Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50623 del 16/10/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 50623 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CECIONI ROBERTO N. IL 02/10/1937
avverso la sentenza n. 7147/2011 TRIBUNALE di FIRENZE, del
16/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA SILVIO BONITO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per o’
Ye.1.-.

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

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Data Udienza: 16/10/2013

Ritenuto in fatto e considerato in diritto

1. Il Tribunale di Firenze, con sentenza del 26 ottobre 2012, ha
condannato alla pena di euro 500,00 di ammenda, applicata la
continuazione e concesse le attenuanti generiche, Cecioni Roberto,
imputato delle contravvenzioni di cui all’art. 20-bis co. 2 L.
110/1975, per aver conservato sette fucili da caccia all’interno di un
comune armadio di legno senza serratura alle ante né punti di
ancoraggio per le armi, e di cui all’art. 697 c.p.p., per aver detenuto
oltre centoventi cartucce di vario tipo senza averne fatto denuncia
all’autorità come imposto dall’art. 38 TULPS; in Firenze il 17
ottobre 2009.
A sostegno della decisione il Tribunale richiamava le testimonianze
dei verbalizzanti che avevano provveduto all’accertamento dei fatti
di causa ed al sequestro delle armi e delle munizioni, nonché
l’insegnamento della corte di legittimità quanto all’interpretazione
delle norme di riferimento in relazione ai fatti accertati e non
contestati dall’imputato.
2. Ricorre per cassazione avverso detta sentenza l’imputato,
assistito dal difensore di fiducia, il quale sviluppa due motivi di
impugnazione.
2.1 Col primo di essi denuncia la difesa ricorrente difetto di
motivazione in riferimento al reato sub A) e cioè alla violazione
dell’art. 20-bis L. 110/1975, con l’argomento che non avrebbe il
tribunale indicato le ragioni per le quali detenere le armi in una
abitazione dotata di regolare chiusura, all’interno di una stanza
anch’essa dotata di regolare chiusura, dentro un armadio ivi
collocato integri cautela di conservazione e prevenzione non
sufficiente. Osserva altresì il difensore che neppure ha il Tribunale
indicato le persone contemplate dalla disposizione di legge
destinatari delle cautele imposte dalla legge, né le persone che
concretamente sono state esposte al pericolo.
2.2 Col secondo motivo di impugnazione denuncia altresì la difesa
ricorrente violazione di legge in relazione alla contravvenzione di
cui al capo B) e cioè quella di cui all’art. 697 c.p., sul rilievo che
l’art. 26 L. 110/75 impone l’obbligo di denuncia delle cartucce per
fucili solo nell’ipotesi in cui il quantitativo numerico di esse sia
superiore a 1000, ipotesi non ricorrente nella fattispecie.

**************
1

3. Il ricorso è fondato nei limiti che si passa ad esporre.
3.1 Ed invero, quanto al primo motivo di censura la Suprema Corte
ha avuto modo di affermare che il reato di cui all’articolo 20-bis,
comma 2, della legge 18 aprile 1975 n. 110, è un reato di mera
condotta e di pericolo che si perfeziona per il semplice fatto che
l’agente non ha adottato “le cautele” che, sulla base delle
circostanze di fatto da lui conosciute o conoscibili con l’ordinaria
diligenza, era necessario che adottasse, indipendentemente dal fatto
che una delle persone indicate dal comma 1 dello stesso articolo
“sia giunta o meno” a impossessarsi dell’arma o delle munizioni.
Né per effetto di tale interpretazione potrebbe ritenersi che la
contravvenzione “de qua” sia un’inutile ripetizione di quella di cui
all’articolo 20, comma 1, della stessa legge, la quale, come è noto,
prescrive che “la custodia delle armi deve essere assicurata con ogni
diligenza nell’interesse della pubblica sicurezza”. Infatti, entrambe
le ipotesi contravvenzionali sono dirette alla realizzazione dello
stesso “scopo” (la prevenzione di più gravi reati contro la sicurezza
pubblica in generale), ma si caratterizzano tra loro per un rapporto
di specialità, nel senso che il reato di cui all’articolo 20, comma 1,
pone un dovere generalizzato di diligenza nei confronti di tutti i
“possessori” delle armi, diretto a impedire che “chiunque” possa
impossessarsene; la disposizione di cui all’articolo 20-bis, comma 2,
è diretta, invece, a impedire che giungano a impossessarsi delle
armi e delle munizioni quelle categorie di persone con riferimento
alle quali, proprio per la maggiore pericolosità che può derivare dal
maneggio da parte loro di tali strumenti, il legislatore richiede
l’adozione di “cautele necessarie”, ovverosia di cautele dirette
proprio a evitare che possa verificarsi quel particolare tipo di
evento. Deriva, secondo i principi generali, che ai fini della
configurabilità del reato di cui all’articolo 20-bis, comma 2, della
legge 110 del 1975 non è sufficiente il solo possesso dell’arma – al
quale consegue soltanto il dovere di custodire lo strumento con ogni
diligenza – ma è necessario (tenuto anche conto della maggiore
gravità, nel massimo, della sanzione) che, sulla base di circostanze
specifiche, l’agente possa e debba rappresentarsi l’esistenza di una
situazione tale da richiedere da parte sua l’adozione di “cautele”
specificamente necessarie per impedire l’impossessamento delle
armi, non da parte di “chiunque”, ma da parte di una persona
appartenente a una delle categorie indicate dalla legge, ossia dal
comma 1 dello stesso articolo 20-bis.(così Cass. pen., Sez. I,
12/05/2004, n.31555).
2

