Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5065 del 10/12/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 5065 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: LANZA LUIGI

SENTENZA
decidendo sul ricorso proposto da De Benedetto Carmine, nato il giorno 14
giugno 1962, avverso la sentenza 11 novembre 2011 della Corte di appello di
L’Aquila.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato, il ricorso e le memorie dei difensori
delle parti civili.
Udita la relazione fatta dal Consigliere Luigi Lanza.
Sentito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale
Eduardo Vittorio Scardaccione che ha concluso per il rigetto del ricorso, nonché i
difensori delle parti civili: avv.ti Cigliano, in sostituzione dell’avv. Marcellini per
Moscatelli; avv. Giostra per Bertoni, che hanno chiesto raccoglimento la
declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione, depositando conclusione e nota
spese.

Data Udienza: 10/12/2013

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RITENUTO IN FATTO

1. De Benedetto Carmine ricorre, a mezzo dei suoi difensori, avverso la
sentenza 11 novembre 2011 della Corte di appello di L’Aquila, che ha confermato
la sentenza 10 febbraio 2009 del G.U.P. presso il Tribunale di L’Aquila, di
condanna ex art. 368 cod. pen..

nella memoria depositata in relazione al procedimento penale N.3929/06 R.G.N.R.
della Procura della Repubblica di Fermo accusava, contrariamente al vero, pur
sapendoli innocenti, il Sostituto Procuratore della Repubblica di Fermo dr. Raffaele
IANNELLA di abuso di ufficio, per aver avuto un comportamento pregiudizievole nei
confronti del medesimo; nonché analogamente accusava di falso in atto pubblico,
di abuso di ufficio e calunnia l’Ispettore Capo Francesco BERTONI ed il
Sovrintendente Valemmo MOSCATELLI in servizio presso il Commissariato di
Fermo; Acc. in Fermo il 23 aprile 2007.
3. L’addebito specifico mosso all’imputato deriva quindi dal contenuto della
memoria difensiva composta da 18 pagine e numerosi allegati, depositata in

data 19.04.07 dal Dott. De Benedetto Carmine, quale parte integrante del proprio
interrogatorio, reso dinanzi al P.M. presso la Procura della Repubblica di Fermo,
Dr. lannella, in relazione ad un procedimento penale allora pendente ed iscritto al
n. 3929/06 R.G.N.R., dove si contestava al ricorrente la violazione degli artt. 81
cpv, 624 e 625 n. 4 COD. PEN. “perché, introdottosi nel negozio di gioielleria De
Santis il giorno 4.12.2006, si impossessava con destrezza di un orologio Breitiling

sito su uno dei banconi in un locale di detta gioielleria, ponendolo, dopo averlo
sottratto, nella tasca del cappotto che indossava; e, poi, in data 9.12.2006,
entrato nella gioielleria Vannicola di Fermo, qualificandosi come tale ispettore di
Polizia in servizio a Fermo, svolgendo una trattativa per l’acquisto di un orologio
in oro del valore commerciale di circa 800,00 euro, senza esito, se ne
impossessava con destrezza, al fine di trarne profitto. In Fermo il 4.12.2006 e il
9.12.2006”.
4.11 De Benedetto veniva assolto per il fatto relativo al 4.12.2006 (in danno
della gioielleria De Santis), in quanto ritenuta non sussistente la contestata
aggravante di cui alli art. 625 n. 4 CP e l’azione penale pertanto non doveva

2. Il ricorrente è accusato del reato p. e p. dagli artt. 81, 368 c.p. poiché

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essere iniziata per difetto di querela, e condannato invece per l’episodio del
9.12.2000 (gioielleria Vannicola), condanna per la quale pende appello.
5.

