Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50615 del 06/12/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 50615 Anno 2013
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: VILLONI ORLANDO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1. JENTILE Domenico, n. Gioiosa Ionica (Rc) 9.5.1971
2. IERINO’ Domenico, n. Gioiosa Ionica (Rc) 29.7.1957
avverso la sentenza n. 98/2012 Corte di Appello di Reggio Calabria del 13/03/2012
esaminati gli atti e letti i ricorsi ed il provvedimento decisorio impugnato;
lette le conclusioni del PG il quale ha chiesto il rigetto dei ricorsi;
udita in camera di consiglio la relazione del consigliere dott. Orlando Villoni;

RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata la Corte d’Appello di Reggio Calabria, Sezione per le Misure di Prevenzione, confermava parzialmente il decreto emesso in data 06/12/2012 con cui il Tribunale
di Reggio Calabria – Sezione Misure di Prevenzione aveva applicato ai ricorrenti la misura di
prevenzione della sorveglianza speciale di Pubblica Sicurezza con prescrizioni, riducendone la
durata da tre a due anni.
2. Con tre distinti motivi di ricorso, Domenico Jentile ha censurato la sentenza deducendo i vizi
di violazione di legge di cui all’art. 606 lett. b) cod. proc. pen. in relazione all’art. 1 legge n.
575/1975, di mancanza ed illogicità della motivazione di cui all’art. 606 lett. e) cod. pro -c-.- pen.
in relazione ai presupposti di applicabilità della misura di prevenzione, di mancanza di motivazione di cui all’art. 606 lett. e) cod. proc. pen. in ordine all’imposizione della prescrizione dello
obbligo di soggiorno.
Deduce, in particolare, il ricorrente che nonostante l’esito per sé favorevole di più vicende giudiziarie in cui era rimasto coinvolto, il Tribunale aveva formulato una prognosi di pericolosità
sociale utilizzando alcuni atti di uno solo dei procedimenti penali (per art. 73 del d.P.R. n.
309/90), così violando il principio dell’autonomia tra giudizio penale e giudizio di prevenzione;
inoltre il decreto impugnato appare carente o privo di motivazione in punto di accertamento

Data Udienza: 06/12/2013

della pericolosità sociale qualificata, non risultando egli aver mai fatto parte di organizzazioni
mafiose o ad esse assimilate e comunque i fatti addebitatigli risalendo al periodo 1994-1999,
circostanza influente sul profilo dell’attualità della dichiarata pericolosità sociale; il provvedimento impugnato sarebbe, infine, privo di motivazione in ordine all’imposizione dell’obbligo
di soggiorno, applicato dal Tribunale senza verificare il grado di pericolosità del prevenuto
nonché l’inidoneità di altre misure.

Deduce, in particolare, il ricorrente che il Tribunale ha formulato una prognosi di pericolosità
sociale sulla base del mero sillogismo che, essendo egli stato imputato per delitti in materia di
stupefacenti, doveva ritenersi vivere abitualmente, anche in parte, dei proventi di attività delittuose; il decreto impugnato appare, inoltre, carente di motivazione in punto di sussistenza
dei presupposti per l’applicazione della misura di prevenzione, desunti sostanzialmente dalla
circostanza della pendenza di un procedimento penale a suo carico e privo di motivazione in
ordine al requisito dell’attualità della pericolosità sociale; il provvedimento impugnato sarebbe,
infine, privo di motivazione in ordine all’imposizione dell’obbligo di soggiorno, applicato dal Tribunale senza verificare né il grado di pericolosità del prevenuto né l’inidoneità di altre misure.

CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Entrambi i ricorsi risultano infondati, dovendo essere dichiarati inammissibili.
4.1 Premesso che nel caso di specie continua a trovare applicazione la previgente disciplina di
cui alla legge n. 1423/1956 in forza della norma transitoria di cui all’art. 117, comma primo, d.
Igs. 6 settembre 2011, n. 159 (cd. codice antimafia), occorre ricordare che in tema di procedimento di prevenzione, il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge,
giusto quanto stabilito dall’art. 4, comma undecimo, legge n. 1423/1956.
Dalla citata premessa discende che, in sede di legittimità, non è deducibile il vizio di motivazione, a meno che questa non sia del tutto carente o presenti lacune tali da renderla meramente
apparente e in realtà inesistente (ex plurimis v. Cass. sez. 5 n. 19598 dell’08/04/2010, Rv.
247514, Palermo), finendo per risolversi dette carenze in una violazione di legge ai sensi dello
art. 125, comma 3, cod. proc. pen. e dell’art. 4 legge n. 1423/1956.
Nel caso di specie, si rivelano, dunque, formalmente inammissibili i motivi di ricorso fondati
sull’allegazione della mancanza ed illogicità della motivazione, ma a ben vedere gli stessi motivi di violazione di legge si risolvono in censure della motivazione della decisione impugnata, la
cui struttura deve dunque necessariamente essere scrutinata al fine di verificare “la rispondenza degli elementi esaminati – se necessario acquisiti ex officio dal giudice – ai parametri legali,
imposti per l’applicazione delle singole misure e vincolanti, in assenza della quale ricorre la violazione di legge sub specie di motivazione apparente” (Cass. sez. 6, n. 35044 dell’08/03/
2007, Bruno ed altri, Rv. 237277; Sez. 6, n. 15107 del 17/12/2003, Criaco ed altro, Rv.
229305; Sez. 6 dell’08/08/2003, Largo ed altro, Rv. 226331,; sez. 6 del 27/02/2002, Paggiarin, Rv. 222754; sez. 5 del 27/02/2002, Zagaria, Rv. 221770; sez. 5 del 14/06/2002, Ferrara ed altri, Rv. 221675; sez. 1 del 19/02/2002, Cutolo, Rv. 220706; sez. 2, n. 703 del
10/03/2000, Ingraldi ed altro; sez. 2, n. 2181 del 26/05/1999, Sannino; sez. 1, n. 544 del
29/03/1999, Balbangelo; sez. 1, n. 5525 del 16/12/1997, PG in proc. c. Nocera e altri).
Ciò premesso, ritiene questo collegio che, con argomentazioni sia pure a volte sintetiche, la
Corte territoriale ha reso esplicite le valutazioni operate nei confronti dei prevenuti ai fini della
affermazione della loro pericolosità sociale e della necessità dell’applicazione delle misure adottate.

3. Con analoghi motivi di ricorso, Domenico Ierinò ha censurato la sentenza deducendo i vizi di
violazione di legge di cui all’art. 606 lett. b) cod. proc. pen. in relazione all’art. 1 legge n.
1423/1956, di mancanza ed illogicità della motivazione di cui all’art. 606 lett. e) cod. proc.
pen. in relazione ai presupposti di applicabilità della misura di prevenzione, di mancanza di
motivazione di cui all’art. 606 lett. e) cod. proc. pen. in ordine all’imposizione della prescrizione
dell’obbligo di soggiorno.

