Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50614 del 06/12/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 50614 Anno 2013
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: VILLONI ORLANDO

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
1) PROCURATORE GENERALE presso la Corte di Appello di Ancona
2) CHUICINUNAH France* Nwbuakwu, n. Port Harcourt (Ngr) 26.7.1971
avverso la sentenza n. 898/12 Corte di Appello di Ancona del 27/03/2012
esaminati gli atti e letti i ricorsi ed il provvedimento decisorio impugnato;
udita in camera di consiglio la relazione del consigliere dott. Orlando Villoni;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto P.G., dott. G. Pratola che ha concluso
per il rigetto del ricorso del Procuratore Generale territoriale e per l’inammissibilità del ricorso
dell’imputata;

RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 06/12/2013

1. La Corte di Appello di Ancona ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di Ascoli
Piceno, Sezione Distaccata di San Benedetto del Tronto che aveva condannato Frances Nwbuakwu Chukwumah alle pena di 6 anni di reclusione ed C 20.000,00 di multa per il reato di cui
all’art. 73 d.P.R. 309 del 9 ottobre 1990 in relazione all’illecita detenzione di complessivi gr.
222 di cocaina. La Corte territoriale ha, infatti, rideterminato la pena detentiva in 4 anni e mesi
8 di reclusione, osservando che quella comminata dal giudice di prime cure poteva essere
diminuita in applicazione della normativa sopravvenuta di cui alla legge n. 49 del 21 febbraio
2006, da ritenere più favorevole per avere ridotto il minimo edittale a sei anni dagli otto fissati
dalla disciplina previgente.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il Procuratore Generale presso la Corte di Appello
di Ancona, deducendo violazione di legge ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc.
pen. sub specie di erroneo governo del principio di applicazione della legge penale più favorevole di cui all’art. 2, comma 4, cod. pen..

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Rileva il ricorrente che nella fattispecie non v’è spazio per applicare il suddetto principio, non
essendovi stata, da parte del giudice di primo grado, determinazione della pena con riferimento al minimo edittale, avendo infatti egli proceduto alla relativa quantificazione, prescindendone in ragione delle peculiarità del caso; rileva, inoltre, il ricorrente che la mera rideterminazione della pena non era contemplata nei motivi d’appello, con i quali s’invocava il riconoscimento dell’attenuante speciale di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 9 ottobre 1990 e
solo all’esito la rideterminazione della pena nel minimo in funzione della concessione del beneficio della sospensione condizionale, sicché la rimodulazione operatane dalla Corte territoriale è
avvenuta in violazione del principio devolutivo dell’atto d’impugnazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Entrambi i ricorsi appaiono infondati per le ragioni di seguito esposte.
4.1 Con riferimento al ricorso presentato dal Procuratore Generale territoriale, la questione
riguardante l’applicabilità del trattamento sanzionatorio più favorevole, previsto dalla nuova disciplina ex lege n. 49 del 2006, quanto al minimo edittale per le droghe cd. “pesanti”, anche
quando la pena base sia stata determinata dal giudice del merito in misura superiore al minimo
edittale, trova risposte differenti nella giurisprudenza di questa Corte.
Mentre questa sezione propugna la soluzione affermativa (Cass. sez. 6, n. 34153 del 28/04/
2008, Boselli e altro; sez. 6 n. 16176 del 02/04/2008, Mecaj; sez. 6, n. 12707 del 24/02/2009,
Mazzullo, Rv. 243685), pronunce di altre sezioni sostengono la tesi contraria (sez. 4, n. 24353
dell’11/03/2008, Pellecchia e altro; sez. 4, n. 40287 del 27/09/2007, Cutarelli e altro; sez. 4,
n. 22526 del 4/05/2007, Hasi; sez. 2, n. 40382 del 26/ 09/2006, Arici e altri; sez. 2 n. 12344
del 05/03/2010, Careri, Rv. 246857; sez. 5 n. 4790 del 29/10/2010, Attanasio ed altri, Rv.
249782)
Il collegio ritiene di mantenere fermo il primo orientamento e la giurisprudenza di questa Sesta
Sezione, ribadendo i limiti dell’interpretazione negativa – secondo cui solo nel caso in cui il giudice del merito abbia determinato la pena nel minimo o sia comunque partito nel suo calcolo
dal minimo edittale ci si troverebbe in presenza di una pena divenuta “illegale” in ragione della
nuova disciplina – che non sembrano possano dirsi superati.
I presupposti di detta interpretazione sono, infatti, da un lato l’esistenza di una sorta di automatismo tra il precedente ed il nuovo minimo edittale per nulla scontato; dall’altro, la mancata
considerazione che quando la pena base viene determinata discostandosi dal minimo edittale,
in ogni caso l’entità di tale minimo costituisce un parametro necessario e determinante per
quantificare lo scostamento, divenendo elemento comunque influente sull’apprezzamento discrezionale compiuto dal giudice del merito nel processo di quantificazione della pena ritenuta
di giustizia.

3. Ha proposto, altresì, ricorso l’imputata, deducendo vizio di motivazione di cui all’art. 606,
comma 1, lett. e) cod. proc. pen., per avere la Corte territoriale omesso totalmente di motivare in ordine alla richiesta concessione delle attenuanti generiche, nonché in ordine all’applicazione dei criteri di cui all’ad. 133 cod. pen.

Ciò premesso, vale osservare che, essendosi posta concretamente il problema dell’incidenza
quoad poenam della legge n. 49 del 2006, la Corte territoriale ha, sia pure con succinta motivazione risoltasi nel rilevare il suo carattere più favorevole per avere ridotto il minimo edittale
della figura di reato in questione, compiuto un nuovo apprezzamento riguardante il trattamento sanzionatorio, disponendo la riduzione della pena inflitta all’imputata in prime cure.
Per le ragioni anzidette, il ricorso deve, pertanto, essere ritenuto privo di fondamento e come
tale rigettato.
4.2 Risulta, invece, manifestamente infondato il ricorso presentato dall’imputata Chukwumah
che si duole di un’omessa motivazione in ordine alla richiesta concessione delle attenuanti ge-

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neriche, nonché in ordine all’applicazione dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., di fatto insussistente.
L’esame della decisione impugnata evidenzia, infatti, come la Corte territoriale abbia in realtà
concesso le attenuanti generiche, sia pure implicitamente motivando in ordine alla sussistenza
dei relativi presupposti di applicabilità, talché la doglianza – implicante un diniego di concessione – si rivela palesemente priva di fondamento.
5. Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso conseguono, ex art. 616 cod. proc. pen., la
condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della
Cassa per le Ammende che si stima equo determinare in € 1.000,00 (mille).

rigetta il ricorso presentato dal Procuratore Generale di Ancona e dichiara inammissibile quello
presentato da Chukwuumah Frances Nwbuawku, che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Roma, 06/12/2013

P. Q. M.

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