Il Procuratore della Repubblica di Fermo, ravvisando nel corpo della

suddetta memoria difensiva estremi di reato, trasmetteva gli atti, ex art.11
comma 3 cod. proc. pen., alla Procura della Repubblica dell’Aquila che iniziava
6. Per i giudici di merito l’imputato, per condizione professionale in grado di
apprezzare il reale contenuto della memoria depositata, ha fornito una lettura
dell’attività investigativa volutamente distorta, nella consapevolezza, da un lato,
del suo diretto coinvolgimento nei fatti che gli venivano contestati e, dall’altro,
della genuinità delle prove raccolte a suo carico.
7. Il ricorrente ha anche individuato le ragioni di risentimento del Bertoni e
del Moscatelli , che, a suo dire, avrebbero ispirato la condotta ritorsiva dei due
colleghi (il primo aveva avuto una vicenda disciplinare, il secondo non aveva
gradito lo spostamento ad altro servizio), realtà questa che conforta ulteriormente
il quadro accusatorio a carico dell’imputato, il quale, nonostante fosse a
conoscenza della assoluta regolarità dell’attività investigativa, ha espressamente
affermato che i suoi colleghi avrebbero manipolato le indagini, attraverso
forzature, omissioni e false annotazioni , per puro spirito ritorsivo, nell’ambito dì
un attività investigativa ostile e pregiudiziale.
8. Da ciò l’esclusione di giustificazioni ricollegabili all’esercizio del diritto di
difesa e la ritenuta sussistenza del contestato delitto di calunnia.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con un primo motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed
erronea applicazione della legge, nonché vizio di motivazione sotto il profilo della
ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del reato.
Il ricorso riprende pedissequamente il contenuto della memoria incriminata
e lo analizza minutamente, in una ventina di pagine, al fine di interpretarlo nel
senso che nella specie si versava a fronte di una serie di osservazioni
legittimamente giustificate dalla condotta e dai comportamenti del magistrato e
dei colleghi, con conseguente esercizio da parte dell’imputato del suo diritto a
difendersi.

l’azione penale per il delitto come sopra contestato.

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2. Con un secondo motivo si lamenta inosservanza ed erronea applicazione
della legge penale, con riferimento all’art. 368 c.p., non essendosi svolta alcuna
seria indagine tesa ad accertare la rispondenza o meno al vero dei fatti denunziati
ovvero mancata assunzione di prove a discarico decisive pur avendone fatto
richiesta sia nella fase della indagini preliminari che nel corso dell’istruzione

3. Per il ricorrente le indagini relative al citato procedimento, sicuramente
sono non condivisibili, contraddittorie e sotto molti aspetti giuridicamente non
corrette.
In particolare si osserva: a) come nessun accertamento sia stato effettuato
dalla Procura dell’Aquila in ordine ai “pessimi rapporti” con il Moscatelli Valentino e
il Bertoni Francesco nonostante la copiosa documentazione allegata; b) nessuna
verifica è stata effettuata in ordine alla telefonata effettuata dalla signora
Vannicola, quando sarebbe stato sufficiente leggere la relazione di servizio del
28.12.2008 a firma dell’Assistente capo della P.S. Gaetani Cristiano che invece
riferisce di aver ricevuto la telefonata sulla normale linea urbana e non su quella di
emergenza “113”: tanto De Benedetto ha sottolineato nella sua memoria ma
purtroppo anche la sentenza di appell8 incorre in tale superficiale errore.
4. Quanto all’insussistenza dell’elemento soggettivo del reato di calunnia in
relazione alle doglianze mosse dal ricorrente alle indagini svolte dalla Procura di
Fermo, nella memoria è stata contestata la legittimità del decreto di perquisizione
emesso il giorno 29 dicembre 2006 e del successivo decreto di sequestro del DVD
che riprende il presunto furto all’interno della gioielleria De Santis e si sottolinea il
fatto che la signora Vannicola non ricorda neppure la marca dell’orologio che
presume essere stato sottratto (sit in atti). A pag. 9 della memoria il De Benedetto
scrive: si evidenzia che il decreto di perquisizione è stato emesso il giorno 29
dicembre 2006 mentre il decreto di sequestro del DVD è stato emesso il giorno 30
dicembre verso le ore 12; pertanto l’unica attività svolta era costituita da tre
annotazioni monche.
5. Con un terzo motivo si prospetta mancata applicazione della scriminante
prevista dall’art. 51 CP in relazione anche all’art. 24 della Costituzione.

dibattimentale così come previsto dall’art. 495 c.p.p. comma 2.

