Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50667 del 08/11/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 50667 Anno 2013
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: LA POSTA LUCIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI NAPOLI
nei confronti di:
CAVALIERE MARIO N. IL 04/05/1972
inoltre:
CAVALIERE MARIO N. IL 04/05/1972
avverso l’ordinanza n. 3923/2013 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
27/05/2013
sentita la relazione fatta dal Consi gliere Dott. LUCIA LA POSTA ;
lepesentite le conclusioni del PG Dott.
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Data Udienza: 08/11/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con provvedimento del 27.5.2013 il Tribunale di Napoli, costituito ex art.
309 cod. proc. pen., confermava l’ordinanza di custodia cautelare in carcere,
emessa nei confronti di Mario Cavaliere dal Gip dello stesso tribunale, in data
3.5.2013, in relazione al reato di concorso nell’omicidio, aggravato ai sensi
dell’art. 7 d.l. n. 152 del 1991, in danno di Orabona Davide, e nel tentato
omicidio di Pedana Nicola, nonché, alle correlate violazioni in materia di armi

ordinanza con riferimento al concorso nell’omicidio di Pecchia Gaetano avvenuto
il 16.5.2000 (capi E ed F).
Premesso che gli episodi si inseriscono nel contesto delle contrapposizioni
tra gruppi avversi di sodalizi camorristi tra la fine degli anni ’90 ed il 2007 ed, in
particolare, dei contrasti tra il gruppo Bidognetti e quello Tavoletta-Ucciero che si
contendevano il controllo di vasta area del territorio casertano, e richiamata la
motivazione dell’ordinanza impugnata, il tribunale rilevava che il compendio
indiziario a carico del Cavaliere in ordine alla partecipazione all’omicidio
dell’Orabona è stato tratto dalle dichiarazioni convergenti dei collaboratori di
giustizia Verde Enrico – che è stato irrevocabilmente condannato alla pena
dell’ergastolo quale esecutore materiale – e Bidognetti Domenico, ai vertici
dell’omonimo sodalizio.
Di contro, gli elementi acquisiti a carico del Cavaliere in ordine al secondo
episodio omicidiario non sono stati reputati conducenti in termini di gravità
indiziaria. Premesso che gli indizi possono essere tratti da convergenti
dichiarazioni riferite da collaboratori de relato, ad avviso del tribunale, nella
specie le circostanze riferite da Iovine Massimo, apprese da Letizia Giovanni e da
Iannarella Pasquale, non possono ritenersi confermate da quelle rese da Verde
Enrico e da Verde Antonio in contrasto tra loro. Infatti, pur avendo tutti i
dichiaranti saputo del coinvolgimento del Cavaliere nell’omicidio del Pecchia per
averlo appreso dallo Iannarella, emergeva una evidente difformità in ordine al
ruolo che il predetto Iannarella aveva avuto nell’episodio, atteso che secondo
Verde Antonio questi vi aveva partecipato come «specchiettista», mentre
Verde Enrico aveva riferito che lo Iannarella si era rifiutato di partecipare. D’altro
canto, non è stata operata alcuna verifica di credibilità dell’altra fonte di
conoscenza del fatto indicata dallo Iovine.

2. Avverso il citato provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il
Procuratore della repubblica di Napoli, nonché, il Cavaliere, a mezzo del
difensore di fiducia.

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(capi A, B, C e D), fatti commessi il 14.10.1998. Annullava, invece, la predetta

2.1. Il pubblico ministero denuncia la violazione di legge ed il vizio della
motivazione dell’ordinanza impugnata avuto riguardo alla valutazione dei gravi
indizi di colpevolezza relativamente all’omicidio di Pecchia Gaetano ed in specie
delle dichiarazioni dei tre collaboratori di giustizia che non posso ritenersi né
generiche, né in contrasto tra loro.
Riportati i passi di interesse delle dichiarazioni dello Iovine, di Verde Antonio
e Verde Enrico, evidenzia come le stesse provengano da soggetti appartenenti al
gruppo criminale dei Bidognetti, abbiano come fonte comune lo Iannarella che

del narrato: quanto alla causale dell’omicidio, alla partecipazione al gruppo di
fuoco del Cavaliere e di Cirillo Alessandro, alla persona che esplose i colpi
uccidendo il Pecchia, ossia il Cavaliere, mentre il Cirillo guidava l’autovettura.
Sono, invece, irrilevanti alcune divergenze.

