Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50652 del 30/10/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 50652 Anno 2013
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: BARBARISI MAURIZIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
D’Ambrosio Dino

n.1’11 aprile 1967
avverso

l’ordinanza 16 gennaio 2013

Tribunale di Sorveglianza di Salerno;

sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Maurizio Barbarisi;
lette le conclusioni scritte del rappresentante del Pubblico Ministero, sostituto
Procuratore Generale della Corte di Cassazione, che ha chiesto la declaratoria di
inammissibilità del ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento di una somma alla Cassa delle Ammende;

Data Udienza: 30/10/2013

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

Ritenuto in fatto
1. — Con ordinanza deliberata in data 16 gennaio 2013, depositata in cancelleria il 17 gennaio 2013, il Tribunale di Sorveglianza di Salerno rigettava l’istanza avanzata nell’interesse di D’Ambrosio Dino volta a ottenere l’affidamento in prova al
servizio sociale (art. 47, L. 26 luglio 1975, n. 354).
Il giudice argomentava la propria decisione rilevando che D’Ambrosio Dino non

suoi confronti della misura della sorveglianza speciale per anni quattro e per la gravità del precedenti penali (tra cui il delitto di associazione di tipo mafioso ex art.
43:s
416 c.p.) ma anche per le informative negative ottenute e trasmesse dalle forze
dell’ordine (DIA di Salerno e Carabinieri di Eboli) che rilevavano come fossero attuali i collegamenti del prefato con la cosca camorristica di riferimento.
2. — Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore, ha interposto
tempestivo ricorso per cassazione il D’Ambrosio chiedendone l’annullamento per vizi
motivazionali.
In particolare è stato rilevato dal ricorrente che le informative ritenute negative
dal giudice esprimevano in verità una mancanza di certezza circa l’attualità dei collegamenti con l’ambiente mafioso.

Osserva in diritto
3. — Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile con ogni dovuta conseguenza di legge.
3.1 — Il Tribunale di Sorveglianza ha respinto la richiesta di applicazione della
misura alternativa sulla scorta della valutazione negativa della pericolosità del soggetto quale evidenziata dalla misura di sorveglianza speciale in corso e della segnalata attualità dei collegamenti con organizzazioni mafiose. Deve rammentarsi in linea generale che “il diniego dell’affidamento in prova al servizio sociale è da ritenere adeguatamente motivato anche quando, nell’ambito di un giudizio prognostico
che, per sua natura, non può che essere largamente discrezionale, venga indicata
una sola ragione, purché plausibile ed esaustiva, atta a far ritenere la scarsa probabilità di successo dell’esperimento, in relazione alle specifiche finalità dell’istituto
(rieducazione del reo e prevenzione del pericolo che egli commetta ulteriori reati).
Non occorre, pertanto, che il Tribunale prenda necessariamente in esame anche la

Ud. in c.c.: 30 ottobre 2013 — D’Ambrosio Dino — RG: 15111/13, RU: 15;

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era meritevole dell’invocato beneficio non solo in considerazione della emissione nei

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

situazione socio-familiare del richiedente, non trattandosi dell’applicazione di un
beneficio da elargirsi quasi “pietatis causa”, ma della valutazione della sussistenza o
meno di valide prospettive di realizzazione delle anzidette finalità, essenzialmente
funzionali al vantaggio non del singolo ma della società e rispetto alle quali, pertanto, la sottrazione del soggetto al regime di detenzione rappresenta solo un mezzo e
non uno scopo” (Cass., Sez. 1, 19 ottobre 1992, n. 4137, Gullino, rv. 192368; Sez.
1, 11 maggio 1992, n. 2061, Menditto, rv. 190531; Sez. 1, 18 maggio 1992, n.

Inoltre, basandosi su una lettura sistematica delle varie disposizioni contenute
nell’art. 47 ord. pen., si è affermato che la valutazione della richiesta di affidamento
in prova, pur partendo dalla considerazione della natura e della gravità dei reati per
i quali è stata irrogata la pena in espiazione, non può mai prescindere dalla condotta tenuta dal condannato dopo la commissione del reato e dai suoi comportamenti
attuali, risultando questi essenziali ai fini della ponderazione dell’esistenza di un effettivo processo di recupero sociale e della prevenzione del pericolo di recidiva
(Cass., Sez. 1, 12 marzo 1998, n. 1501, Fatale, rv. 210553; Sez. 1, 15 novembre
2001, n. 371, Chifari, rv. 220473; Sez. 1, 9 luglio 2009, n. 31809, Gobbo, rv.
244322).

