Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50661 del 20/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 50661 Anno 2015
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: MICHELI PAOLO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PRETTO CRISTIANO N. IL 10/04/1979
avverso la sentenza n. 2645/2013 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
03/11/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PAOLO MICHELI;

Data Udienza: 20/11/2015

FATTO E DIRITTO
Cristiano Pretto ricorre personalmente avverso la sentenza emessa il 03/11/2014
dalla Corte di appello di Venezia; la dichiarazione di penale responsabilità del ricorrente
riguarda un addebito di furto. Con il ricorso si deduce l’illogicità della motivazione della
sentenza impugnata.
Il fatto riguarda la sottrazione della carta di circolazione di un furgone, lasciato

effetti un uomo – poi allontanatosi su un’auto risultata nella disponibilità del Pretto armeggiare all’interno dell’abitacolo del furgone de quo, quindi impossessarsi di un foglio;
secondo l’imputato, non è stato comunque chiarito quando il titolare del mezzo ebbe per
l’ultima volta contezza di detenere ancora la carta di circolazione (che ben poté essergli
stata sottratta, o venire smarrita, prima della presunta condotta del Pretto). In ogni
caso, non è neppure dimostrato che il prevenuto fosse concretamente, quel giorno, in
possesso dell’auto segnalata dal testimone oculare.
Nel corpo del ricorso si lamenta altresì omessa motivazione in punto di mancata
concessione delle circostanze attenuanti generiche, apoditticamente negate al Pretto sul
solo presupposto dell’esistenza di numerosi precedenti penali a suo carico.
Il ricorso deve ritenersi inammissibile.
Osserva il Collegio, infatti, che i motivi di doglianza riproducono ragioni già discusse
e ritenute infondate dal giudice del gravame: detti motivi debbono perciò considerarsi
non specifici, in quanto il difetto di specificità – rilevante ai sensi dell’art. 581, lett. c),
cod. proc. pen. – va apprezzato non solo in termini di indeterminatezza, ma anche «per la
mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle
poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare
le esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce,
a norma dell’art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., all’inammissibilità
dell’impugnazione» (Cass., Sez. II, n. 29108 del 15/07/2011, Cannavacciuolo).
La Corte territoriale, in particolare, risulta avere già spiegato che il Pretto venne
financo riconosciuto da altro testimone come il soggetto che aveva, il giorno del furto,
effettivamente in uso l’auto poi indicata da chi aveva descritto la scena della sottrazione
di un foglio dall’abitacolo del furgone in sosta; la censura che riguarda l’affermazione di
penale responsabilità è dunque manifestamente infondata.
In ordine al trattamento sanzionatorio, deve ricordarsi che «la sussistenza di
circostanze attenuanti rilevanti ai fini dell’art. 62-bis cod. pen. è oggetto di un giudizio di
fatto e può essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni
preponderanti della propria decisione, non sindacabile in sede di legittimità, purché non
contraddittoria e congruamente motivata, neppure quando difetti di uno specifico
apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse

momentaneamente incustodito sulla pubblica via dal proprietario, ed un testimone vide in

déll’imputato» (Cass., Sez. VI, n. 42688 del 24/09/2008, Caridi, Rv 242419). E’ stato
altresì affermato che «ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti
generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art.
133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il
riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del
colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere
sufficiente in tal senso» (Cass., Sez. IL n. 3609 del 18/01/2011, Sermone, Rv 249163).
Nel caso in esame, la Corte di appello evidenzia come il Pretto si rese responsabile

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna dell’imputato al pagamento
delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità, in quanto riconducibile alla volontà del medesimo
ricorrente (v. Corte Cost., sent. n. 186 del 13/06/2000) – al versamento in favore della
Cassa delle Ammende della somma di C 1.000,00, così equitativamente stabilita in
ragione dei motivi dedotti.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 20/11/2015.

di reati analoghi anche dopo la commissione del fatto sub judice.

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