di cause di
proscioglimento e della congruità della pena oggetto dell’accordo, tutti elementi che il
giudice di merito, nel caso in esame, risulta avere analizzato. La giurisprudenza di
questa Corte ha più volte ribadito, a riguardo, che «l’accordo intervenuto esonera l’accusa
dall’onere della prova e comporta che la sentenza che recepisce l’accordo fra le parti sia
da considerare sufficientemente motivata con una succinta descrizione del fatto
(deducibile dal capo d’imputazione), con l’affermazione della correttezza della
qualificazione giuridica di esso, con il richiamo all’art. 129 cod. proc. pen. per escludere
la ricorrenza di alcuna delle ipotesi ivi previste, con la verifica della congruità della pena
patteggiata ai fini e nei limiti di cui all’art. 27 Cost.» (Cass., Sez. IV, n. 34494 del
13/07/2006, Koumya, Rv 234824).
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità, in quanto riconducibile alla volontà del ricorrente
medesimo (v. Corte Cost., sent. n. 186 del 13/06/2000) – al versamento in favore della
Cassa delle Ammende della somma di C 1.500,00, così equitativamente stabilita in
ragione dei motivi dedotti.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di C 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 20/11/2015.
Il ricorso è inammissibile, per manifesta infondatezza.