L’impostazione seguita dalla Corte territoriale consente, tra l’altro, di ritenere irrilevante nel
caso di specie il contrasto interpretativo tra quelle decisioni che ritengono che l’attualità debba
riferirsi al momento del giudizio di primo grado (v. di recente Cass. sez. 6, sent. 38471 del
13/10/2010, Barone, Rv. 248797) e quelle, invero più risalenti nel tempo, che invece propugnano il dovere di riferire l’attualità al momento della decisione adottata, stante l’obbligo del
giudice di merito di adeguare, in ogni fase del procedimento, la decisione in tema di misure di
prevenzione alla situazione concreta ed attuale ai fini di una più confacente valutazione della
pericolosità sociale (Cass. sez. 6, sent. n. 342 del 05/03/1998, Gulli, Rv. 210822; sez. 1, n.
4650 del 22/09/1997, Schiavone, Rv. 208352).
E’ tuttavia indiscutibile che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il carattere attuale della
pericolosità possa essere desunto anche da fatti remoti, purché essi costituiscano univoco indice della persistenza del comportamento antisociale (v. ex plurimis Cass. sez. 1, sent. n. 6521
del 20/11/1997, Perreca Rv. 209526, riguardante proprio il caso della rilevanza conferita ad
una sentenza di condanna emessa nei confronti del proposto, intesa come antecedente storico
incidente sulla valutazione della personalità del soggetto in coordinamento con gli altri dati indiziari a suo carico, nonché più di recente sez. 6 n. 38471 del 13/10/2010 cit.).
Quanto allo Ierinò, la Corte territoriale ha valorizzato le numerose denunce a suo carico per
gravi reati (quali sequestro di persona, associazione mafiosa, tentata estorsione, tentato omicidio e associazione finalizzata al narcotraffico) ancorché seguite dal proscioglimento del proposto; la sua sottoposizione a precedente procedimento di prevenzione, pure conclusosi a suo favore; la sua condanna definitiva per il reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 9 ottobre 1990;
l’essere egli stato destinatario nel 2000 di un’ordinanza di custodia cautelare per il medesimo
titolo di reato; le accertate frequentazioni con un esponente, nominativamente indicato, di una
organizzazione criminale di stampo mafioso.
Sulla base di tali elementi indiziari, la Corte ha – pure in questo caso sinteticamente ma in
assenza di vizi logici motivazionali – concluso per la sussistenza del requisito della pericolosità
sociale derivante dalla dedizione reiterata a traffici illeciti di sostanze stupefacenti, dei cui
proventi si può ritenere che egli viva anche in parte; quanto all’attualità di tale situazione,
invocando in questo caso esplicitamente il principio della sua sussistenza al momento della decisione di primo grado (ottobre 2006), i giudici di merito hanno riproposto lo stesso argomento
speso per lo Jentile dello stretto collegamento tra le organizzazioni dedite al narcotraffico e le
cosche affiliate alla n’ndrangheta, rendendo di fatto non decisivo il richiamo al più rigoroso
orientamento interpretativo.
4.2 Quanto, infine, al vizio di omessa motivazione riguardante l’imposizione della prescrizione
dell’obbligo di soggiorno, si deve rilevare la preclusione consistente nella formazione del giudicato sul punto, non avendo tale doglianza formato oggetto dell’appello avverso il decreto del
06/12/2012 per il semplice motivo che il Tribunale di Reggio Calabria aveva adeguatamente
motivato la decisione di imporla nei confronti di entrambi i prevenuti (pagg. 6-7 per Jentile e
pag. 10 per Jerinò).
5. Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi segue, come per legge, la condanna di ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa
delle Ammende che si stima equo determinare in C 1.000,00 (mille).

Ed infatti, nei confronti dello Jentile, i giudici di merito hanno dato conto del precedente penale
da cui è gravato (per violazione sulla disciplina in materia di stupefacenti), le sue frequentazioni con soggetti pregiudicati ed appartenenti alla criminalità organizzata (ricavati anche da esiti
di intercettazioni telefoniche), le sue pendenze giudiziarie (per un reato come quello di danneggiamento, sovente riferibile ad appartenenti ad associazioni mafiose), il suo pregresso coinvolgimento in vicende che avevano assunto la veste di faida tra gruppi familiari contrapposti,
desumendone – con valutazione immune da censure logiche – la sua pericolosità sociale e la
condizione di soggetto vivente, anche in parte, con i proventi dei suoi traffici delittuosi secondo
i parametri di cui all’art. 1 legge n. 1423 del 1956; con riferimento poi all’attualità di tale situazione, hanno valorizzato proprio le sue frequentazioni con organizzazioni dedite al narcotraffìco
che, in quanto operanti stabilmente sul territorio, risultano sovente emanazione di cosche locali
affiliate alla ‘ndrangheta.

P. Q. M.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e
ciascuno a quella della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa per le Ammende.
Roma, 06/12/20 3

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Il Presidente
dott. olfo di Virginio

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