2.2. L’indagato lamenta la violazione di legge ed il vizio della motivazione
avuto riguardo alla valutazione del compendio indiziario relativamente alla
partecipazione all’omicidio dell’Orabona ribadendo la contraddittorietà delle
dichiarazioni di Verde Enrico nei due diversi interrogatori in ordine alla fase
successiva all’omicidio nella quale avrebbe incontrato il Bidognetti. Pertanto, le
dichiarazioni del predetto non possono costituire idoneo riscontro a quanto
riferito da Bidognetti Domenico e sul punto il tribunale ha motivato con
argomenti lacunosi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. E’ inammissibile, all’evidenza, il ricorso proposto dal Cavaliere relativo
alla valutazione del compendio indiziario a suo carico.
Ribadito che il vaglio di legittimità demandato a questa Corte non può non
arrestarsi alla verifica del rispetto delle regole della logica e della conformità ai
canoni legali che presiedono all’apprezzamento dei gravi indizi di colpevolezza,
prescritti dall’art. 273 cod. proc. pen. per l’emissione dei provvedimenti restrittivi
della libertà personale, senza poter attingere l’intrinseca consistenza delle
valutazioni riservate al giudice di merito, ad avviso del Collegio, la motivazione
dell’ordinanza impugnata, specifica, completa ed articola è, altresì, immune dai
dedotti vizi di illogicità.
Dato atto della verificata attendibilità soggettiva ed intrinseca dei
dichiaranti, autoaccusatisi di gravissimi reati, le cui propalazioni sono state poste
a fondamento di numerosi provvedimenti, i giudici del riesame hanno
sottolineato che il Bidognetti ha affermato di essere stato mandante dell’omicidio
e che il piano prevedeva che Verde Enrico guidasse l’auto, mentre il Cavaliere

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pure faceva parte del gruppo, deceduto, e siano conformi nelle parti essenziali

insieme a Setola Giuseppe doveva sparare; che il fatto era avvenuto in una
tabaccheria ed il Cavaliere ed il Setola si erano recati da lui a riferire
dell’agguato. Tali dichiarazioni erano state confermate anche successivamente
dal Bidognetti che aveva fornito ulteriori particolari.
Detta chiamata diretta in correità trovava riscontro individualizzante nelle
circostanze indicate da Verde Enrico che aveva riferito dell’episodio in più
occasioni apportando alcune precisazioni e correzioni, quanto alla indicazione dei
partecipi, che, ad avviso del tribunale, possono essere ragionevolmente

rese il 17.12.2009 sono quelle iniziali della scelta collaborativa nelle quali,
quindi, il Verde aveva riferito di numerosissime vicende maturate nell’ambito
della faida tra gruppi contrapposti.
Conseguentemente, non emerge alcuna contraddizione ed il tribunale ha
sottolineato in maniera logica come le dichiarazioni si riscontrino reciprocamente,
essendo del tutto coincidenti, fatto salvo per alcuni particolari della scarsa
rilevanza dei quali il tribunale ha argomentato compiutamente, tanto per le
divergenze tra le diverse dichiarazioni del Verde, quanto per le indicazioni del
Verde in ordine al luogo in cui aveva riferito al Bidognetti dell’agguato, alla luce
del chiarimento fornito sul punto dalle dichiarazioni del Bidognetti stesso.
Il tribunale, invero, ha fatto corretta applicazione dei principi più volte
affermati da questa Corte secondo i quali i riscontri esterni alle chiamate in
correità possono essere costituiti anche da ulteriori dichiarazioni accusatorie, le
quali devono caratterizzarsi per la loro convergenza in ordine al fatto materiale
oggetto della narrazione, per la loro indipendenza – intesa come mancanza di
pregresse intese fraudolente – da suggestioni o condizionamenti che potrebbero
inficiare il valore della concordanza, per la loro specificità, nel senso che la c.d.
convergenza del molteplice deve essere sufficientemente individualizzante e
riguardare sia la persona dell’incolpato sia le imputazioni a lui ascritte. Con la
necessaria precisazione che non può pretendersi una completa sovrapponibilità
degli elementi d’accusa forniti dai dichiaranti, ma deve privilegiarsi l’aspetto
sostanziale della loro concordanza sul nucleo centrale e significativo della
questione fattuale da decidere (Sez. 2, n. 13473, 04/03/2008, Lucchese, r. v.
239744).
Le doglianze dell’indagato, quindi, si sostanziano nella mera riproposizione
dei rilievi sottoposti al vaglio del tribunale del riesame, finalizzata ad una
inammissibile rivalutazione da parte del giudice di legittimità.

