Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50634 del 08/11/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 50634 Anno 2013
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: LA POSTA LUCIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FRACHEA FRANCESCO N. IL 03/08/1982
avverso la sentenza n. 3085/2011 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 06/02/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 08/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCIA LA POSTA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. E .15-E-ce.4A Kr
che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 08/11/2013

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RITENUTO IN FATTO

1. In data 6.2.2013 la Corte di appello di Reggio Calabria confermava la
sentenza con la quale il Tribunale della stessa sede condannava – per quanto qui
interessa – Francesco Frachea, ritenuta la continuazione, alla pena di anni tre e
mesi quattro di reclusione in relazione ai reati di cui all’art. 337 cod. pen. e 75
d.lgs. n. 159 del 2011, per avere, in concorso con Frachea Giuseppe, opposto
resistenza alla polizia stradale che si era posta all’inseguimento a fini di controllo

raggiunti, abbandonavano l’auto e si davano alla fuga; nonché, per avere violato
le prescrizioni della misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo
di soggiorno nel comune di residenza, accertati 1’8.10.2011.

2. Ricorre Frachea Francesco, a mezzo del difensore di fiducia, denunciando
con un motivo unico il vizio della motivazione, ritenuta illogica, e lamentando che
la Corte di appello si è limitata a rifarsi alle dichiarazioni dei testimoni senza
procedere ad alcuna valutazione in ordine alla genuinità del narrato con
riferimento al riconoscimento dell’imputato contestata con l’atto di appello,
tenuto conto che l’autovettura viaggiava a velocità sostenuta.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Come è noto, il giudice di legittimità è chiamato a svolgere un controllo sulla
persistenza o meno di una motivazione effettiva, non manifestamente illogica e
internamente coerente, a seguito delle deduzioni del ricorrente concernenti atti
del processo. Tale controllo, per sua natura, di carattere necessariamente
unitario e globale, attiene alla reale esistenza della motivazione ed alla
permanenza della resistenza logica del ragionamento del giudice.
Al giudice di legittimità resta, infatti, preclusa, in sede di controllo sulla
motivazione, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a
fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di
ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal giudice di
merito, perché ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità
esplicativa.
Così delineato il perimetro del sindacato di legittimità sulla motivazione, i
rilievi del ricorrente sono palesemente inidonei a fondare i censurati vizi, atteso
che la Corte di appello ha operato la valutazione di quanto riferito dai testimoni
ed ha rilevato la verosimiglianza del riconoscimento delle persone che erano a
bordo dell’autovettura inseguita, tenendo conto delle deduzioni difensive ed

dell’autovettura a bordo della quale i predetti viaggiavano che, una volta

argomentando sul punto con discorso giustificativo compiuto ed immune dalle
denunciate illogicità.
Ha, infatti, ribadito quanto affermato dal giudice di primo grado in ordine
alla valutazione delle circostanze riferite dalla polizia giudiziaria che aveva
effettuato l’inseguimento dell’autovettura, sottolineando che i testimoni
esaminati hanno descritto dettagliatamente quanto caduto sotto la loro diretta
percezione, affermando di avere riconosciuto senza alcun dubbio gli imputati.
Questi, infatti, erano stati costretti a rallentare la marcia per l’inizio di un tratto

viso gli imputati.
I giudici dell’appello, quindi, hanno dato atto che la distanza ravvicinata in
cui si erano trovati i veicoli, sia pure per alcuni secondi, alla luce della
descrizione dei testimoni, consentiva senza dubbio di visualizzare il volto degli
occupanti dell’auto.
Si deve concludere, pertanto, per la inammissibilità del ricorso cui consegue
per legge la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in
mancanza di prova circa l’assenza di colpa nella proposizione dell’impugnazione,
al versamento della somma di mille euro alla cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla cassa delle
ammende.

Così deciso, 1’8 novembre 2013.

autostradale e ciò aveva permesso loro di affiancare l’auto in fuga e di vedere in

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