3.2 Tanto premesso quanto ai principi, osserva la Corte che nella
fattispecie i fatti accertati escludono l’ipotesi tipizzata dalla norma
incriminatrice contestata, quella di cui all’art. 20-bis L. 110/1975, il
cui comando trova applicazione in costanza dei soggetti, ivi
contemplati, per la tutela dei quali vengono imposte cautele
importanti e comunque idonee ad evitare il crearsi, per essi, di
situazioni di pericolo. Nel caso in esame, viceversa, in assenza di
siffatta specifica esigenza, i fatti accertati trovano la loro riferibilità
nella tipizzazione dell’art. 20 della predetta legge, comma 1, – ed in
tal senso dovrà pertanto provvedersi alla riqualificazione della
condotta di cui al capo A) – con la conseguenza che la questione
giuridica posta alla delibazione giudiziale è se le cautele accertate
nella fattispecie e cioè la conservazione dei fucile nell’armadio
della camera da letto munita della possibilità di essere chiusa a
chiave integri o meno diligenza adeguata ai fini della pubblica
sicurezza, questione la quale, anche in virtù di precedenti arresti di
questa Corte, non può essere risolta in senso favorevole
all’imputato (cfr. in ipotesi del tutto simile Cass., sez. I, 3.12.2003,
n. 12295, rv. 22700, nonché Cass., sez. I, 30.10.2007, n. 45964, rv.
238497; id. 47299 del 29.11.2011, Gennari, rv. 251407, secondo cui
integra il reato in parola la custodia in un comò privo di sistemi di
chiusura; id. 11.2.2013, 16609, Quaranta, rv. 255682, per la quale
non basta la custodia all’interno dell’abitazione senz’altre
precauzioni; id. 10.4.2013, n. 18931, secondo cui non integra
cautela sufficiente ad escludere il reato la conservazione di armi
all’interno di un mobile o di uno scrittorio schiuso a chiave, ma con
chiave reperibile).
4. Infondato è invece il secondo motivo di censura.
La difesa infatti deduce che nella fattispecie il tribunale non
avrebbe considerato che l’art. 26 L. 110/1975 impone l’obbligo di
denuncia, la cui omissione è stata contestata all’imputato, quando le
cartucce per fucili da caccia supera il quantitativo delle mille unità.
La censura, in tali termini prospettata, ignora del tutto l’ampia e
diffusa disanima del giudice territoriale, il quale ha evidenziato, che
l’invocato art. 26 della L. 110/1975 non è applicabile alle cartucce
sequestrate ed analiticamente indicate in rubrica (56 cartucce cal.
22, 26 cartucce a palla cal. 12 e 51 cartucce a palla cal. 20) giacchè
munizioni non per fucili da caccia, per i quali sono consentite
cartucce a pallini e non già, come nella fattispecie, a palla.
Giova richiamare, sul punto, l’insegnamento di questa Corte:

3

3. In conclusione: riqualificato il fatto di cui al capo A) della
rubrica ai sensi dell’art. 20 L. 110/1975, deve provvedersi
all’annullamento sul punto della sentenza impugnata, con rinvio al
giudice territoriale per nuovo giudizio in ordine alla determinazione
della pena, e rigettare nel resto il ricorso.
P. T. M.

la Corte, riqualificato il fatto di cui al capo A) ai sensi dell’art. 20
L. 110/1975, annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra
sezione del Tribunale di Firenze per nuovo giudizio in ordine alla
determinazione della pena. Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma, addì 16 ottobre 2013
Il cons. est.
Il Presidente

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“integra gli estremi del reato di cui all’art. 697 c.p. (detenzione
abusiva di armi), la detenzione di cartucce cal. 6,35 e cartucce a
pallini cal. 12 marca Winchester, senza averne fatto denunzia
all’Autorità; non ricorre, infatti, in tale ipotesi, l’esenzione di cui
all’art. 26 della legge n. 110 del 1975 – per la quale è soggetto
all’obbligo di denuncia chi, in possesso di armi regolarmente
denunziate, detiene munizioni per armi comuni da sparo eccedenti
la dotazione di 1000 cartucce a pallini per fucili da caccia -, in
quanto tale esenzione non riguarda il possesso di qualsiasi cartuccia
ma solo di quelle a pallini, né si riferisce alla detenzione di qualsiasi
tipo di munizioni, relative a fucili da caccia, ma esclusivamente allo
specifico modello per il quale è intervenuta la denunzia, condizioni
insussistenti nella fattispecie” (Cass., Sez. feriale, 06/08/2004, n.
39539; Cass., Sez. I, 12/03/2009, n. 15553, entrambe richiamate dal
tribunale).
Alla tesi ampiamente sviluppata dal giudice di prime cure con
ripetuti riferimenti giurisprudenziali di legittimità, la difesa
ricorrente nulla ha opposto se non l’apodittico richiamo alla norma
astratta di cui all’art. 26 L. 110/1975.
Tale ultima doglianza è pertanto infondata.

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