2.

Sono, altresì, palesemente infondate le censure oggetto del ricorso del

Procuratore della repubblica.

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giustificate tenuto conto della epoca lontana dei fatti e che le prime dichiarazioni

Invero, il tribunale ha affermato che le circostanze riferite da Iovine
Massimo, apprese da Letizia Giovanni e da Iannarella Pasquale, non possono
ritenersi confermate da quelle rese da Verde Enrico e da Verde Antonio in
contrasto tra loro sulla ricostruzione della specifica vicenda ed, in particolare, in
ordine alla partecipazione all’omicidio dello Iannarella dal quale avrebbero
appreso le circostanze riferite. Inoltre, il tribunale ha rilevato che in ordine
all’altra fonte di conoscenza del fatto indicata dallo Iovine non è stata operata
alcuna verifica di credibilità.

fonte diretta, il cui esame risulti impossibile, può avere come unico riscontro, ai
fini della prova della responsabilità penale dell’accusato, altra o altre chiamate di
analogo tenore, purchè: risulti positivamente effettuata la valutazione della
credibilità soggettiva di ciascun dichiarante e dell’attendibilità intrinseca di ogni
singola dichiarazione, in base ai criteri della specificità, della coerenza, della
costanza, della spontaneità; siano accertati i rapporti personali fra il dichiarante
e la fonte diretta, per inferirne dati sintomatici della corrispondenza al vero di
quanto dalla seconda confidato al primo; vi sia la convergenza delle varie
chiamate, che devono riscontrarsi reciprocamente in maniera individualizzante,
in relazione a circostanze rilevanti del thema probandum; vi sia l’indipendenza
delle chiamate, nel senso che non devono rivelarsi frutto di eventuali intese
fraudolente; sussista l’autonomia genetica delle chiamate, vale a dire la loro
derivazione da fonti di informazione diverse (Sez. U, n. 20804 del 29/11/2012 dep. 14/05/2013, Aquilina e altri, Rv. 255143)
Anche alla luce dei rilievi operati dal tribunale, nella specie non sono stati
vagliati tutti i predetti presupposti delle dichiarazioni de relato sulle quali era
stata affermata la gravità indiziaria a carico del Cavaliere per i reati contestati ai
capi E) ed F); né il pubblico ministero ne dà conto nell’atto di ricorso.

3. Alla inammissibilità del ricorso del Cavaliere consegue di diritto la
condanna del predetto al pagamento della spese processuali e quella al
versamento di una somma ritenuta congrua di euro 1.000,00 (mille) in favore
della cassa delle ammende.
La cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94,
comma 1 ter, disp. att. cod. proc. pen..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso del pubblico ministero.

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La chiamata in correità o in reità de relato, anche se non asseverata dalla

Dichiara inammissibile il ricorso del Cavaliere che condanna al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla cassa
delle ammende.
Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al
Direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94, comma 1 ter, disp. att.
cod. proc. pen..

Così deciso, 1’8 novembre 2013.

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