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6. Tanto premesso, ritiene il Collegio, avuto riguardo al tenore della
memoria difensiva (composta da 18 pagine e numerosi allegati) depositata dal
ricorrente il 19 aprile 2007, quale parte integrante del proprio interrogatorio,
reso dinanzi al P.M. presso la Procura della Repubblica di Fermo, Dr. lannella (in
relazione ad un procedimento penale, allora pendente, per furto aggravato nel
dell’atto ed alla realtà espressa nella memoria predetta, nella specie debba
ritenersi carente la soggettività che sostanzia il delitto di calunnia.
Conclusione questa ragionevolmente sostenibile avuto specifico riguardo
alla decisiva circostanza che il ricorrente ha manifestato, mettendola per iscritto,
la propria personale lettura della scansione degli eventi processuali,
nell’immediatezza dell’accertamento, nella sede processuale propria, ed all’unico
esclusivo effetto di negare il proprio comportamento antigiuridico.
Di tanto si ha contezza dalla sequela delle considerazioni testuali della
memoria stessa, che, non va dimenticato, è diretta allo stesso magistrato del P.M.
che lo stava interrogando, e nei confronti del quale il capo di imputazione ha
ritenuto la sussistenza delle false incolpazioni.
5. Va preliminarmente precisato che la memoria in questione è composta
di due parti: nella prima da pag. 1 a pag.11, si dà conto della progressione dei
fatti e delle percezioni, anche critiche, del ricorrente; nella seconda parte, da pag.
11 in fondo a pag.18, viene proposta la cronologia della vicenda, con riferimento
ai fatti delle due gioiellerie, con l’evidenziazione di “anomalie”, talora irregolarità
e/o leggerezze, realizzate dai colleghi Bertoni e Moscatelli.
6. In particolare, per la prima parte, risulta quanto segue:
a) la contestazione del termine «introdottosi» più propriamente ricondotto
all’invito del De Santis ad entrare nella stanzetta attigua all’entrata della
gioielleria per prendere un caffè (pag.2);
b) l’espressione motivata del proprio personale convincimento di aver
ricevuto il consenso al mantenimento della disponibilità dell’orologio Breitling
(pagg. 2-3);
c) la negazione, quanto all’episodio Vannicola, di essersi qualificato come
Ispettore Di Franco (pag.4);

negozio di gioielleria De Santis), che, avuto riguardo ai contesti di produzione

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d) la particolarità del rapporto “commerciale” con solo uno dei due fratelli
De Santis, il Rodolfo, rapporto ignorato dal fratello Tiziano (pag.6);
e)

la definizione di “comportamento strano” quello assunto dall’ispettore

Bertoni (pag.7) all’interno della gioielleria De Santis;
f) la precisazione dei termini dell’equivoco insorto sull’orologio (tra i due
del P.M. Iannella, cui ha fatto invece seguito un provvedimento, definito
«inatteso» di perquisizione (pag.8);
g) la puntualizzazione della inaspettata condotta del dr. Iannella, per
mancata risposta al saluto, nessuno sguardo, etc.,

percezioni queste

dolorosamente vissute come ‘atteggiamento di disprezzo ed ostilità” (pag.9) da
parte del P.M. che, gli era stato riferito, “si sentiva preso in giro”;
h)

la definizione dell’attività di Polizia giudiziaria, tra decreto di

perquisizione e decreto di sequestro del DVD, come costituita da «tre
annotazioni monche e talvolta contraddittorie» (pag.9) considerata la spontanea
consegna dell’orologio prima dell’inizio delle operazioni di perquisizione;
i) “l’incomprensibilità” della mancata sua audizione prima della chiusura
delle indagini preliminari (pag.11).
7. Per la seconda parte, vanno evidenziate dall’imputato, da pagg. 11 a
pag. 18, tutta una serie di deduzioni critiche, in fatto e in diritto, con allegazione
di excerpta di dottrina, giurisprudenza ed altro materiale, indicato come «ai fini di
una migliore valutazione della vicenda».
8. A giudizio della Corte, l’esame, analitico e complessivo, di tali due parti
della “memoria” dell’imputato, dà invero conto che, nella specie, si versa in una
“realtà rappresentata e proposta”, nell’immediatezza dell’accertamento e nella
sede processuale propria, che è connotata da innegabili, precisi intenti difensivi e
a ciò limitata, in quanto unicamente finalizzata, anche se talora con
interpretazioni del tutto soggettive, a ribadire l’insussistenza delle accuse a suo
carico.
Finalità al cui perseguimento il De Benedetto tendeva, con la diffusa ed
articolata memoria, depositata il 19 aprile 2007, e considerato, in punto di diritto,
che se è pur vero che l’animus defendendi non esclude la calunnia quando

fratelli De Santis) e l’attesa “fiduciosa” di una convocazione (mancata) da parte

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l’agente, oltre a contestare i fatti attribuitigli, finisca con l’incolpare un terzo che sa
innocente, deve escludersi comunque tale situazione, quando sia verificabile in
concreto -come nella vicenda- la presenza di un rapporto funzionale tra la condotta
dell’agente, astrattamente calunniosa, e la strumentale confutazione delle accuse
rivoltegli: da ciò l’esclusione del necessario profilo soggettivo che tipicizza il delitto
9. La gravata sentenza va quindi annullata perchè il fatto non costituisce
reato.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non costituisce reato.
qfòì deciso in Roma il giorno 10 dicembre 2013

di calunnia contestato.

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