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3.2. — Nel caso in esame, il Tribunale di Sorveglianza di Salerno, quanto alla
avanzata richiesta di affidamento in prova al servizio sociale, si è attenuto a questi
principi evidenziando come il ricorrente abbia dimostrato non solo di non aver avviato un progetto di revisione critica del proprio operato nell’ambito di un programma
concreto di recupero, ma anzi ha dato prova di opposti segnali non positivi quali desumibili dalle informative sia della DIA di Salerno in relazione a collegamenti attuali
con la criminalità organizzata di per sé esaustivi di una carenza di un miglioramento; deve per vero rilevarsi, a tale riguardo, il principio di diritto secondo cui nel reato di associazione per delinquere di stampo mafioso il vincolo associativo tra il singolo e l’organizzazione si instaura nella prospettiva di una futura permanenza in essa a tempo indeterminato e si protrae sino allo scioglimento della consorteria, potendo essere significativo della cessazione del carattere permanente del reato soltanto l’avvenuto recesso volontario, che, come ogni altra ipotesi di dismissione della
qualità di partecipe, deve essere accertato caso per caso in virtù di una condotta
esplicita, coerente e univoca (Cass. Sez. 5, 21 maggio 1998 n.3089, Caruana, sez.
6, 23 gennaio 2002 n.21174, Mannino). La perdurante appartenenza al gruppo da
parte di chi sia stata provata l’affiliazione, se manchi la notizia di una sua interve-

Ud. in c.c.: 30 ottobre 2013 — D’Ambrosio Dino — RG: 15111/13, RU: 15;

2207, Caltagirone, rv. 190628; Sez. 1. 14 aprile 1994, n. 1704, Gallo, rv. 197463).

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

nuta dissociazione, ma anzi vi sia, come nel caso qui in disamina, notizia del permanere dell’affectio societatis, e del presumibile contributo oggettivamente apprezzabile alla vita ed all’organizzazione del gruppo criminale, anche se solo a carattere
morale (Sez. 6, 17 gennaio 2003, n. 6262, Agate, rv. 227710) deve assumersi allora, quantomeno sotto il profilo prognostico della fronteggiabilità della pericolosità
residua, come un rilievo a connotazione negativa per la concessione del beneficio
richiesto che presuppone una più che apprezzabile condotta adesiva sulla strada di

A ciò, il giudice aggiungeva, nella sua valutazione motivazionale esaustiva e priva di vizi logici e giuridici, i precedenti giudiziari allarmanti del prefato, indicativi di
per sé di una personalità pericolosa (suggellata dalla misura di prevenzione della
sorveglianza speciale addirittura per anni quattro) che, qualora letti nell’ottica dei
legami coltivati con le organizzazioni criminali, si profila allo stato non emendabile
con l’accesso alla misura invocata.
3.3. — Tutti questi rilievi hanno correttamente impedito dunque al giudice dell’esecuzione di esprimere un giudizio favorevole circa la ravvisabilità di segni tangibili di un instaurata ripresa, facendo ritenere in atto, da parte del D’Ambrosio, un
efficace disconoscimento della valenza illecita delle propria pregressa condotta delinquenziale in linea del resto con i rilevati precedenti penali, non facendo di conseguenza venir meno le aspettative di una possibile astensione dalla reiterazione della
(specifica) devianza.
3.4. — La motivazione del provvedimento impugnato si è, quindi, sviluppata
correttamente nel pieno rispetto dei parametri normativamente sanciti in ordine alla
sussistenza della residua pericolosità sociale del condannato e al giudizio prognostico negativo, allo stato, di reinserimento sociale mentre i motivi posti a fondamento
del ricorso non denunciano sostanzialmente vizi di legittimità, ma si risolvono in
censure in punto di fatto del provvedimento impugnato che, con motivazione esente
da vizi logici e giuridici, ha ritenuto allo stato non compiutamente provata l’idoneità
per il ricorrente alla misura invocata. D’altro canto le censure del ricorrente sono
meramente rivalutative del giudizio del Tribunale avanzando una mera rilettura del
contesto probatorio.
4. — Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di ele-

Ud. in c.c.: 30 ottobre 2013 — D’Ambrosio Dino — RG: 15111/13, RU: 15;

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un instaurando recupero.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Prima Sezione penale

menti indicativi dell’assenza di colpa (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000), al versamento della somma di € 1.000,00 (mille) alla Cassa delle Ammende.

per questi motivi
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe-

Ammende.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 30 ottobre 2013

Il Consigliere estensore

se processuali e al versamento della somma di € 1.000,00 (mille) alla Cassa delle

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